Quando Abu Mazen dice chiaramente cosa pensa del diritto di Israele ad esistere

La sua denuncia della Dichiarazione Balfour, che è incardinata nel diritto internazionale, è incompatibile con la soluzione a “due stati”

Di Dan Margalit

La Dichiarazione Balfour, 2.11.17 (clicca per ingrandire)

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si è spesso presentato con molte facce diverse, ma non era mai apparso del tutto farneticante fino a lunedì scorso, quando è stata diffusa la notizia che ha chiesto ai paesi arabi di assisterlo nel trascinare la Gran Bretagna davanti alla Corte Penale Internazionale per la Dichiarazione Balfour formulata la Londra quasi cento anni fa.

Il memorandum di circa 50 parole che l’allora ministro degli esteri del Regno Unito Arthur James Balfour inviò il 2 novembre 1917 al barone Walter Rothschild, referente del movimento sionista, prometteva che la Gran Bretagna si sarebbe adoperata per favorire l’istituzione di una “sede nazionale” per il popolo ebraico nella Terra di Israele, senza pregiudicare i diritti civili e religiosi dei residenti non ebrei, né i diritti e lo status politico degli ebrei in altri paesi. La Dichiarazione di Balfour fu preceduta da una dozzina di bozze. Leonard Stein ci ha scritto un libro di 500 pagine. Grande artefice del documento fu il dottor Chaim Weizmann, che in seguito sarebbe diventato il primo presidente dello stato d’Israele. Quando Balfour gli aveva chiesto perché lo stato ebraico dovesse nascere proprio in Terra d’Israele, Weizmann gli aveva risposto: “Gerusalemme era ebraica quando Londra era ancora una palude”.

Ma la Dichiarazione Balfour non è sospesa nel vuoto. Il mondo l’ha sostenuta e sottoscritta. Anche l’emiro Feisal ibn Hussein – all’epoca il maggiore rappresentate del nazionalismo arabo, figlio dello sceriffo della Mecca e futuro re dell’Iraq – nel gennaio 1919 firmò a Parigi un accordo con Weizmann che rispecchiava i termini della Balfour.

La lettera di Feisal ibn Hussein a Felix Frankfurter, 1.3.19 (clicca per ingrandire)

Due mesi dopo, in una lettera a Felix Frankfurter, collega di Chaim Weizmann, Feisal scriveva: “Noi arabi, in particolare quelli con più cultura, guardiamo con profonda simpatia al movimento sionista. La nostra delegazione qui a Parigi è pienamente a conoscenza delle proposte presentate dall’Organizzazione Sionista alla Conferenza di pace, e le consideriamo moderate e corrette. … Stiamo operando insieme per un Vicino Oriente rianimato e rinnovato, e i nostri due movimenti si completano a vicenda. Il movimento ebraico è nazionale e non imperialista. Il nostro movimento è nazionale e non imperialista, e nel Levante c’è spazio per entrambi. Penso anzi che nessuno dei due possa avere successo senza l’altro”.

La Dichiarazione Balfour venne approvata dalla Conferenza internazionale che si tenne a Sanremo nel 1920, dopo la prima guerra mondiale. Nel 1922 il Mandato approvato dalla Società delle Nazioni citava la Balfour parola per parola, conferendole validità nel diritto internazionale; esattamente come avrebbe fatto, trent’anni dopo, la risoluzione 181 approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu il 29 novembre 1947 che raccomandava la creazione in Terra d’Israele/Palestina di due stati: uno “arabo” e uno “ebraico”. Denunciare la Gran Bretagna per la Dichiarazione Balfour, ignorando tutte le decisioni prese dagli organismi internazionali, significa contestare il diritto stesso d’Israele ad esistere, riconosciuto e legittimato da tutto il mondo.

Verosimilmente la disgraziata mossa di Abu Mazen nasce dalla speranza di mettere in discussione il sionismo stesso, vale a dire il risorgimento nazionale del popolo ebraico. Un approccio che certamente non appare in linea con il suo dichiarato sostegno per la soluzione a due stati.

(Da: Israel HaYom, 26.7.16)

Per denunciare la Dichiarazione Balfour, Abu Mazen non dovrebbe limitarsi a citare in giudizio la Gran Bretagna. Dovrebbe denunciare anche la Società delle Nazioni, che inserì la Balfour nel Mandato; e le Nazioni Unite, che in applicazione del Mandato approvarono la spartizione. Insomma, dovrebbe citare in giudizio l’intera comunità internazionale. Anzi, dovrebbe citare in giudizio i palestinesi stessi per aver firmato gli Accordi di Oslo con Israele nel 1993… (Da: Honestreporting, 26.7.16)

“La radice del conflitto israelo-palestinese sta nel loro rifiuto di accettare l’esistenza di uno stato ebraico entro qualunque confine. Questo è e rimane il nocciolo del conflitto”. Lo ha ribadito martedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu commentando,  ad una cerimonia a Gerusalemme per il 112esimo anniversario della morte di Theodor Herzl, l’iniziativa di Abu Mazen contro la Dichiarazione Balfour.