Quella enorme trasformazione nascosta in pochi dati demografici

I continui appelli alla distruzione di Israele e l'intramontabile antisemitismo dimostrano che alcuni atteggiamenti verso gli ebrei non sono cambiati. Ciò che è cambiato sono gli ebrei

Di Herb Keinon

Herb Keinon, autore di questo articolo

È un comunicato stampa apparentemente innocuo di meno di 250 parole, che riporta i dati demografici che l’Ufficio Centrale di Statistica israeliano pubblica ogni anno in occasione della Giornata della Memoria della Shoà, che quest’anno si celebra in Israele giovedì 28 aprile. E tuttavia è un comunicato stampa di enorme portata, che suscita sia lacrime che plausi. Con poche cifre demografiche, mostra i drammatici cambiamenti che il popolo ebraico ha subito negli ultimi 83 anni dal 1939, vigilia della seconda guerra mondiale, e illustra anche la grande forza di rinnovamento esercitata dal sionismo sulla condizione ebraica.

Innanzitutto, i numeri che suscitano lacrime. A ottantatré anni dall’inizio della seconda guerra mondiale e dalla Shoà, il popolo ebraico non si è ancora ripreso. Secondo i dati dell’Ufficio Centrale di Statistica, basati su cifre dell’Avraham Harman Institute of Contemporary Jewry dell’Università di Gerusalemme, alla fine del 2020 la popolazione ebraica mondiale contava 15,2 milioni di persone. Per contro, nel 1939 la popolazione ebraica mondiale contava 16,6 milioni di persone. A causa di Hitler e del nazismo, oggi vi sono ancora 1,4 milioni di ebrei in meno rispetto al 1939: una diminuzione del 9,2%. La popolazione mondiale nel suo complesso, invece, nello stesso periodo è passata da 2,3 miliardi a 7,9 miliardi: un aumento di quasi il 250%. A ottantatré anni di distanza, la popolazione ebraica mondiale non ha ancora raggiunto il livello di prima della Shoà. In questo semplice dato è racchiusa l’enormità della catastrofe e della perdita. Questa è la notizia terribilmente triste celata nei numeri del comunicato.

La mattina di Yom HaShoà, al suono delle sirene, tutto Israele si ferma per due minuti di raccoglimento in memoria delle vittime dello sterminio nazista

Ma qual è la notizia buona, la notizia sulla forza di rinnovamento che suscita plauso? E’ che durante questo periodo la popolazione ebraica in Israele è passata dalle 449.000 persone del 1939 ai 6,9 milioni di oggi. Si tratta di un fatto straordinario, qualcosa che ha cambiato la vita ebraica e la condizione ebraica in modo irriconoscibile. Se nel 1939 avessimo detto ai nostri nonni o bisnonni che nell’arco di un’ottantina d’anni il centro del mondo ebraico e della vita ebraica sarebbero stati Gerusalemme e Tel Aviv e non New York, Varsavia, Budapest o Londra, ci avrebbero deriso e presi per pazzi. Invece eccoci qua.

Se nel 1939 solo il 3% della popolazione ebraica mondiale risiedeva in quello che oggi è Israele, un dato salito al 6% (650.000 persone) alla vigilia della nascita dello stato nel 1948, oggi quel dato è al 45%. E questo nonostante le guerre, il terrorismo e le continue minacce di annientamento. Nonostante il ricorrente timore, nel corso degli anni, che nessuno avrebbe voluto venire a vivere in un paese costantemente minacciato, e gli allarmi secondo cui dover vivere costantemente armi in pugno avrebbe messo in fuga quelli che erano già qui. Nonostante il martellante annuncio, nel corso dei decenni, che la difficoltà del vivere qui avrebbe portato a una massiccia yeridà (emigrazione), che le limitate opportunità avrebbero portato a una “fuga di cervelli” e che l’alto costo della vita avrebbe costretto la gente a cercare pascoli più verdi e a giocarsi la sorte altrove. Nonostante tutto questo, quella che si è ridotta non è la popolazione ebraica in Israele, ma la popolazione ebraica nella Diaspora.

La raccolta degli esiliati continua. Negli ultimi due mesi, 15.000 ebrei si sono trasferiti qui da Ucraina, Russia e Bielorussia. Nel 1939, secondo l’Annuario ebraico americano di quell’anno, c’erano 41 paesi con una popolazione ebraica di 25.000 o più persone (compresi almeno 8 paesi arabi ndr). Oggi sono 17 (tra cui nessun paese arabo ndr). Se nel 1939 c’erano 24 paesi con comunità ebraiche superiori a 70.000 persone (compresi 5 paesi arabi ndr), oggi ce ne sono solo 10 (tra cui nessun paese arabo ndr). La Diaspora si contrae, mentre la popolazione ebraica in Israele si espande. E quel 45% di ebrei che vivono in Israele hanno costruito uno stato forte, fiorente, prospero, pieno di vita e indipendente, che ha cambiato il tono e il tenore della vita ebraica.

“Un tempo le tronfie minacce degli autocrati antisemiti atterrivano il popolo ebraico. Ora non più. Gli appelli alla distruzione di Israele e l’antisemitismo dimostrano che alcuni atteggiamenti verso gli ebrei non sono cambiati. Ma sono cambiato gli ebrei”

I primi sionisti sognavano di creare un nuovo tipo di ebreo in Terra d’Israele: fiducioso, forte, fiero e sicuro di sé. Ci sono riusciti al di là di ogni più audace immaginazione. Se Israele ha cambiato il modo in cui il mondo vede l’ebreo, e indubbiamente lo ha fatto, ha anche cambiato l’immagine di se stessi che hanno gli ebrei. Quando il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha affermato la scorsa settimana che l’Iran “colpirà al cuore il regime sionista” se Israele oserà “fare una minima mossa” contro il suo paese, forse pensava di far tremare le ginocchia a tremebondi ebrei: se è così, allora vuol dire che vive in un altro secolo. Un tempo le tronfie minacce degli autocrati antisemiti atterrivano il popolo ebraico. Ora non più.

Perché no? Perché gli ebrei che si sono radunati in Israele dal 1939 hanno sviluppato la capacità di difendersi da qualsiasi tentativo del genere. Gli antisemiti del mondo non ci spaventano più come una volta perché la condizione dell’ebreo, grazie a Israele, è radicalmente cambiata. Gli attuali appelli alla distruzione di Israele e l’antisemitismo, che non muore mai, dimostrano che alcuni atteggiamenti nei confronti degli ebrei non sono cambiati. Ma ciò che è cambiato sono gli ebrei.

E il cambiamento è racchiuso in quella cifra nel comunicato stampa dell’Ufficio Centrale di Statistica emesso alla vigilia della Giornata della Memoria della Shoà: dal 1939 ad oggi la popolazione ebraica di Israele è cresciuta da 449.000 a 6,9 milioni. Questa cifra – un aumento del 1.437% – è sbalorditiva, ed è il principale fattore responsabile della radicale trasformazione del popolo ebraico e della condizione ebraica dopo la Shoà.

(Da: Jerusalem Post, 26.4.22)

L’aereo coi sopravvissuti alla Shoà in fuga dall’Ucraina, mercoledì sera sulla pista dell’aeroporto Ben Gurion

Mercoledì sera, all’inizio della celebrazione di Yom HaShoà (Giornata della Memoria delle vittime e degli eroi dell’Olocausto), è atterrato in Israele un aereo con a bordo nove sopravvissuti alla Shoà in fuga dall’Ucraina, insieme a una dozzina di altri profughi portati in Israele dal gruppo di soccorso Zaka. L’aereo è stato raggiunto sulla pista da ambulanze per prendere in consegna i passeggeri anziani e infermi e portarli direttamente alle strutture di cura. La ministra israeliana dell’immigrazione, Pnina Tamano-Shata, ha personalmente ricevuto i profughi e ha sottolineato il profondo valore simbolico del volo. “Se durante la Shoà non avevano nessun posto dove rifugiarsi – ha detto – oggi c’è una forte famiglia ebraica” pronta ad accoglierli. (Da: Times of Israel, 27.4.22)