Quattro donne e un corvo. Un libro israeliano

A proposito di: Avirama Golan, I corvi, trad. di Ofra Bannet e Raffaella Scardi, Giuntina, Firenze 2007

Di Claudia Rosenzweig

image_1796Avirama Golan (Givatayim 1950) è una nota scrittrice e giornalista israeliana. Collabora regolarmente al più prestigioso quotidiano israeliano, Ha’aretz, e ha curato un programma settimanale di letteratura per il secondo canale della televisione israeliana. I Corvi, apparso in ebraico nel 2004, è il suo primo romanzo, e ha goduto di un grande successo di critica e di pubblico in Israele.
I corvi, che compaiono sin dalla prima pagina, in una citazione tratta dall’Alfabeta de Ben Sira (raccolta di proverbi, accompagnati a volta da racconti, molto diffusa nel Medio Evo), rappresentano un filo rosso che accompagna lo svolgersi dell’azione dall’inizio alla fine del romanzo (ma non ne sveleremo la fine). La trama è costituita infatti da un intreccio di storie di donne e di corvi. I corvi, che si presentano come una allegoria dei rapporti tra madri e figlie, si riveleranno anch’essi personaggi attivi del libro.
I capitoli narrano alternativamente la storia di due famiglie israeliane: la famiglia di Genia e Tsvi, e dei loro figli, Rami e Rivka, e qualla di Didi e Shimon, e della loro figlia Na’amà. Come accennato, il fulcro della narrazione si trova in particolare nell’analisi della relazione complessa e conflittuale tra le madri e le figlie, Genia e Rivka da una parte, e Didi e sua madre Sarka dall’altra. Genia potrebbe essere definita una sopravvissuta, anche se indirettamente: è giunta in Eretz Israel alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, personalmente è dunque sfuggita allo sterminio, ma ha perso tutta la sua famiglia. Sarka è invece una donna dalle convinzione politiche molto chiare, crede fermamente nell’istituzione del kibbutz, ha una fede incrollabile nell’ideologia del movimento socialista. Il romanzo può essere pertanto letto anche come un libro sulla cosiddetta ‘seconda generazione’, quella dei figli dei sopravvissuti, ma è anche e soprattutto il racconto di una generazione post-ideologica, una generazione in fuga dalle ideologie alle quali molte vite sono state sacrificate, una fuga delle figlie dalle madri, una fuga per salvarsi, per respirare, per riscoprire la propria individualità, anche a un prezzo molto elevato. Il rischio è infatti quello di ritrovarsi in un mondo privo di riferimenti e di punti fermi, di rapporti umani difficili, di solitudine e incapacità di comunicare. L’autrice riesce a gestire con equilibrio nel percorso compiuto dai personaggi quella spaventosa carica di distruttività che troviamo in tanta letteratura israeliana femminile degli ultimi anni, e decide di farci intravedere, dopo il furioso conflitto che sembra travolgere tutto, una ritrovata serenità. È forse per questo che il libro può essere definito molto israeliano: vi troviamo ritratta non la Israele del sogno sionista, né lo Stato fondato per dare una casa ai sopravvissuti, non una Israele simbolica, astratta, ma una Israele invece concreta, a volte crudele, nella quale l’individuo lotta per conquistarsi un posto che possa essere libero dalle follie della Storia.

Golan Avirama, I corvi, trad. di Ofra Bannet e Raffaella Scardi, Giuntina, Firenze 2007.