Quel ragionamento che pare attendibile ma non fa i conti con la realtà

Riconoscere ora lo “stato di Palestina" significa gettare tutta la colpa del conflitto sulle spalle di Israele ignorando il ruolo decisivo giocato dai palestinesi nel perpetuarlo

Editoriale del Jerusalem Post

«Noi condividiamo l’opzione della resistenza (armata) in tutte le sue forme». Sultan Abu Al-Einein, consigliere del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), alla tv ufficiale palestinese lo scorso 23 settembre. Clicca l’immagine per il video (con sottotitoli in inglese)

Dietro ai voti “simbolici” del parlamento britannico e alle dichiarazioni del neo primo ministro svedese Stefan Löfven (sul riconoscimento unilaterale dello “stato palestinese” senza un accordo negoziato con Israele) c’è un ragionamento che sembra lineare ed è invece alquanto contorto. Suona più o meno così. La questione territoriale sta al cuore del conflitto tra Israele e palestinesi, in particolare l’”occupazione” israeliana di Cisgiordania e striscia di Gaza. Se Israele rinunciasse al suo controllo su questi territori, il conflitto avrebbe termine. Dunque, se la Gran Bretagna e altre nazioni riuscissero a costringere Israele a ritirarsi con la decisione di riconoscere unilateralmente lo “stato di Palestina” sulle linee armistiziali del 1949, esse porrebbero fine al conflitto mediorientale.

Purtroppo questo ragionamento è sbagliato, e per una serie di motivi.

In primo luogo Hamas – oggi verosimilmente il movimento politico più popolare nella società palestinese – rifiuta l’esistenza stessa di Israele entro qualunque confine.

In secondo luogo, entrambi i leader dell’Olp – Yasser Arafat e il suo successore, il presunto “moderato” presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) – hanno seccamente respinto diverse proposte di compromesso che avrebbero dato ai palestinesi il controllo su più del 90% di Cisgiordania e striscia di Gaza.

E poi c’è il fatto che in questo modo si finisce per giustificare il più violento e spietato terrorismo come se fosse una “comprensibile” reazione all'”occupazione”. Secondo questo ragionamento, infatti, quando i rappresentanti ufficiali dell’Autorità Palestinese e i suoi mass-media glorificano i terroristi, alimentano l’odio contro Israele sin dalle scuole elementari, negano qualunque legame storico fra ebrei e Terra d’Israele e rifiutano esplicitamente di riconoscere la sovranità israeliana su città come Jaffa, Haifa e Acri; quando i terroristi di Hamas sparano razzi e colpi di mortaio su cittadini israeliani innocenti e insistono a usare materiali come cemento e metallo per costruire tunnel terroristici da usare per compiere attentati contro le comunità israeliane che si trovano attorno alla striscia di Gaza, facendo tutto questo non fanno altro che “battersi contro l’occupazione”.

«E’ nobile, puro e modesto: un angelo; eroe tra gli eroi e un leader. Se Allah non lo avesse amato, non l'avrebbe onorato con il Martirio». Lo dice la madre di Marwan Al-Qawasmi, uno dei terroristi di Hamas che hanno sequestrato e assassino nel giugno scorso tre adolescenti israeliani. L’intervista è stata trasmessa il 23 settembre dalla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese, la cui conduttrice ha definito “shahids” (martiri), i due terroristi. Clicca l’immagine per il video (con sottotitoli in inglese)

«E’ nobile, puro e morigerato: un angelo, eroe tra gli eroi e un leader. Se Allah non lo avesse amato, non l’avrebbe onorato con il Martirio». Lo dice la madre di Marwan Al-Qawasmi, uno dei terroristi di Hamas che hanno sequestrato e assassino nel giugno scorso tre adolescenti israeliani. L’intervista è stata trasmessa il 23 settembre dalla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese, la cui conduttrice ha definito “shahid” (martiri) i due terroristi. Clicca l’immagine per il video (con sottotitoli in inglese)

E quando Israele tenta di difendersi mettendo in atto un blocco attorno alla striscia di Gaza per impedire a Hamas di farvi entrare razzi, esplosivi e materiali per costruire i tunnel terroristici, viene accusato di “occupare” Gaza anche se da Gaza si è ritirato sin dal 2005. E quando Israele manda i suoi soldati a Gaza per distruggere i tunnel e i razzi che i terroristi di Hamas piazzano deliberatamente all’interno di aree abitate sparando contro Israele da scuole e ospedali per aumentare il più possibile le vittime civili, sono le Forze di Difesa israeliane, e non Hamas, che vengono accusate di “crimini di guerra”.

La verità è che se i palestinesi avessero scelto i loro leader in base alla loro capacità di costruire, e non in base alla loro reputazione di guerrieri; se avessero preteso un governo meno corrotto che tutelasse i diritti dei palestinesi, invece di un governo che esalta i terroristi e incita alla guerra contro Israele; se si fossero dati da fare per andare avanti e progredire, anziché fermarsi in eterno nell’autocommiserazione vittimistica, la pace sarebbe arrivata già da parecchio tempo.

Non è troppo tardi per cambiare rotta. Ma chi sceglie di riconoscere ora lo “stato di Palestina”, sceglie di ignorare tutto questo: sceglie di gettare ingiustamente tutta la colpa del conflitto sulle spalle di Israele, ignorando il ruolo determinante giocato dai palestinesi nel perpetuarlo.

(Da: Jerusalem Post, 15.10.14)