Quale cessate il fuoco?

Forza internazionale: o disarma Hezbollah o gli regala una vittoria

Da un articolo di Barry Rubin

image_1332La comunità internazionale sta cercando di porre fine a tre settimane di intensi combattimenti fra Hezbollah e Israele decretando un cessate il fuoco. Naturalmente sarebbe un’ottima cosa far cessare combattimenti e sofferenze. Tuttavia un accordo di cessate il fuoco cattivo non farebbe che generare un’altra guerra, e farebbe esplodere altro terrorismo ed estremismo, creando sofferenze e combattimenti ben peggiori che prenderebbero di mira anche altri e non solo Israele. Merita di essere negoziato solo un cessate il fuoco che funzioni modificando la situazione che ha dato origine a questa guerra. C’è invece un concreto pericolo che la diplomazia occidentale consegni di fatto una vittoria nelle mani dei terroristi e degli estremisti.
Due sono i fattori che hanno innescato la crisi.
Primo, Hezbollah voleva un conflitto perché cerca di atteggiarsi a eroe e modello del mondo arabo odierno, mostrando di saper colpire Israele nella totale indifferenza per il fatto che, di conseguenza, il Libano possa soffrire dieci volte di più.
Secondo, un Hezbollah ben armato e addestrato, con il sostegno siriano e iraniano, capace di fare quello che vuole in Libano, pensava di potersela cavare a basso prezzo per le sue aggressioni.
Hezbollah vuole e può permettersi uno scontro, e nessuna diplomazia occidentale potrà modificare il suo estremismo né i suoi intenti tendenzialmente genocidi. Occorre, dunque, uno sforzo libanese e internazionale per garantire che Hezbollah non possa fare quello che vuole. Cosa che quasi sicuramente non accadrà.
In sintesi, un cessaste il fuoco davvero utile dovrebbe per lo meno:
– far sì che il Libano meridionale non sia più una regione governata da terroristi dediti ad attaccare Israele, garantendo piuttosto che sia controllato dal governo e dalle forze armate libanesi, o da una forza internazionale davvero efficace, o da entrambi;
– premere su Siria e Iran perché non riarmino Hezbollah e non lo incoraggino di nuovo a praticare il terrorismo contro Israele.
Tale sforzo risponderebbe nell’interesse dell’occidente e del Libano, e non solo di Israele. Come ha detto il leader politico libanese Walid Jumblatt, vi potrà essere la pace solo se Hezbollah sarà costretto a riconoscere pienamente le prerogative del governo libanese. Ma una forza internazionale, quale che sia, potrebbe davvero infondere nerbo nei politici di Beirut, che sono atterriti all’idea che sfidare Hezbollah significhi una guerra civile e soprattutto una minaccia alla loro stessa vita?
Sebbene siano molti i libanesi che non amano affatto Hezbollah, hanno quasi tutti troppa paura per fare qualcosa. Chiede Mohsen Rezai, segretario dell’Iranian Expediency Council ed ex comandante delle Guardie Rivoluzionarie: “Disarmare Hezbollah? E chi osa farlo? Chi ne ha la forza? Oggi il Libano è nelle mani di Hezbollah”. Su questo ha perfettamente ragione. Dunque non si faccia affidamento sul Libano per fare qualcosa di concreto.
Lo stesso vale per la comunità internazionale, che però non ha alibi per questo suo comportamento. Sembra non capire che è innazitutto nel suo stesso vitale interesse esigere che Hezbollah esca sconfitto, e che a Siria e Iran giunga l’intimazione a non sprofondare la regione nella guerra quando gli pare en piace.
Già adesso la regione è spazzata da una nuova ondata di estremismo che vede Hezbollah come il modello vincendo da imitare, e l’Iran come il potente padrino con cui collaborare. Se non verranno screditati, i movimenti eversivi che sfidano i regimi arabi moderati cresceranno enormemente, e verranno reclutati migliaia di nuovi terroristi sempre più spronati ad attaccare. Eppure non si parla di cessate il fuoco senza curarsi granché di pressioni su Siria e Iran, e non sembra alle viste una forza internazionale che sia davvero efficace. Ma nessuna operazione internazionale di questo genere avrà senso se non sarà davvero pronta a combattere i terroristi Hezbollah e fermare i loro attacchi contro Israele; un mandato politico che tuttavia esporrebbe a rappresaglie i paesi coinvolti, e le truppe sul posto alla costante belligeranza e al sequestro dei suoi membri. Non si dimentichi cosa accadde l’ultima volta che un forza internazionale sbarcò in Libano, nei primi anni ’80: con un paio di attentati i terroristi Hezbollah uccisero 300 soldati americani e francesi, e gli occidentali si ritirarono precipitosamente.
Tutti questi elementi scoraggeranno chiunque dal combattere seriamente contro Hezbollah. La maggior parte dell’Europa, infatti, desidera fortemente un appeasement: un rapido cessate il fuoco senza alcun reale cambiamento della situazione. Gli Stati Uniti capiscono il problema, ma come potrebbero riuscire, oggi, a fare qualcosa da soli, senza aiuto internazionale?
La questione chiave a questo punto diventa se quello internazionale sarà un intervento per salvare Hezbollah o per imporgli una battuta d’arresto.
Il momento attuale, in Medio Oriente, ricorda il marzo 1968. Allora, reagendo a continui attacchi da oltre la frontiera giordana, una unità militare israeliana investì la principale base di Fatah nel villaggio di Karameh. Israele vinse la battaglia, conquistando la base e facendo numerosi prigionieri. Yasser Arafat dovette fuggire letteralmente di corsa per salvarsi la vita. Ma le masse arabe si convinsero che Karameh era stata una eroica vittoria di Fatah (e come tale viene ancora oggi celebrata) per il solo fatto che lo scontro era stato duro e anche Israele aveva subito delle perdite. E così arrivarono fiumi di denaro dai paesi arabi e i volontari si arruolarono a migliaia. L’evento fu il trampolino di lancio per Arafat, e l’inizio del mito degli eroici guerriglieri arabi capaci di tenere testa a Israele. In realtà, ciò che riuscirono a fare fu infiggere decenni di altre inutili sofferenze ai palestinesi, innescare una guerra civile in Giordania e poi in Libano, diffondere terrorismo e assassini politici in tutto il mondo arabo, far divampare vane passioni anti-occidentali e impedire qualunque composizione di pace del conflitto arabo-israeliano.
La battaglia di oggi in Libano potrebbe diventare la Karameh degli islamismi. Il fatto che il Libano sia stato danneggiato molto più di Israele non sembra contare granché nella valutazione dell’evento. Ancora una volta il mondo arabo fa mostra della sua capacità apparentemente infinita di farsi incantare da attori sconfitti che si atteggiano a vincenti, e che alla fine non fanno che condurlo di sconfitta in sconfitta fino a una sconfitta così grande da non poter essere ignorata.
Il rifiuto occidentale di affrontare la minaccia terroristica sin dagli anni ’60 e ’70 ha innescato decenni di brutali violenze, non solo in Medio Oriente ma in tutto il mondo. Ancora una volta il messaggio dell’occidente, Stati Uniti esclusi, rischia di essere che estremismo e terrorismo pagano, nonostante il fatto che persino gli stati arabi sono sconvolti da questa prospettiva.
Se la visione prevalente, rafforzata da un cessate il fuoco, finirà per essere che Hezbollah ha vinto, o che è sopravvissuto abbastanza illeso da poter cantar vittoria, ciò farebbe arretrare le prospettive di pace fra Israele e arabi, ostacolerebbe le correnti moderate nella regione e rinvierebbe la fine del terrorismo di almeno altri vent’anni.
Un siffatto esito incrementerebbe l’estremismo islamista e le attività terroristiche sia in Medio Oriente che in Europa, e rafforzerebbe un Iran che non è lontano dal nucleare: un esito, insomma, che porrebbe serie minacce agli interessi vitali di tutti gli altri stati della regione, dei paesi vicini e delle nazioni occidentali.

(Da: Jerusalem Post, 31.07.06)

Nella foto in alto: Missili Hezbollah mercoledì nel cielo di Israele