Profughi palestinesi ovvero la guerra con altri mezzi
Finché i “profughi” palestinesi, che aumentano di giorno in giorno, non saranno reinsediati in abitazioni permanenti, non vi sarà pace possibile tra palestinesi e Israele
Di Moshe Arens
Il teorico militare prussiano del XIX secolo Carl von Clausewitz scrisse che “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”. Non avrebbe potuto immaginare che i profughi palestinesi sarebbero stati trasformati in una guerra contro Israele con altri mezzi. Il mondo arabo ha condotto guerre contro Israele e le ha perse tutte. Ondate di terrorismo sono state scatenate contro Israele, e Israele ha resistito. Ma la guerra contro Israele continua con i “profughi” palestinesi in prima linea: ad esempio, con le manifestazioni di “profughi” palestinesi alla recinzione di confine fra Gaza e Israele organizzate dai capi di Hamas.
Esigendo il diritto a insediarsi nei villaggi e nelle città abbandonati da loro nonni e bisnonni settant’anni fa, questi “profughi” servono a ricordare a coloro che lo avessero dimenticato che i profughi palestinesi del 1948, o perlomeno i loro discendenti, sono ancora qui e rivendicando il diritto di tornare alle case dei loro antenati e in questo modo portare alla distruzione lo stato di Israele. È una guerra con altri mezzi che va avanti da settant’anni e che potrebbe continuare per molti anni a venire, a meno che i “profughi” palestinesi non vengano finalmente reinsediati.
Tutte le guerre hanno creato masse di profughi sfollati dalle loro case. Ma quei profughi non sono stati congelati per generazioni come profughi da brandire come una ferita aperta che impedisce la pace tra le parti in conflitto. Sono stati reinsediati in nuove società, con nuove case e nuovi lavori. Così è avvenuto per i profughi tedeschi sfollati dall’attuale Polonia occidentale e dalle regioni dei Sudeti della Cecoslovacchia: non sono stati lasciati nei campi profughi a invocare il ritorno alle loro case di prima della guerra, ma sono stati reinsediati in Germania. E questo ha permesso alla Germania di arrivare alla pace con i suoi vicini. Anche i milioni sfollati dalle loro case a seguito alla spartizione dell’India sono stati risistemati molto tempo fa. Più di recente, negli anni ’90, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case a causa dei combattimenti che scoppiarono in Croazia, Bosnia e Kosovo. La maggior parte di loro è stata reinsediata e la comunità internazionale si sta attivamente adoperando per trovare una sistemazione permanente a coloro che figurano ancora come profughi.
Al contrario, nessun tentativo di reinsediamento è mai stato fatto per i circa 700.000 profughi palestinesi sfollati a causa dei combattimenti del 1948. I ricchi stati arabi avrebbero potuto facilmente assorbirli, ma non lo fecero. I paesi europei avrebbero potuto accoglierli, come hanno accolto i profughi dal conflitto siriano, ma non l’hanno fatto. Il mondo arabo ha insistito perché restassero per sempre profughi, da usare come un’arma contro Israele. Nel creare quest’arma permanente contro Israele, il mondo arabo ha potuto contare sulla collaborazione di tanti, nella comunità internazionale. Non volendo adottare nessun misura che potesse smussare quest’arma puntata contro Israele e motivata da considerazioni umanitarie, sono stati spesi miliardi per mantenere gli sfollati palestinesi e i loro discendenti nella condizione di profughi. Il denaro che avrebbe potuto essere impiegato per mitigare le loro sofferenze è stato speso per perpetuarle. Si sapeva che qualsiasi misura che venisse presa per reinsediarli in case permanenti, con un regolare status di cittadini, sarebbe stata interpretata come un attacco alla causa palestinese e avrebbe incontrato la fiera opposizione della dirigenza palestinese. Così, volente o nolente, la comunità internazionale ha collaborato a rendere impossibile la soluzione del conflitto israelo-palestinese.
Attualmente vi sono più di 5 milioni di palestinesi registrati come “profughi”, abilitati a beneficiare dei servizi assistenziali dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Finché questi “profughi” palestinesi, che aumentano di giorno in giorno, non saranno reinsediati in abitazioni permanenti, non vi sarà pace possibile tra palestinesi e Israele. Tutti gli sforzi per arrivare a una composizione tra israeliani e palestinesi sono destinati a fallire. Tutti gli sforzi per mediare una soluzione del conflitto, non importa quanto ben intenzionati, saranno condannati ad arenarsi.
(Da: Ha’aretz, 23.4.18)