Quando Arafat finanziava i terroristi

Due milioni di $ ai terroristi, 30.000 $ alla sicurezza: una proporzione che riflette le idee di Arafat.

image_425Yasser Arafat versava milioni di dollari ai terroristi delle Brigate Martiri di Al Aqsa mentre lasciava per mesi senza stipendio le sue avvilite forze di sicurezza. Lo afferma un libro di prossima pubblicazione scritto da Matt Rees, capo della redazione di Gerusalemme di Time Magazine.
La notizia arriva a pochi giorni dall’annuncio, la settimana scorsa, da parte di funzionari palestinesi che l’Autorità Palestinese non sarebbe in grado di pagare gli stipendi di novembre del suo servizio civile e del suo personale di sicurezza. Arafat, attualmente ricoverato a Parigi, avrebbe telefonato al suo ministro delle finanze ordinando di pagare gli stipendi al tempo dovuto.
Nel suo libro “Cain’s Field: Faith, Fratricide, and Fear in the Middle East” in uscita da Free Press, Rees rivela come Arafat nel giugno 2002 abbia versato ben due milioni di dollari alle Brigate Al Aqsa di Gaza mentre passava solo pochi spiccioli per pagare gli stipendi degli uomini delle forze di sicurezza ufficiali dell’Autorità Palestinese. Secondo l’autore, nel giugno 2002 due alti funzionari dell’intelligence palestinese incontrarono Abdel Razak al-Majaideh, capo delle Forze di Sicurezza Nazionale di Arafat, nella sua abitazione. I funzionari dell’intelligence, senza stipendio da mesi, avevano appreso da loro contatti all’interno di Fatah che Arafat aveva appena versato due milioni di dollari alle Brigate Al Aqsa di Gaza. Sdegnato, Majaideh rivelò loro che Arafat gli aveva mandato solo 30.000 dollari per pagare gi stipendi di tutti gli agenti di sicurezza palestinesi nella striscia di Gaza. “La proporzione rispecchiava quella degli interessi di Arafat – scrive Rees – Due milioni di dollari [ai terroristi] contro 30.000 dollari [agli agenti della sicurezza]. Arafat operava attivamente contro la sua stessa gente, ignorandola mentre versava fiumi di denaro nelle casse dei miliziani armati”.
Rees rivela per la prima volta dall’interno la storia del governo disgregatore e autodistruttivo di Arafat, spiegando in dettaglio cosa fecero i miliziani con quei soldi ricevuti da Arafat. Rees mostra come le Brigate Martiri di Al Aqsa, ala militare di Fatah, governassero le città palestinesi con metodi da gangster, sfidando apertamente le strutture ufficiali della sicurezza dell’Autorità Palestinese le quali, a poco a poco, capirono di non godere del sostegno di Arafat.
Rees riferisce fra l’altro la scioccante vicenda di una ragazza araba cristiana di Bet Jala, presso Betlemme, violentata e poi uccisa da boss locali delle Brigate Al Aqsa. Dopo l’assassinio della ragazza, i capi del gruppo diffusero un comunicato nel quale affermavano di voler “ripulire la casa palestinese dalle prostitute”. Rees scrive che “quei teppisti la umiliarono sessualmente, poi la punirono per questo, quindi si atteggiarono a difensori morali di una società che essi più di chiunque altro erano responsabili d’aver disonorato”.
Il libro di Rees narra anche la vicenda del vice capo dell’Intelligence Generale a Gaza, Zakaria Baloush, talmente stufo dei doppi giochi di Arafat che annunciò di voler concorrere per il posto di presidente. Arafat non convocò mai le elezioni, ma cercò ugualmente di persuadere Baloush a tornare nei ranghi. Quando Baloush gli disse che non poteva più lavorare per il capo dell’Intelligence Generale a Gaza Amin al-Hindi, Arafat gli rispose: “E tu caccialo fuori, buttalo a mare”.
Rees afferma che Arafat ha gestito l’Autorità Palestinese esattamente con gli stessi metodi con cui ha gestito l’Olp: come un feudo personale dove nessuno può fidarsi di nessuno: “Non si è mai trasformato in un regolare e responsabile uomo di governo”, scrive Rees.
I rapporti con Israele, anche negli anni del processo di pace di Oslo, sono sempre stati influenzati dalla doppiezza di Arafat. Rees racconta, ad esempio, di un ufficiale dell’intelligence palestinese che voleva fornire ai servizi israeliani informazioni circa i soldati israeliani dispersi nella battaglia di Sultan Yakoub (in Libano) nel 1982. Quando l’ufficiale palestinese condusse gli ufficiali israeliani da Arafat, questi li respinse dicendo che l’ufficiale palestinese era malato e aveva bisogno di stare a casa per cure mediche.

(Da: Khaled Abu Toameh su Jersualem Post, 1.11.04)

Nella foto in alto: Conto spese per armi e munizioni ai terroristi delle Brigate Martiri di Al Aqsa, controfirmato da Yasser Arafat