Quando la preghiera è vista come un crimine e la violenza fanatica come una lodevole virtù

Per mantenere la pace, Israele è costretto ad accettare compromessi anche sulla fondamentale libertà di religione dei suoi cittadini ebrei

Di Fred Maroun

Fred Maroun, autore di questo articolo

Il conflitto arabo-israeliano è pieno di contraddizioni e di fatti sconcertanti, ma per un osservatore esterno come me niente è tanto contraddittorio e bizzarro quanto la situazione sul Monte del Tempio di Gerusalemme, il luogo più sacro per gli ebrei (e terzo luogo sacro per i musulmani, ai quali è noto come Haram al-Sharif).

Sul Monte del Tempio agli ebrei è proibito… pregare. Sì, pregare. Non importa quanto silenziosamente e con discrezione, agli ebrei non è comunque permesso pregare. In effetti, è vietato pregare sul Monte del Tempio a qualsiasi visitatore religioso che non sia musulmano. Non importa che il Monte del Tempio sia il sito dove sorgeva il primo Tempio degli ebrei distrutto da Nabucodonosor II di Babilonia nel 587/586 a.e.v. Non importa che il Monte del Tempio sia il sito dove sorgeva il secondo Tempio degli ebrei (quello citato anche nel Vangelo cristiano ndr), distrutto dai Romani nel 70 e.v. Non importa che vietare la preghiera sia una palese violazione della libertà di culto e di pensiero. Non importa che sia una norma profondamente anti-ebraica applicata proprio al centro dello stato ebraico.

Il tutto diventa ancora più bizzarro quando si considera che questa norma altamente discriminatoria è stata accettata da Israele, lo stato ebraico, e viene fatta rispettare dalla polizia israeliana. E questo in base a un accordo raggiunto tra Israele e Giordania dopo la guerra del giugno 1967 durante la quale Israele conquistò la parte est di Gerusalemme, compreso il Monte del Tempio (sino ad allora occupata dalla Giordania ndr).

Questa stravagante situazione ha conosciuto l’anno scorso una leggerissima evoluzione. Nel luglio 2021, il Times of Israel riferiva che Israele stava “tacitamente permettendo che alcuni ebrei pregassero silenziosamente sul Monte del Tempio”. Ma si tratta di un cambiamento ancora molto incerto. Più o meno nello stesso periodo, il primo ministro israeliano Naftali Bennett si esprimeva a favore della libertà di culto per gli ebrei sul Monte del Tempio, ma poco dopo il suo ufficio faceva marcia indietro dichiarando che “lo status quo resta in vigore”.

Un autobus israeliano preso a sassate questa settimana poco fuori le mura della Città Vecchia di Gerusalemme mentre trasportava pellegrini ebrei verso il Muro Occidentale (“del pianto”)

Nell’ottobre 2021, un giudice stabilì che la preghiera ebraica è consentita sul Monte del Tempio finché resta “non percettibile”, ma a seguito di un ricorso del governo israeliano la Corte d’appello ha rapidamente annullato quella sentenza, e il ministro israeliano di pubblica sicurezza Omer Barlev ha ribadito che lo status quo verrà preservato.

Il 18 aprile 2022, il primo ministro giordano Bisher Khasawneh ha tenuto un discorso in cui rendeva omaggio agli agitatori che “scagliano le loro raffiche di pietre contro i filo-sionisti che profanano la moschea di al-Aqsa”. Come hanno fatto i “filo-sionisti” a profanarla, vi chiederete. Ebbene, come riferisce Times of Israel, “gli agitatori palestinesi lanciano pietre contro gli autobus israeliani diretti verso il Muro Occidentale (“del pianto”) e verso il complesso del Monte del Tempio con l’intento di impedire ai non musulmani di visitare il sito”. In altre parole, altro che preghiere: la semplice presenza di ebrei nel luogo più sacro per gli ebrei costituisce una intollerabile “profanazione” agli occhi anche dei partner di pace arabi di Israele, e opporsi con la violenza a tale presenza è considerata una lodevole virtù.

Intanto il partito Ra’am, l’unico partito arabo ad aver mai fatto parte di una coalizione governativa israeliana, ha congelato il suo sostegno al governo e ha minacciato di ritirarlo del tutto se le sue richieste non saranno soddisfatte, a cominciare dal ripristino “dello status quo in base al quale gli ebrei sul Monte del Tempio possono visitare, ma non pregare”. Da notare che il leader del partito Ra’am, Mansour Abbas, non è di per sé anti-israeliano, tanto che nel dicembre 2021 ha persino dichiarato che “Israele è e sarà sempre uno stato ebraico”.

Un visitatore ebreo fermato dalla polizia israeliana per aver contravvenuto alla regola di non recitare preghiere ebraiche durante le visite sulla spianata del Monte del Tempio

Alcuni arabi cercano di razionalizzare la loro opposizione alla preghiera ebraica sul Monte del Tempio citando il fatto, che secondo l’interpretazione della legge ebraica data da alcuni rabbini, gli ebrei non dovrebbero entrare sulla spianata del Monte del Tempio. Ma non spetta ai non ebrei pronunciarsi su una disputa tra ebrei sulla legge ebraica, e certamente la cosa non giustifica nessuna violenza contro gli ebrei.

Da un punto di vista morale, la soluzione al problema sarebbe semplice. Chiunque, di qualsiasi religione, dovrebbe poter pregare dove vuole, finché rispetta i diritti degli altri di fare lo stesso. Si tratta di un diritto umano fondamentale riconosciuto a livello internazionale. L’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, afferma: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”. Anche un ateo come me, ben poco propenso a pregare da qualunque parte, capisce questo diritto. Diritti umani non significa permettere agli altri di fare ciò che per noi ha senso; significa permettere a tutti di fare ciò che per loro ha senso.

Ma dal punto di vista della realpolitik la soluzione è molto meno chiara. L’esercizio di questo fondamentale diritto umano da parte anche solo di un piccolo numero di ebrei fa infuriare gli arabi musulmani, compresi quelli israeliani amichevoli verso Israele, e compresi gli stati arabi che hanno firmato accordi di pace con Israele. Per mantenere la pace interna e la pace con i suoi vicini, Israele è costretto a scendere a compromessi anche sulla fondamentale libertà di religione dei suoi cittadini ebrei. Su questa fondamentale questione di diritti umani fondamentali per gli ebrei, lo stato ebraico si trova alla mercé degli arabi musulmani. Il che è paradossale, considerando che Israele doveva essere l’unico posto sulla Terra in cui agli ebrei fossero garantiti gli stessi diritti di tutti gli altri. Allo stesso tempo, l’ostinata e spesso violenta opposizione araba a diritti umani fondamentali degli ebrei ci ricorda perché Israele esiste. Se i diritti degli ebrei vengono limitati in Medio Oriente anche all’interno dello stato ebraico, si può facilmente immaginare che fine farebbero se Israele non esistesse.

(Da: Times of Israel, 20.4.22)

 

“Allah, libera la moschea di al-Aqsa dalla contaminazione dei malvagi ebrei”
Preghiera recitata per il Ramadan in una moschea di Gerusalemme est e trasmessa dalla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese.  Clicca l’immagine per il video su informazionecorretta.com (con sottotitoli in italiano):

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