Prove generali di ritiro

I vari protagonisti della saga farebbero bene a trarre alcune lezioni da questi fatti, e in fretta.

Da un editoriale di Yediot Aharonot

image_771Gli eventi degli ultimi giorni nella striscia di Gaza sembrano quasi una prova generale della problematica estate che si aspetta. Per il bene di tutti, i vari protagonisti della saga farebbero bene a trarre alcune lezioni da questi fatti, e in fretta.
La buona notizia è che gli estremisti anti-ritiro che sono affluiti nella striscia di Gaza in cerca di guai, asserragliando alcune centinaia di giovani in un hotel abbandonato sul lungomare, alla fine sono stati sgomberati. Ancora più incoraggiante il fatto che lo sgombero si è svolto senza spargimenti di sangue.
La notizia cattiva è che l’ordine di sgombero è stato dato con molto ritardo. Conseguentemente i fanatici che stavano convergendo nella striscia di Gaza si sono fatti l’idea che potessero sottrarre la scena sia al governo che ai suoi avversari rispettosi della legge. C’è da augurarsi che gli estremisti a disposizione la scorsa settimana nella striscia di Gaza valutino bene ciò che è stato loro appena dimostrato: che l’intero paese, compresi quelli come il Partito Nazionale Religioso che si pongono all’estrema destra dello schieramento politico, sono inequivocabilmente contrari ai loro scopi e ai loro metodi.
La violenza che è scoppiata attorno al campo di Muwassi è stata una joint venture che ha visto il coinvolgimento non solo di estremisti ebrei, ma anche di un gran numero di estremisti lancia-pietre palestinesi. L’improvvisa comparsa di questi ultimi, riforniti di borse piene di sassi preparate in anticipo, ha dimostrato ancora una volta che Mahmoud Abbas (Abu Mazen), con la sua inazione, tollera in generale coloro che fomentano la violenza, e in particolare coloro che cercano di intralciare il ritiro israeliano. Abu Mazen deve capire che l’imminente sgombero dalla striscia di Gaza sarà considerato dal resto del mondo come un test non solo del primo ministro israeliano Ariel Sharon e dei suoi oppositori, ma anche della sua capacità di governare i palestinesi. Retorica a parte, Abu Mazen deve ancora decidersi ad affrontare le milizie private e i gruppi terroristici che, tutti insieme, rendono risibile la sua pretesa che l’Autorità Palestinese sarebbe abbastanza matura per condurre uno stato sovrano.
Nel frattempo, l’iniziale ritardo nell’affrontare gli estremisti ebrei ha dato spazio alla battaglia con lanci di pietre tra questi e i palestinesi, conclusasi con il vergognoso tentativo di linciaggio di un adolescente palestinese, Hilal al-Majaida, nel campo di Muwassi. Fortunatamente il ragazzo è stato salvato dai soldati israeliani, e l ’aggressione contro di lui è stata condannata da tutta una schiera di autorità religiose ortodosse, dal rabbino capo di Haifa Shear-Yashuv Cohen al capo della Yeshivat Hakotel, Mordechai Elon. Sfortunatamente tutto ciò non può cancellare il fatto dell’aggressione, e l’abietta immoralità che ha fatto emergere. La prima vittima del barbarico atto è stata la causa stessa di chi si oppone al ritiro israeliano. I leader del movimento arancione devono capire che la loro forza sta nella moralità della loro lotta. Più lasceranno che la loro causa finisca nelle mani dei teppisti, più si alieneranno l’opinione pubblica israeliana in generale.
[…]

(Da: Jerusalem Post, 3.07.05)

Nella foto in alto: Soldato israeliano difende il giovane palestinese vittima dell’aggressione mercoledì scorso a Muwassi (striscia di Gaza).