Quei campioni dei diritti umani osannati da Hamas

Nessun esercito è esente da errori e irregolarità, ma mettere in mostra queste deviazioni senza prove, senza contesto e senza confronti è opera di manipolazione

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Il rapporto pubblicato di recente dall’organizzazione “Breaking the Silence” suscita echi in tutto il mondo. Non è semplicemente incantevole predicare i diritti umani? Si tratta in effetti di una posizione molto ambita. Il problema è che qui abbiamo a che fare con un altro pezzo di un grande imbroglio, un altro anello della catena che mira a trasformare Israele in un mostro vivente, un altro sprone alla campagna per il boicottaggio e le sanzioni anti-Israele. Perché un imbroglio?

Primo. Quando Israele viene accusato di colpire civili, o quando si parla di proporzionalità, ci si deve chiedere: quali sono i confronti? Si scopre che non vengono mai fatti confronti, e non per caso. Perché ogni confronto comparativo dimostra senza ombra di dubbio che Israele provoca meno vittime civili di quelle che si registrano su altri campi di battaglia analoghi. Sì, si registra qua e là qualche segnalazione di elevati numeri di vittime civili altrove: ma non vengono lanciate campagne, dai campus universitari al boicottaggio nei supermercati, farcite di orribili immagini e resoconti di incidenti sostanzialmente anomali o involontari che vedano implicate forze inglesi, americane, europee o della Nato sui più vari teatri di guerra (e non menzioniamo nemmeno le altre guerre mediorientali, come quelle in corso in Libia, Siria, Yemen ecc.).

Secondo. Anche un paese come la Gran Bretagna ha delle organizzazioni che militano contro la guerra. Ma nessun paese straniero finanzia la pubblicazione di testimonianze di soldati britannici reduci da zone di conflitto. Allora, perché diavolo la Gran Bretagna si permette di finanziare Breaking the Silence? Perché gli inglesi pensano che sia morale la loro doppia morale?

Soldati israeliani reintrano dai combattimenti contro la roccaforte di Hamas nel quartiere Shujaiyeh (Gaza, luglio 2014)

Soldati israeliani reintrano dai combattimenti contro la roccaforte di Hamas nel quartiere Shujaiyeh (Gaza, luglio 2014)

Terzo. Altri quattro paesi – Svizzera, Paesi Bassi, Svezia e Danimarca – finanziano un’organizzazione con sede a Ramallah che si chiama Human Rights and International Humanitarian Law Secretariat, che a sua volta finanzia Breaking the Silence. Questo Secretariat finanzia anche gruppi come Al-Haq, BADIL, Al-Mizan e altri ancora che fanno parte a pieno titolo della campagna per il boicottaggio e le sanzioni anti-Israele. Qui non si tratta più di critiche a questa o quella politica di Israele, ma di una ideologia che si oppone all’esistenza stessa di Israele. Questo è l’ambiente ideologico da cui scaturisce il rapporto di Breaking the Silence.

Quarto. Breaking the Silence rifiuta di rivelare l’identità dei denuncianti, nonostante il fatto che in Israele nessuno sia mai stato rimproverato o punito per aver reso tali testimonianze. Le Forze di Difesa israeliane vorrebbero esaminare le testimonianze e indagare le denunce, ma l’organizzazione non cede: non c’è modo di verificare né confutare tali testimonianze. Dunque, come possono essere prese sul serio?

Quinto. L’esercito israeliano non è perfetto, e non tutti i soldati israeliani sono angeli. Alcune delle affermazioni riportate da Breaking the Silence potrebbero essere vere. Si verificano comportamenti irregolari in tutti gli eserciti del mondo e su tutti i campi di battaglia. Ma quando queste deviazioni dalla norma vengono mette in mostra senza alcun contesto di sfondo, senza prove, senza un quadro comparativo, senza ricordare ad esempio il fatto che un documento diffuso da Hamas ordinava ai suoi combattenti di farsi scudo con la popolazione civile e nascondersi nei centri abitati, allora il rapporto di Breaking the Silence non è solo un imbroglio: è una manipolazione.

“Siano benedette tutte le commissioni, gli individui, i gruppi della società civile e le organizzazioni per i diritti umani che si sono adoperate per spezzare l’assedio di Gaza e che si sono battute contro il muro e gli insediamenti. Ricordiamo sempre i liberali di tutto il mondo che si sono schierati con la nostra causa e contro la guerra sionista sulla nostra terra”. Così si è espresso il capo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, in un discorso dell’ottobre del 2013. Lo stesso discorso in cui Haniyeh chiariva per l’ennesima volta che Hamas si oppone a qualsiasi soluzione politica del conflitto e che la battaglia è per “tutta la Palestina” (con l’eliminazione di Israele). Si racconta che Vladimir Lenin abbia pronunciato un discorso simile circa certi suoi sostenitori. Ma Lenin non li chiamava “attivisti per i diritti umani”, li chiamava con il loro vero nome: utili idioti.

(Da: YnetNews, 9.5.15)

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