Quando i palestinesi capiranno chi è il loro vero nemico?
Se la causa palestinese consiste nel perseguire uno stato accanto a Israele, allora ogni terrorista palestinese non è un martire, non è un eroe: è un traditore della causa palestinese
Di Fred Maroun
Quest’ultima ondata di violenze a Gaza era perfettamente prevedibile. Certo, non sapevamo quando sarebbe successo, ma sapevamo che sarebbe successo. Perché? Perché dopo oltre 71 anni di conflitto con lo stato di Israele, i palestinesi non hanno ancora capito come eliminare il principale ostacolo che si frappone alla nascita di uno stato palestinese, alla libertà e alla prosperità: la violenza palestinese.
Non ci vuole un genio per capirlo. La violenza non ha mai fatto guadagnare assolutamente nulla ai palestinesi, a meno che non si considerino guadagni morte, distruzione, povertà, dipendenza, sradicamento, sofferenza, occupazione, disoccupazione, disperazione, umiliazione. La principale vittima della violenza palestinese sono i palestinesi stessi. La pagano con le loro vite e anche con il loro futuro.
Il capo terrorista palestinese Baha Abu al-Ata, ucciso da Israele, viene già descritto dai palestinesi come un “martire”. Ma per i palestinesi che vogliono essere onesti con se stessi non era altro che uno spregevole terrorista a cui non importava quanti palestinesi morissero pur di soddisfare il suo egocentrismo e la sua personale ambizione di potere.
Ci sono moltissime persone, tra cui molti ebrei israeliani, che sostengono il diritto dei palestinesi a un loro stato e che detestano l’occupazione e la chiusura che i palestinesi subiscono. Questo sostegno, tuttavia, non conta nulla finché i palestinesi continuano a spararsi sui piedi. Si possono anche lamentare alcuni metodi usati da Israele per difendersi, ma nessuno impedirà a Israele di difendersi, né dovremmo farlo noi.
Secondo Times of Israel, il Segretario Generale dell’Olp Saeb Erekat ha condannato l’uccisione di Baha Abu al-Ata come un “crimine” attribuendone a Israele la “piena responsabilità”. Questa reazione di Erekat non è solo ipocrita, è anche un tradimento dei palestinesi che Erekat sostiene di rappresentare.
Per i palestinesi che insistono nel pretendere tutta la Palestina (cancellando Israele dalla carta geografica), non c’è alcuna speranza: gli israeliani non rinunceranno mai al loro stato. Il meglio che i palestinesi possono realisticamente sperare è uno stato palestinese indipendente accanto a Israele, e l’unico modo per raggiungere questo obiettivo è che i palestinesi posino le armi e negozino un accordo di pace con Israele. Se la causa palestinese consiste nel raggiungere questo obiettivo, allora ogni terrorista palestinese è un traditore della causa palestinese. Non un martire. Non un combattente della resistenza. Non un soldato. Non un patriota palestinese. No: solo un traditore.
Se invece la causa palestinese consiste nel perseguire il fantasticheria di prendersi tutta la Palestina (cancellando Israele), allora la causa palestinese è già morta, proprio come le migliaia di palestinesi morti nei sette decenni di inutile conflitto con Israele. Morta.
I dirigenti palestinesi come Erekat possono denunciare il vero nemico dei palestinesi, che è il terrorista palestinese, oppure possono presiedere alla lenta decomposizione della causa palestinese mentre continuano a riempirsi le tasche con le donazioni internazionali.
Sia che dirigano il terrorismo sia che evitino di fronteggiarlo, tutti gli attuali dirigenti palestinesi hanno tradito i palestinesi e dovrebbero essere sostituiti con nuovi dirigenti che perseguano la pace. E prendendo a prestito uno slogan dei manifestanti libanesi che denunciano i loro falliti leader, “tutti significa tutti”.
(Times of Israel, 12.11.19)