Quando le profezie di sconfitta si auto-avverano

Iran e Siria non sono forti: la loro forza deriva dal fatto che il resto del mondo li tratta da forti

Da un articolo di Barry Rubin

image_2214Primo colpo, 6 settembre 2007: Israele bombarda e distrugge installazioni nucleari siriane. Damasco non è in grado di reagire.
Secondo colpo, il 12 febbraio 2008: il capo delle operazioni terroristiche di Hezbollah Imad Mugniyeh salta in aria in una zona ben controllata della capitale siriana. La Siria è umiliata. La mancata soluzione dell’assassinio è ulteriore motivo di umiliazione per il regime.
Terzo colpo, 1 agosto 2008: il generale Mohammed Suleiman, che fungeva da collegamento fra il presidente siriano Bashar Assad e Hezbollah, viene ucciso da un cecchino nella città siriana di Tartous. Per i prevedibili esiti della vicenda, si vedano i due casi precedenti.
La Siria ha un’economia fallimentare, è arretrata e repressiva, ed è ben determinata a non cambiare strada, noncurante di tutte le analisi che affermano il contrario. Certo, il governo è forte e l’opposizione è debole. Ma il vero asso nella manica del regime è la volontà di tutti gli altri di credere fermamente che la Siria stia per diventare moderata.
E così, suona così un po’ bizzarro che Bashar Assad dichiari: “Il regime sionista non è forte, e gli altri stati possono ottenere i loro diritti con la resistenza e la determinazione”. L’unica cosa che la Siria ha ottenuto “con la resistenza e la determinazione” è il suo auto-proclamato “diritto” a dominare il Libano. Le va abbastanza bene anche in Iraq, dove sponsorizza una campagna terroristica volta a uccidere soldati americani e civili iracheni senza pagare prezzi politici. Ma fomentare problemi non è lo stesso che vincere.
A rigor di logica, non è possibile credere ancora che la Siria diventerà moderata. Ogni volta che prende la parole in arabo, Bashar Assad continua a mettere in chiaro che mente a proposito dei mutamenti nella sua politica. Lo salva il fatto di essere come un pessimo attore il cui pubblico è abbastanza stupido da continuare a ridere per battute che dovrebbe invece fischiare.
La realtà è che Bashar Assad è stato da poco a Tehran, dove ha ribadito che l’alleanza tra Siria e Iran è saldissima. Nulla prova che l’Iran sia davvero preoccupato per una possibile defezione siriana. Anche il presidente Mahmoud Ahmadinejad, uomo non particolarmente famoso per spirito di tolleranza, sembra sicuro della fedeltà di Bashar Assad e del fatto che gli occidentali si bevano le sue commedie. Dopotutto Ahmadinejad trova quotidiana conferma della credulità occidentale nella sua stessa esperienza.
Non si può leggere senza un amaro sorriso i titoli di giornale su “avvertimenti” e nuovi “ultimatum” lanciati da Stati Uniti ed Europa all’Iran perché cessi di sviluppare armamenti nucleari. Mentre gli ultimatum scadono uno dopo l’altro senza che accada nulla di concreto, perché mai le minacce occidentali dovrebbero essere prese sul serio?
Il punto importante è questo: Iran e Siria non sono forti. La loro forza deriva dal fatto che il resto del mondo li tratta da forti. Nasce dal fatto che i loro nemici mescolano pavidità, ricerca di vantaggi a breve termine e attenzione a non urtare i loro sentimenti. Proclamando che Israele è sull’orlo del collasso, Ahmadinejad cerca di nascondere il fatto che è il suo regime ad essere in pericolo, o perlomeno il suo potere personale. Mezzo paese vorrebbe sbarazzarsi del governo islamista (benché non possa fare molto in questo senso) e buona parte della stessa élite al potere è contraria ad Ahmadinejad.
Ma torniamo all’uccisione di Suleiman. Innanzitutto sgomberiamo il campo delle voci infondate circa conflitti interni del regime siriano. Non c’è alcuna prova che esista qualcosa del genere, anche se questa immagine viene talvolta alimentata dallo stesso Bashar Assad e dai suoi accoliti per atteggiarsi ad eroico riformatore in lotta coi falchi del regime. Se fosse davvero così, avremmo già avuto notizia di grandi arresti all’interno della élite, in una misura che non potrebbe essere tenuta del tutto segreta, e invece non è accaduto.
È stato Israele? Non è impossibile, specie alla luce del fatto che dell’uccisione ha dato notizia la radio israeliana. Ma la tempistica rende l’ipotesi improbabile. Potrebbe il primo ministro israeliano Ehud Olmert autorizzare una siffatta operazione, proprio nel mezzo della ripresa dei negoziati con Damasco? Difficile. Se sono stati gli israeliani, saremmo di fronte a una notevole dimostrazione di determinazione da parte del governo di Gerusalemme, della volontà di usare il bastone almeno quanto la carota. Ci piacerebbe pensarlo, ma è difficile crederlo.
Più probabilmente si è trattato di un’operazione araba, forse libanese con un possibile coinvolgimento saudita. Naturalmente non lo sappiamo. Ciò che sappiamo è che finora tutta la pressione violenta è stata esercitata dalla Siria. Ma più la Siria e l’Iran saranno indotti a pensare che i loro nemici sono pronti a contrattaccare, e meglio sarà.

(Da: Global Research in International Affairs Center, Interdisciplinary Center, Herzliya, 3.08.08)