Quegli influencer ignoranti, saccenti e anche un po’ meschini

Quando celebrità con milioni di follower scatenano la mentalità da branco sui social network, la battaglia per un’informazione consapevole è persa in partenza

Di Yulia Karra

Yulia Karra, autrice di questo articolo

Da quando è scoppiata l’ultima guerra a Gaza, quasi due settimane fa, l’hashtag #FreePalestine è diventato il nuovo hashtag di moda. Migliaia, se non milioni, di utenti Twitter, Instagram e Tik Tok hanno condiviso immagini dei combattimenti nella striscia controllata da Hamas, accompagnate da zero informazioni di contesto e, naturalmente, zero riferimenti al terrorismo di Hamas, alle sue raffiche di missili sui civili israeliani, alle sue esplicite intenzioni genocide.

La mentalità da branco impera sui social network, e questo lo sapevamo già. Quello che non sapevamo è che centinaia di celebrità e di influencer da milioni di follower ciascuno sarebbero saltati da ignoranti e sprovveduti sul carro della disinformazione di una presunta battaglia per la giustizia. Celebrità che vivono dall’altra parte del mondo, totalmente prive di una minima conoscenza dei dettagli di una complicatissima situazione geopolitica, e influencer il cui unico merito per essere famosi è pubblicizzare della biancheria intima, hanno tutti colto al volo l’occasione per fare sfoggio di immacolata virtù.

Spiccano fra i tanti le modelle Bella e Gigi Hadid, protagoniste delle campagne per Dior, Maybeline, Michael Kors, Marc Jacobs e molti altri. Per chi non avesse familiarità con la cosiddetta Generazione-Z, le due sono figlie del palazzinaro multimilionario palestinese-americano Mohamed Hadid. Altra loro caratteristica, hanno rispettivamente 42 e 66 milioni di follower su Instagram. Nella vita non hanno mai fatto nulla di notevole a parte essere nate da un padre straricco che ha insegnato loro a odiare gli ebrei. Cioè no, scusate: i sionisti. All’inizio delle violenze a Gaza, Bella Hadid ha pubblicato sul suo account Instagram una serie di post pieni di slogan come “Palestina libera!” e “basta con l’occupazione!”: post che glissavano elegantemente sui particolari di come si potrebbe “liberare la Palestina” se è governata da un gruppo terroristico fanatico deciso a distruggere “l’entità sionista”. Bella Hadid ha anche pubblicato un video di se stessa a un raduno palestinese in cui si gridava “dal fiume al mare”, lo slogan da tutti inteso come un appello per la cancellazione dello stato ebraico dalla carta geografica. Uno dei suoi post è particolarmente inquietante. Si tratta di un’info-grafica a più diapositive che identifica tutti gli israeliani come “coloni” e “colonizzatori” facendo largo uso di accuse ad effetto tipiche della moda woke come “pulizia etnica”, “genocidio” e “apartheid”, tutte facilmente sbugiardabili con un minimo di informazione agevolmente reperibile su internet.

Il post di Bella Hadid che definisce tutto Israele “un gruppo di coloni che colonizza la Palestina”

Ma garantire un minimo di contesto e di controllo dei fatti non è cosa in cui si perdano delle ricche influencer che guadagnano milioni esibendo i loro corpi, un’attività per la quale – vedi l’ironia – rischierebbero di essere ammazzate se vivessero a Gaza o in Cisgiordania. Quell’info-grafica si è diffusa a macchia d’olio. E altre celebrità totalmente incompetenti hanno seguito l’esempio. La cantante britannica Dua Lipa, che si accompagna con il fratello delle Hadid Anwar, ha pubblicato una serie di “storie” che condannano Israele, a beneficio dei suoi oltre 60 milioni di follower su Instagram. E’ la cantante che in passato ha accusato gli israeliani di essere “falsi ebrei” e ha affermato che Hamas è stata creata dal governo israeliano per giustificare “occupazione, oppressione, pulizia etnica e assassinio”. Anche il cantante canadese The Weeknd ha accusato gli israeliani di pulizia etnica condividendo un post anti-israeliano. Ancora una volta, largo uso di slogan, assenza totale di informazioni specifiche o sul contesto.

L’attore Mark Ruffalo ha riempito i suoi feed su Twitter con re-post ripresi fuori contesto da Al Jazeera e da attivisti filo-palestinesi. Ruffalo ha anche pubblicato un breve video dei disordini nella città di Lod in cui si vedono degli estremisti ebrei che lanciano pietre contro un gruppo di arabi. Peccato che Ruffalo si sia dimenticato di includere la parte del video in cui l’ebreo israeliano Yigal Yehoshua veniva picchiato così duramente da quello stesso gruppo di arabi che pochi giorni dopo è morto (né si sarebbe mai preso la briga di ricordare che la famiglia di Yehoshua ne ha donato gli organi, e un rene ha permesso di salvare la vita a una donna araba israeliana ndr).

Anche i conduttori di talk show serali Trevor Noah e John Oliver hanno sentito l’irrefrenabile impulso di intromettersi con le loro tirate da incompetenti, sostenendo entrambi che Israele non dovrebbe reagire agli attacchi missilistici di Hamas perché tanto “non fanno nulla”. Oliver ha anche sostenuto che abbattere edifici a più piani a Gaza usati da Hamas è un “crimine di guerra” (non lo è), minimizzando il lancio di migliaia di razzi contro la popolazione civile, che è il vero crimine di guerra. Oliver ha definito “deprecabili” le innumerevoli raffiche di razzi palestinesi contro i civili, ed è passato oltre.

C’è da chiedersi: perché tutti costoro hanno deciso di condividere con il mondo le loro opinioni da totali incompetenti? Risposta: perché, semplicemente, “non potevano restare in silenzio”. Il che è molto interessante, giacché tutti costoro hanno potuto serenamente restare in silenzio su quasi tutti gli altri conflitti internazionali. Eppure ogni giorno bambini e adulti innocenti vengono trucidati in Siria, Afghanistan, Etiopia, Ucraina, Sudan, Haiti e Colombia, solo per citare qualche esempio (due giorni prima dello scoppio degli scontri a Gaza venivano massacrate in un attentato a Kabul più di 60 ragazzine tra gli 11 e i 15 anni colpevoli solo di essere donne, sciite e studentesse ndr). Ma evidentemente la vita di tutti questi innocenti è molto meno importante, perché non c’è per loro un hashtag abbastanza trendy che fa chic.

(Da: YnetNews, 22.5.21)