Quel luogo santo più volte profanato e vandalizzato. Dai palestinesi

Le ripetute e impunite aggressioni a siti religiosi che sono sotto controllo dell’Autorità Palestinese mostrano perché è meglio che la responsabilità di proteggerli rimanga in capo a Israele e non a un organismo palestinese su cui non si può fare affidamento

Di Alan Baker

Alan Baker, autore di questo articolo

La notte del 9 aprile decine di facinorosi palestinesi hanno vandalizzato a Nablus (Sichem) il luogo sacro ebraico noto come la Tomba di Giuseppe. I violenti hanno dato fuoco al sito, hanno distrutto il cenotafio sopra la tomba, l’impianto di illuminazione elettrica e altre attrezzature all’interno dell’area del sepolcro, e hanno bruciato libri di preghiere. Il giorno successivo sono tornati per devastare ciò che avevano tralasciato la notte precedente.

Già in passato il sito è stato oggetto di attacchi simili. Durante le violenze del 2000, un agente di polizia israeliano, Madhat Yussef, venne ferito a colpi d’arma da fuoco e lasciato morire dissanguato durante le ore in cui l’Autorità Palestinese impediva l’ingresso al personale medico israeliano. Nel 2015 il luogo santo è stato di nuovo gravemente danneggiato da un incendio doloso appiccato da “manifestanti” palestinesi.

Siccome Nablus si trova all’interno della zona popolata da palestinesi definita Area A nell’Accordo ad interim israelo-palestinese del 1995, comunemente noto come “Oslo 2”, essa cade sotto la giurisdizione e il pieno controllo dell’Autorità Palestinese.

Il carattere di luogo santo della Tomba di Giuseppe deriva dal riferimento nel Libro di Giosuè, capitolo 24, versetto 32: “E le ossa di Giuseppe, che gli israeliti avevano portato dall’Egitto, furono sepolte a Sichem, nel tratto di terra che Giacobbe aveva acquistato per cento sicli d’argento dai figli di Camor, padre di Sichem, e che i figli di Giuseppe avevano ricevuta in eredità”. Riferimenti storici e biblici alla Tomba, tra cui studi e resoconti di pellegrini, confermano la posizione nell’area di Nablus.

La Tomba di Giuseppe data alle fiamme da dimostranti palestinesi nell’ottobre 2015

Alla luce dell’importanza religiosa e del loro carattere molto sensibile sia per i palestinesi che per gli israeliani, i luoghi santi – siano essi tombe, sepolcri, luoghi di culto o altri luoghi sacri correlati – sono oggetto di particolare rispetto e godono di uno status protetto da entrambe le parti. Lo status della Tomba di Giuseppe e la responsabilità dell’Autorità Palestinese di proteggerla e di proteggere coloro che la visitano sono stati concordemente stabiliti nell’Accordo ad interim del 1995, che la elenca specificamente come luogo sacro degli ebrei nella quarta appendice, insieme alla sinagoga “Shalom Al Israel” di Gerico. Nel Protocollo accluso come Allegato I all’Accordo ad interim, relativo a “Disposizioni per il ridispiegamento e la sicurezza”, l’articolo 5 comma 2 prevede che “la protezione dei luoghi santi ebraici, così come delle persone che li visitano, sarà sotto la responsabilità della polizia palestinese”.

In base all’accordo, questa responsabilità complessiva palestinese deve essere mantenuta e supervisionata da “Unità mobili congiunte” composte da veicoli della polizia palestinese e delle forze di sicurezza israeliane, con il compito, secondo lo stesso articolo, di garantire una risposta rapida in caso di incidenti e situazioni di emergenza, nonché di garantire accesso libero, sicuro e senza impedimenti al luogo sacro ebraico in oggetto, e garantire l’uso pacifico di tali siti prevenendo casi di potenziale disordine e reagendo a ogni incidente. L’accordo prevede anche, al punto c dell’articolo 5 comma 2, che “data la loro natura religiosa ebraica, possono essere presenti all’interno di tali siti guardie israeliane in borghese”.

Madhat Yusuf, l’agente arabo-druso della polizia israeliana assassinato alla Tomba di Giuseppe il primo ottobre 2000

A quanto pare sin dal 2000, in seguito all’assassinio del poliziotto israeliano Madhat Yussef, le disposizioni dell’Accordo ad interim sulle unità mobili congiunte e sulla risposta rapida agli incidenti e alle situazioni di emergenza non vengono applicate. Tuttavia, specifiche visite periodiche alla Tomba vengono coordinate tra le rispettive autorità di sicurezza nell’ambito della loro cooperazione in materia di sicurezza, al fine di garantire la sicurezza e la prevenzione di incidenti violenti.

Dato il carattere estremamente sensibile di tutti i siti religiosi sia per i palestinesi che per gli israeliani, e alla luce dell’eccezionale significato religioso di un periodo come quello attuale che vede coincidere il mese sacro musulmano del Ramadan, la festa della Pasqua ebraica e la festa della Pasqua cristiana, sarebbe tanto più doveroso per la dirigenza palestinese adempiere alle sue responsabilità così come concordate negli Accordi di Oslo, per prevenire atti vandalici e profanazioni di un luogo santo ebraico, o di qualsiasi altra religione, che ricade sotto la sua autorità.

Le aggressioni a siti religiosi che si ripetono impunemente e che l’Autorità Palestinese avrebbe il dovere di prevenire e contrastare costituiscono una forte indicazione del motivo per cui è raccomandabile che la responsabilità di proteggerli rimanga in capo a Israele e non venga affidata a un organismo governativo palestinese su cui non si può fare affidamento, come si è visto in ripetute occasioni.

(Da: jns.org, 12.4.22)

Aprile 2022: la Tomba di Giuseppe nuovamente profanata e vandalizzata da violenze palestinesi