Quegli intellettuali un po’ stolti, e molto ipocriti

Sono i rampolli spirituali di quelli che si entusiasmavano per Stalin

di Shaul Rosenfeld

image_2766Le manifestazioni della cosiddetta Settimana mondiale contro “l’apartheid israeliano” si sono aperte quest’anno con il toccante appello della “combattente per la libertà” Leila Khaled a “continuare la lotta armata contro Israele”. Leila Khaled, dirottatrice d’aerei civili ufficiale e ben nota beniamina della sinistra estremista in Europa occidentale, ha pronunciato le sue parole di “riconciliazione, pace e amore fraterno” in un video che è stato mostrato ai partecipanti ad un convegno di studi mediorientali all’Università di Londra, la settimana scorsa.
È possibile che in tempi normali, con accademici e intellettuali sani di mente che non si precipitano a venerare Satana, un appello del genere avrebbe suscitato grande sdegno. Ma questi sono tempi grami, un’epoca in cui gli orrori del mondo sono evidentemente tutti superati con l’unica eccezione delle ingiustizie e dei crimini di Israele, dell’oppressione dei suoi cittadini arabi, delle sue tante conquiste.
E così, persino i sondaggi che indicano che più di un terzo degli studenti musulmani britannici giustificano l’assassinio in nome della religione non possono sopraffare il “patto di sangue” che si sta saldando fra le “forze del progresso” dell’est e dell’ovest.
Bando agli equivoci, per carità: gli insediamenti di Kedumim e Ariel e Beit El non sono la principale preoccupazione dei partecipanti a quelle manifestazioni. Secondo il “programma” degli eventi della Settimana, i partecipanti dedicano la maggior parte delle loro attenzioni alla “intollerabile combinazione” data da uno stato ebraico, l’uguaglianza di cui gli arabi israeliani sarebbero deprivati, il ritorno di tutti i profughi (arabi) alle loro case e, naturalmente, l’Operazione Piombo Fuso che, come si sa, è piovuta addosso ad una striscia di Gaza senza macchia e senza colpa.
In tempi come questi pare logico che studenti delle associazioni della London School of Economics e del Queen Mary College stringano un gemellaggio con l’Università Islamica di Gaza, quella che fra l’altra funziona da laboratorio per lo sviluppo degli esplosivi dei terroristi, quella i cui migliori laureati eccellono nel lancio di Qassam sui civili di Sderot e dintorni giusto subito dopo aver buttato giù da qualche tetto di Gaza i loro fratelli di Fatah.
E così assistiamo al revival della gloriosa partnership di un tempo fra gli intellettuali “liberal”, che sembrerebbero i più preoccupati per l’eguaglianza e la democrazia, per i diritti umani e civili e per lo status delle donne e della minoranze, e la setta degli zeloti islamisti, che brutalmente calpestano tutti quei valori, e altri ancora, e che nondimeno si accompagnano benissimo insieme, nei verdi campus di Londra, ansiosi di fare proprie le parole di Leila Khaled e di ascoltare attentamente alcuni dei più raffinati concetti enunciati da altri esponenti dell’illuminato islamismo.
Per la verità, nulla di veramente nuovo sotto il sole. Un tempo era il georgiano Stalin, “sole dei popoli”, noto assassino di massa, che accendeva l’immaginazione social-comunista dei migliori esponenti della sinistra estremista occidentale. Ora sono i rampolli spirituali di quegli “utili idioti” – che si presentino con la bandiera di attivisti anti-globalizzazione, pro-anarchici, neo-marxisti, guevaristi, anti-sionisti, o semplicemente normali antisemiti sottoforma di anti-israeliani – oggi sono loro che ogni benedetto giorno si dedicano alla santa opera di condannare il mostro Israele.
In passato abbiamo visto un fiero socialista come George Bernard Shaw parlare positivamente dei processi-farsa di Stalin sostenendo che nessuno avrebbe dovuto nutrire il minimo dubbio sulla colpevolezza degli accusati. Allo stesso modo oggi vediamo Noam Chomsky che trova il modo di rendere onore a quel grande umanista libanese che è il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah.
In passato abbiamo visto il periodico ufficiale del partito israeliano Mapam che, listato a lutto per la morte di Stalin nel 1953, a proposito della scomparsa del massacratore di massa antisemita Joseph Vissarionovich parlava del “profondo dolore provato in questo momento da tutti i paesi socialisti, e nel cuore di ogni persona amante della pace ovunque nel mondo”.
È esattamente così che Hannah Arendt trovò il modo di inorridire per il male umano, e allo stesso tempo studiare sotto la guida del nazista Martin Heidegger. Allo stesso modo una irriducibile femminista come Judith Butler può entusiasticamente appoggiare il boicottaggio contro Israele e poi andare a Ramallah e Jenin a condividere con gli arabi del posto le sue perle di saggezza sulle questioni di genere e sui diritti delle donne, mentre appena fuori la sala della sua conferenza gli oggetti delle sue lezioni si aggirano coperte da veli, burka e hijab.
E là dove la deformazione ideologica non è sufficiente, ecco che arrivano i denari islamici a completare il quadro. E così, una illustre istituzione accademica come la Columbia University di New York non trova nessun remora morale nel prendere soldi dalla Alavi Foundation, che stanzia centinaia di migliaia di dollari per studi su Medio Oriente e Iran purché l’università in questione ingaggi docenti che sostengono il regime iraniano. Allo stesso modo, il principe saudita al-Walid Bin Talal può versare centinaia di milioni di dollari a varie università occidentali, compresa Oxford, influenzando in questo modo drammaticamente i risultati di un bel po’ di studi riguardanti il conflitto arabo-israeliano.
“Certe idee sono così stupide che solo un intellettuale può prenderle per buone” scrisse una volta George Orwell, dimenticando per un momento che la stoltezza di certi intellettuali non arriva alle dimensioni della loro ipocrisia.

(Da: YnetNews, 5.3.10)

Nelle foto, dall’alto: La terrorista Leila Khaled ai tempi dei dirottamenti aerei (fine Anni ’60 – primi anni ’70); Leila Khaled oggi; Leila Khaled trasformata in icona degli attivisti anti-israeliani