Quel totale disastro chiamato Unrwa: la storia di Malik

Chiunque si consideri amico dei palestinesi dovrebbe riflettere sulla vicenda di questo giovane costretto da Onu e capi palestinesi a vivere per sempre da "profugo" in Libano

Di Debbie Hall

Debbie Hall. autrice di questo articolo

Malik* è nato in Libano. Anche i genitori di Malik sono nati in Libano. Ma Malik, i suoi genitori e tanti altri che vivono in Libano da generazioni non sono cittadini libanesi. Malik, che in vita sua non ha mai messo piede in Israele o in Palestina, sa solo che i suoi nonni lasciarono la terra d’Israele/Palestina durante la guerra del 1948 e fuggirono in Libano, uno dei paesi arabi che avevano attaccato il neonato stato d’Israele. A causa dello status di “palestinese” della sua famiglia, viene loro negata la cittadinanza libanese anche se vivono lì da 74 anni.

Il sogno di Malik è lavorare nel settore sanitario. Vorrebbe diventare igienista dentale o fisioterapista o tecnico dei raggi X, tutte degnissime professioni assai preziose per qualsiasi società. Ma poiché è un palestinese in Libano, non può lavorare in questi settori. Sono più di 70 le professioni il cui accesso è vietato ai palestinesi nati in Libano. Inoltre, non può beneficiare del sistema educativo libanese gratuito che è disponibile per le persone di famiglia libanese. A causa del suo status di palestinese in Libano, Malik si vede sbarrate molte possibilità di riuscire a realizzare le sue aspirazioni.

Siccome è palestinese, la vita di Malik in Libano è predeterminata in base al suo status. È predestinato a ricevere un’istruzione limitata, è predestinato a rimanere finanziariamente vulnerabile, è predestinato ad avere accesso a cure mediche di qualità inferiore. Malik ha fatto appello a chiunque volesse ascoltare per aiutare sua zia che era in coma. Sua zia aveva bisogno di un trapianto di polmoni, ma non avevamo modo di sapere se figurasse su una lista di pazienti in attesa trapianti perché, in quanto palestinese in Libano, la sua assistenza sanitaria era gravemente limitata. Sua zia è morta senza trapianto.

Un campo profughi in Libano dove i palestinesi sono costretti a vivere dalla politica dell’Onu e di governanti arabi e palestinesi

Nelle mie conversazioni con Malik, ovviamente la mia domanda successiva è stata: “Dunque, come possiamo farti uscire dal Libano?”. Non mi aspettavo la risposta che ho ricevuto. Dato che siamo nel bel mezzo dell’invasione russa dell’Ucraina, ho esaminato cosa c’è a disposizione dei profughi ucraini nella speranza che qualcosa fosse disponibile anche per Malik, ma non è così semplice. L’agenzia che sovrintende ai profughi ucraini è la stessa che si è occupata delle persone in fuga dall’Europa dopo la Shoà, di quelle in fuga dall’Iraq nel 2002, di quelle in fuga dall’Afghanistan nel 2021. È l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNCHR), fondato nel 1950 per contribuire a fronteggiare gli enormi e drammatici flussi di profughi causati dalle conseguenze della seconda guerra mondiale. Attraverso l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, i profughi possono richiedere asilo e ottenere una serie di bisogni primari come cibo, cure mediche e alloggio. Ove necessario, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati cerca di agevolarne l’inserimento nelle società in cui vivono.

Ma i palestinesi non possono ricorrere all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Loro, e solo loro, sono rigorosamente confinati all’assistenza dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi. Questa organizzazione esiste principalmente per fornire istruzione ai palestinesi che vivono nei territori palestinesi (e che hanno il loro governo, per cui non è chiaro come mai l’agenzia continui ad assisterli dal momento che tecnicamente non sono profughi) e a quelli che vivono nei campi profughi in Libano, Giordania e Siria. In misura più limitata, una percentuale estremamente ridotta del budget viene utilizzato per fornire assistenza medica e servizi sociali. Sotto l’ombrello dell’Unrwa non ci sono meccanismi volti ad aiutare i profughi palestinesi a chiedere asilo, integrazione e cittadinanza in nessun altro paese.

I testi scolastici dell’Unrwa insegnano a palestinesi di terza e quarta generazione che la loro condizione di “profughi per nascita” potrà essere superata solo con la cancellazione di Israele dalla carta geografica

Quindi, a causa di questo mandato votato nel 1949 dalle Nazioni Unite per provvedere ai profughi palestinesi istituendo l’Unrwa, a quattro generazioni di palestinesi che vivono fuori dai territori palestinesi è proibito chiedere asilo in qualsiasi altra parte del mondo: persino nei territori governati dai palestinesi dal 1995 (in Cisgiordania) e dal 2005 (nella striscia di Gaza). Pertanto, anziché fare appello all’Unrwa per trasferirsi nelle città palestinesi sotto governo palestinese come Ramallah o Nablus, i profughi palestinesi che vivono nei campi in Siria, Libano o Giordania sono costretti (dall’Onu) a rimanere dove si trovano e a vivere in quelle condizioni per sempre. O fino a quando la dirigenza palestinese si degnerà di accettare l’esistenza di Israele e di concludere un accordo di pace definitivo in modo che la vita di milioni di palestinesi che vivono nel limbo dei campi profughi da più generazioni possa finalmente trovare rispetto e venga loro aperta una strada per realizzarsi. Un’altra opzione sarebbe che i governi di Libano, Siria e Giordania concedessero la cittadinanza ai profughi palestinesi che vivono nei loro territori in modo che queste persone possano finalmente vivere una vita dignitosa. Una terza opzione sarebbe che l’Unrwa venisse sciolta o perlomeno riorganizzata in modo tale da fornire esclusivamente servizi sociali consentendo tuttavia ai palestinesi di chiedere asilo sotto gli auspici dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (come tutti gli altri profughi del mondo). Una quarta opzione sarebbe permettere loro di stabilirsi nei territori palestinesi (oggi sotto governo palestinese), visto che l’impossibilità di farlo fu il motivo addotto in origine per la creazione dell’Unrwa.

Il che suscita la domanda: perché i profughi palestinesi in Libano, Siria e Giordania non furono accolti  in Cisgiordania quando era sotto occupazione giordana, dal 1948 al 1967? Cosa aspettava l’Onu? Perché istituì questa agenzia quando la Giordania controllava quello che era allora e che sarebbe diventato territorio palestinese? Stava forse aspettando che Israele venisse sconfitto e sbaragliato? Tutta la colpa per le condizioni di questi esseri umani (e dei loro discendenti) è stata gettata su Israele benché l’unica colpa di Israele fosse quella di essere stato attaccato alla nascita e di continuare ad esistere dopo essersi difeso.

C’è una parziale eccezione per i siro-palestinesi, vale a dire i palestinesi che si trovavano nei campi in Siria, ma sono sfollati a causa della guerra civile che imperversa in quel paese. In misura molto limitata, quei palestinesi hanno potuto chiedere e ottenere asilo in Europa non in quanto palestinesi, ma in quando “profughi dalla Siria”.

Nessuna di queste opzioni è disponibile per Malik, oggi o nel prossimo futuro. Lui è solo un giovane che non prova astio né rancore verso nessuno e che vorrebbe vivere serenamente la propria vita. È fermissimo nel condannare l’antisemitismo e lo è altrettanto nel condannare l’odio anti-palestinese. Penso che lo sia perché si rende conto che solo quando ci sarà pace fra i due popoli la sua vita potrà migliorare.

A rendere tutto più difficile, capita che Malik sia gay. Sa di essere gay da quando aveva 10 anni, ma non può vivere nessuna storia sentimentale né dire a nessuno della sua famiglia o nel suo campo profughi che è gay, altrimenti verrebbe ucciso.

L’Unrwa è così inefficiente per i palestinesi che Malik non conosce nemmeno la sua vera età. Secondo il suo documento d’identità ufficiale ha una certa età sotto i 25 anni, ma i suoi genitori dicono che la data è sbagliata. Quindi l’Unrwa non è riuscita a fare per Malik nemmeno questo: e questa sarebbe la gente incaricata di prendersi cura dei profughi palestinesi (e dei loro discendenti).

Uno come Malik ha diritto all’asilo (e a una cittadinanza). Gli piacerebbe venire negli Stati Uniti per studiare, lavorare, trovare l’amore e condurre una vita piena e serena. Ma non c’è letteralmente nessun modo perché lo possa fare senza qualcuno di molto potente che usi la propria influenza e muova le conoscenze giuste. Ho scritto questo articolo anche nella speranza che qualcuno che mi aiuti ad aiutare questo meraviglioso giovane.

(*) Malik non è il vero nome, ma uno pseudonimo usato per proteggere la sicurezza del giovane. Alcuni dettagli della sua storia sono stati leggermente modificati per evitare che possa essere identificato.

(Da: Times of Israel, 21.6.22)