Primo, tenere le mani dei dittatori lontane dalle armi nucleari

La portata positiva dello storico summit Trump-Kim è tutta da verificare, ma un dittatore con l’atomica è comunque peggio di uno senza atomica

Di Uri Heitner

Uri Heitner, autore di questo articolo

Lo storico incontro tra il presidente degli Stati Uniti e il leader della Corea del Nord è una buona notizia per tutti coloro che auspicano la pace nel mondo. È meglio parlare che sparare, negoziare anziché minacciare.

Non è un caso che i negoziati abbiano avuto impulso come effetto della politica aggressiva del presidente americano Donald Trump nei confronti della Corea del Nord. L’esperienza insegna che i dittatori percepiscono come debolezza l’approccio disponibile al compromesso sin dall’inizio, il che non fa che allontanare la pace e avvicinare la guerra.

Il fatto stesso che l’incontro si sia svolto è importante, ma è anche importante ricordare che l’obiettivo non è l’accordo in sé. Un accordo è uno strumento con cui raggiungere un obiettivo. E qui c’è solo un obiettivo: la denuclearizzazione completa della Corea del Nord.

La diplomazia è l’ultimo stadio di una guerra che è stata combattuta con altri mezzi. La diplomazia, come la guerra, è uno strumento, anche se infinitamente preferibile perché risparmia vite umane, sofferenze e risorse. Ma come la guerra, anche la diplomazia viene giudicata in base al conseguimento degli obiettivi che ci si prefigge. Un accordo fallimentare può portare a un disastro.

Nelle foto: da sinistra: Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran; il presidente Usa, Donald Trump; Kim Jong-un, Leader Supremo della Corea del Nord

È quello che accadde con il famoso accordo di Monaco, che la Gran Bretagna firmò con la Germania nazista nel settembre 1938. Il primo ministro britannico d’allora, Neville Chamberlain, si vantò d’aver portato “la pace nella nostra epoca”, e sappiamo come è andata finire. Un ragionamento analogo vale per l’accordo sul nucleare iraniano del 2015. L’allora presidente Barack Obama preferì, giustamente, l’opzione diplomatica all’azione militare e alla pressione economica contro Teheran, ma dimenticò che l’obiettivo della diplomazia non era l’accordo di per sé, bensì bloccare i piani nucleari dell’Iran. Invece, firmò un accordo che ha lasciato l’Iran sul punto di conseguire capacità militari nucleari, rimuovendo nel frattempo le sanzioni che dovevano mettere nell’angolo il regime e costringerlo a fermare davvero i suoi piani.

Cos’è che è andato storto in quei due casi, e nei tanti altri simili? I leader che, a nome del mondo libero, hanno negoziato con quei dittatori si sono fatti prendere interamente dal processo e dall’ansia di vederlo sfociare in un accordo: un accordo purchessia. I nemici lo capirono, e li spinsero a firmare degli accordi ad ogni costo, cioè degli accordi che rispondevano agli interessi dei dittatori. E’ accaduta la stessa cosa nei negoziati fra Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un? Probabilmente sì, per cui non c’è ragione di abbandonarsi all’euforia.

Le firme di Donald Trump e Kim Jong-un

Vi sono tuttavia alcuni segnali incoraggianti, che lasciano spazio all’ottimismo. Uno è il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano. Non sono molti i leader che avrebbero avuto il coraggio e la leadership di fare altrettanto. Possiamo solo sperare che Trump mostri la stessa determinazione nei suoi colloqui con la Corea del Nord. Ma non si deve dimenticare che l’accordo con l’Iran era una creatura di Obama. Come si comporterà Trump per quanto riguarda la sua creatura con la Corea del Nord?

Un altro segnale positivo, forse il più promettente, è che i principi che Trump ha messo per scritto e firmato con Kim trattano di denuclearizzazione della penisola coreana. In questa fase, era difficile sperare in un risultato migliore. Ma bisogna anche ricordare che la Corea del Nord ha già violato accordi simili, firmati con altri presidenti americani. Questo vertice non ha precedenti, ma altri accordi sono già stati sottoscritti e ignorati. I leader dell’Iran hanno beffato Obama nei negoziati, e precedenti leader nordcoreani hanno beffato precedenti presidenti americani dopo aver firmato accordi. Ecco perché il vero test sarà l’accordo definitivo, che dovrà essere concretamente attuabile e includere misure che consentano una vera supervisione sulla sua applicazione.

Qui Trump non sta facendo trattative d’affari. Qui è il leader del mondo libero che negozia con un tiranno senza scrupoli, e il suo unico scopo è impedire a quel tiranno di disporre di armi nucleari. Trump è stato criticato per aver “legittimato”, incontrando Kim, le gravissime violazioni dei diritti umani in Corea del Nord. E’ un problema vero. Ma il despota nordcoreano con armi nucleari è molto più pericoloso, per il suo popolo e per il mondo, rispetto allo stesso despota senza armi nucleari. Accettare il regime dittatoriale e anche i suoi piani nucleari, come è successo con l’accordo con l’Iran, è ancora peggio.

(Da: Israel HaYom, 13.6.18)