Prosciugare la palude?

La soluzione del problema di Gaza, ammesso che esista, potrà essere solo regionale

Da un articolo di Uri Orbach

image_2032Un tempo i pacifisti israeliani se ne uscivano spesso con un bel proverbio sulla guerra al terrorismo. “Invece di dare la caccia a un pesce per volta – dicevano – non sarebbe meglio prosciugare tutta la palude?”. In altri termini: anziché impegnarsi in una guerra di Sisifo inseguendo uno a uno ciascun terrorista, sarebbe meglio fare la pace e cambiare lo status della regione in modo tale che, tanto per cominciare, venga meno il motivo per compiere attentati terroristici. Era un gran bel proverbio. Per nostra sfortuna, non venne sperimentato sui pesci, bensì sulla gente: su di noi.
Gli anni che seguirono agli accordi di Olso furono il test sul campo di quel proverbio: ci furono incontri, negoziati senza fine, e Israele cedette territori al controllo dei terroristi in base al presupposto che in questo modo avremmo “prosciugato la palude” e il pesce avrebbe dovuto cercarsi un’altra attività. Purtroppo si è scoperto che il pesce non conosceva il proverbio. Il processo di ritiro israeliano non solo non portò affatto la calma, ma anzi condusse ad un’enorme ondata di terrorismo palestinese. Dalla Tunisia arrivarono le bande di Arafat, e più questi interlocutori criminali si impiantavano nella regione, più cresceva il numero della vittime.
Il primo ministro israeliano Ariel Sharon, che era un po’ più realista, capì che non c’era nessuna pace in arrivo e che la palude del terrorismo non si sarebbe affatto prosciugata. Anche lui guardava a questa realtà come a una cupa palude, e decise di disimpegnarsi da Gaza tirando fuori da quel pantano Israele, il suo esercito e le sue comunità di civili. Il detto più popolare, in quei giorni, divenne: “Non abbiamo niente da guadagnare nella palude di Gaza”.
Ma anche quest’ultimo esperimento si è infranto clamorosamente. Il ritiro dalla striscia di Gaza, compreso lo sradicamento delle comunità ebraiche che vi si trovavano, non ha portato affatto la calma ed anzi ha peggiorato le cose. Hamas ha preso il controllo della striscia e da allora gli abitanti di Sderot e di tutta la regione circostante hanno continuato a patire sempre più, sotto le aggressioni di Hamas. La palude non si è quietata nemmeno per un momento. I proverbi e i tentativi di ritiro l’hanno resa solo più profonda.
Dunque, che fare? Più fatti e meno proverbi. La soluzione del problema di Gaza, ammesso che ve se sia una, potrà essere solo regionale, insieme agli egiziani nel Sinai. Forse dovrà essere una soluzione imposta ai palestinesi, con un mezzo consenso da parte delle loro forze politiche.
Nel frattempo Israele dovrà continuare a colpire i terroristi, sventare attentati, occupare, ritirarsi, occupare di nuovo. Il pesce terrorista non vuole che la sua palude venga prosciugata, e se noi ci disimpegniamo dalla palude, lui continua a darci la caccia sulle sponde.
La triste realtà è che ci sono, sì, tanti bei proverbi che riguardano i fatti della vita, ma la vita non sempre si attiene ai proverbi.

(Da: YnetNews, 5.03.08)

Nella foto in alto: Soccorritori in una casa di Ashkeoln colpita da un Grad (Katyusha) palestinese