Quando si inganna la comunità internazionale ignorando l’elefante nella stanza

Nel suo rapporto sulla crisi dell’Autorità Palestinese, la Banca Mondiale assolve senza pudore le autorità di Ramallah dalle loro scelte irresponsabili e contro la pace

Di Maurice Hirsch

Maurice Hirsch, autore di questo articolo

Nel comunicato stampa che accompagna un nuovo rapporto della Banca Mondiale sullo stato dell’economia dell’Autorità Palestinese, il Direttore della Banca Mondiale per Cisgiordania e Gaza, Kanthan Shanka, afferma che l’Autorità Palestinese versa in gravi difficoltà finanziarie a causa della “stretta sulla liquidità”.

Nel comunicato, pubblicato sul sito web della Banca Mondiale, Shankar scrive: “Le prospettive per i territori palestinesi sono preoccupanti poiché i propulsori della crescita si stanno riducendo e la grave stretta di liquidità ha iniziato a influenzare la capacità dell’Autorità Palestinese di adempiere al compito di pagare dipendenti e servizi pubblici”. La cupa prognosi si basa su un rapporto di 15 pagine che indica due fattori principali che contribuiscono alla crisi finanziaria dell’Autorità Palestinese, ma ignora completamente il proverbiale elefante nella stanza: la crisi finanziaria dell’Autorità Palestinese è il risultato diretto della sua politica “pagati per uccidere”. L’Autorità Palestinese sperpera ogni anno milioni di shekel/dollari/euro per pagare stipendi mensili ai terroristi detenuti o ex detenuti nonché indennità mensili ai terroristi feriti e alle famiglie dei terroristi morti compiendo attentati.

Secondo il rapporto della Banca Mondiale, i due fattori dominanti alla base dell’ultima crisi finanziaria palestinese sono la “detrazione unilaterale di quasi 12 milioni di dollari al mese dalle entrate fiscali che Israele riscuote per conto dell’Autorità Palestinese” e una riduzione degli aiuti dall’estero.

Kanthan Shanka, dal primo maggio 2019 Direttore della Banca Mondiale per Cisgiordania e Gaza

Non fornendo nessuna spiegazione di contesto sulle detrazioni israeliane in quello che nella migliore delle ipotesi può essere visto come un atto di cecità intenzionale, e nella peggiore un deliberato tentativo di ingannare la comunità internazionale, il rapporto della Banca Mondiale non fa nessun riferimento diretto alla legge israeliana in base alla quale Israele si rifiuta di versare all’Autorità Palestinese un importo pari a quello che l’Autorità Palestinese spende per premiare i terroristi. Il rapporto non spiega, ad esempio, che nel solo 2018 l’Autorità Palestinese ha messo a bilancio centinaia di milioni di shekel per premiare i terroristi feriti e le famiglie dei terroristi deceduti, e che la stessa Autorità Palestinese ha ammesso d’aver pagato 502 milioni di shekel (144 milioni di dollari) in stipendi a terroristi detenuti o ex detenuti.

Dopo aver sottolineato la detrazione (senza spiegarla) e il fatto che l’Autorità Palestinese ha poi rifiutato di incassare i fondi fiscali rimanenti (che Israele ha tentato più volte di trasferirle), gran parte del resto del rapporto della Banca Mondiale è dedicato a spiegare come l’Autorità Palestinese ha affrontato le conseguenze della sua propria decisione. Il rapporto si affanna ad illustrare la gravità e gli effetti della crisi, ma non osserva mai che la crisi è totalmente auto-inflitta. Infatti, se l’Autorità Palestinese abbandonasse la sua politica del “pagati per uccidere”, le autorità israeliane non sarebbero più tenute per legge a operare detrazioni dal gettito fiscale. In secondo luogo, le detrazioni operate da Israele rappresentano solo il 6% delle entrate fiscali dell’Autorità Palestinese. Israele ha trasferito il restante 94%, ma l’Autorità Palestinese ha respinto tali fondi. In terzo luogo, l’Autorità Palestinese ha deciso di tagliare gli stipendi dei suoi dipendenti pubblici a causa della crisi finanziaria che si è auto-procurata, ma la decurtazione non si applica ai beneficiari della politica “pagati per uccidere”, cioè ai terroristi. Sicché, mentre i dipendenti dell’Autorità Palestinese che rispettano la legge si sono viste tagliare le retribuzioni, sono rimasti intatti gli stipendi mensili ai terroristi detenuti ed ex detenuti e i vitalizi mensili per quelli feriti e per i famigliari di quelli morti compiendo attentati. L’impressione complessivamente distorta, fornita in modo deliberato dal rapporto della Banca Mondiale, è che Israele trattenga arbitrariamente e senza alcun motivo i fondi dell’Autorità Palestinese, che sarebbe una vittima pura e innocente.

Abu Mazen: “”Quand’anche ci restasse un solo centesimo, sarà speso solo per le famiglie dei martiri e per i prigionieri”

Coerentemente con la sua intenzionale cecità (nel migliore dei casi), o il tentativo deliberato di ingannare la comunità internazionale (nel peggiore), il rapporto aggiunge che un ulteriore fattore causale della crisi finanziaria è il calo degli aiuti esteri. Anche qui, il rapporto ignora l’elefante nella stanza. Dal 2018 l’American Taylor Force Act condiziona centinaia di milioni di dollari di aiuti diretti statunitensi all’Autorità Palestinese all’abolizione da parte di questa della politica “pagati per uccidere”. Ma l’Autorità Palestinese, invece di prendere atto che insistere con la politica premiale verso i terroristi avrebbe comportato la perdita degli aiuti in denaro da parte del suo donatore più generoso, ha respinto il requisito richiesta dagli Stati Uniti. E dopo aver perso gli aiuti, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha proclamato: “Quand’anche ci restasse un solo centesimo, sarà speso per le famiglie dei martiri e dei prigionieri, e solo il resto sarà speso per il resto del popolo” (TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, 24.7.18). Da allora Abu Mazen ha ribadito questo concetto numerose volte (fino all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso 24 settembre ndr). Riaffermando la priorità assoluta della politica “pagati per uccisione” rispetto a qualsiasi aiuto degli Stati Uniti, nel dicembre 2018 l’allora primo ministro dell’Autorità Palestinese Rami Hamdallah ha rinunciato anche a tutti gli aiuti statunitensi rimanenti che non erano subordinati all’abolizione di quella politica. Altri paesi, come l’Australia e l’Olanda, hanno tagliato gli aiuti all’Autorità Palestinese a causa della sua politica premiale verso i terroristi, e paesi come Svezia e Norvegia hanno adottato decisioni simili. Ma il rapporto della Banca Mondiale, così come omette di spiegare il motivo della “detrazione” d’Israele, allo stesso modo sconcertante sorvola totalmente sul fatto che anche il calo degli aiuti esteri è conseguenza diretta della politica “pagati per uccidere” dell’Autorità Palestinese.

E se non bastassero queste cruciali omissioni, il rapporto della Banca Mondiale termina con la raccomandazione che “l’Autorità Palestinese dovrebbe lavorare a stretto contatto con i partner dello sviluppo per identificare ulteriori aiuti esterni in quanto senza di essi una crisi fiscale ed economica non potrà essere evitata”. In altre parole, anziché identificare chiaramente la politica “pagati per uccidere” dell’Autorità Palestinese come il principale ostacolo alla radice della sua crisi finanziaria e raccomandarne l’abolizione immediata, la Banca Mondiale raccomanda spudoratamente che la comunità internazionale continui a finanziare l’Autorità Palestinese e la sua funesta politica a sostegno del terrorismo.

Rapporti distorti come questo, provenienti da organismi internazionali teoricamente neutrali e professionali, rafforzano il pregiudizio contro Israele e incoraggiano la narrativa vittimista dell’Autorità Palestinese. Tali rapporti non fanno nulla per richiamare l’Autorità Palestinese alla responsabilità delle sue scelte e non fanno nulla per promuovere la stabilità di bilancio dell’Autorità Palestinese e la pace per i palestinesi.

(Da: jns.org, 2.10.19)

L’Autorità Palestinese ha deciso venerdì scorso di accettare nuovamente l’ammontare delle entrare fiscali riscosse per suo conto da Israele. Lo hanno annunciato venerdì funzionari sia israeliani che palestinesi. Lo scorso febbraio Israele aveva iniziato trattenere dal gettito fiscale mensile una percentuale (ca. 6%) equivalente ai vitalizi che l’Autorità Palestinese versa ai terroristi detenuti e alle famiglie dei terroristi morti compiendo attentati. Per tutta risposta l’Autorità Palestinese aveva deciso di rifiutare l’intero ammontare, auto-infliggendosi una grave crisi finanziaria. Una portavoce del Ministero delle finanze israeliano ha affermato che, grazie alla marcia indietro annunciata venerdì, l’Autorità Palestinese potrà riscuotere da subito 1,5 miliardi di shekel (circa 430 milioni di dollari). I trasferimenti fiscali da Israele coprono circa la metà del bilancio dell’Autorità Palestinese, secondo i dati del Ministero delle finanze di Ramallah. “Rimane aperta la controversia sugli stipendi alle famiglie di prigionieri e martiri – ha scritto su Twitter Hussein al-Sheikh, ministro palestinese per gli affari civili – Restiamo determinati a versare loro il dovuto a tutti i costi”.
(DA: YnetNews, Israel HaYom, 6.10.19)