Quella proposta di soluzione troppo logica per essere accettata dai palestinesi

Gli arabi d’Israele pare non abbiano nessuna voglia di "liberarsi" dell’inferno israeliano per passare nell’Eden dello stato palestinese, anche se non devono spostarsi di un metro

Di Reuven Berko

Reuven Berko, autore di questo articolo

Alla 53esima edizione della Conferenza sulla sicurezza tenuta il mese scorso a Monaco di Baviera, il ministro della difesa israeliano Avigdor Lieberman ha ribadito il suo impegno per la soluzione a due stati e ha illustrato di nuovo la sua proposta di soluzione del conflitto basata su un accordo regionale con scambi di territori e della popolazione che vi risiede.

Lieberman ha studiato la storia ed evidentemente gli insegnamenti più importanti di cui ha fatto tesoro scaturiscono dall’esperienza delle nazioni europee. E’ vero infatti che, dopo la seconda guerra mondiale, milioni di persone in Europa furono costrette a emigrare dalle loro isolate regioni etniche, religiose o nazionali, per unirsi ai loro fratelli geograficamente distanti. E sull’onda di sanguinose atrocità, la sovranità su numerose enclave cambiò di mano. Anche nei paesi arabi la “convivenza” fra gruppi etnici e minoranze di varia natura è stata caratterizzata da devastazioni, stragi e trasferimenti di popolazione, mentre il mondo per lo più se ne stava a guardare.

Chiunque ascolti la retorica dei parlamentari della Lista Araba Comune può facilmente riconoscervi le componenti della discordia nazionale, religiosa e di sicurezza, seminate a piene mani dai rappresentanti pubblicamente eletti della comunità arabo-israeliana, insieme a quelli del Movimento Islamico d’Israele. Mentre i governi israeliani, nel corso del tempo, si sono adoperati per promuovere l’integrazione dei membri della minoranza araba come eguali cittadini a pieno titolo, o perlomeno ci hanno provato, i parlamentari arabo-israeliani si sono prodigati per inculcare nel loro elettorato un senso di separatismo, alienazione e rancore, nella speranza di alimentare lo scontro etnico fin dentro casa nostra.

Indicata con il tratteggio obliquo, l’area d’Israele (ad ovest dell’ex linea armistiziale ’48-’67) che potrebbe passare al futuro stato palestinese secondo la proposta Lieberman (clicca per ingrandire)

I rappresentanti della Lista Araba Comune sostengono che gli arabi d’Israele costituiscono la parte del “popolo palestinese occupato” che vive in uno stato ebraico in cui sono come prigionieri. A sentir loro, i sionisti non fanno che tramare per esiliarli dalle loro terre con un non meglio precisato “trasferimento” a forza di razzismo e apartheid. Coltivano il rifiuto della bandiera e dell’inno nazionale e continuano a riferirsi a Israele come la “Palestina interna” o “del ‘48”, definendo se stessi come i rappresentanti della minoranza “nativa” di una terra che descrivono come “violentata” e “usurpata” dagli invasori. Il tentativo è quello di annullare ogni legittimità dello stato ebraico per trasformarlo in uno stato in cui gli ebrei possano diventare minoranza e perdere ogni diritto all’autodeterminazione.

In realtà, la proposta di Lieberman di scambiare terre non ha niente a che fare con un trasferimento di popolazione. Si tratta piuttosto di un’offerta audace, che ha spiazzato i sobillatori parlamentari arabo-israeliani rivelando la loro ipocrisia e la loro doppiezza. In sostanza, Lieberman non fa che offrire loro quella che proclamano essere loro massima aspirazione, offrendosi di aiutarli a realizzare davvero il risultato della loro propaganda: le cose sono così brutte per voi, qui? Nessun problema, unitevi pure alla “Palestina”.

Essenzialmente il ministro israeliano propone di incorporare in Israele i principali blocchi di insediamenti (abitati da israeliani) cedendo in cambio allo stato palestinese parti di Israele abitate dai sedicenti palestinesi, semplicemente spostando la linea di confine a ovest di quei villaggi e quelle città arabe che sorgono adiacenti al futuro stato palestinese. Cosa potrebbe esserci di più logico? Quegli arabi – con tutte le loro terre, case e quant’altro – verrebbero a far parte della “Palestina indipendente” liberandosi dell’odiata “occupazione” senza doversi spostare di un centimetro.

Alt, troppa fretta. I parlamentari arabo-israeliani e i loro elettori pare che non abbiano nessuna voglia di “liberarsi” dell’inferno israeliano per passare nell’Eden  dello stato palestinese, o dello Stato islamico, o di uno qualsiasi degli altri regimi arabo-islamici più o meno criminali che ci circondano. Preferiscono di gran lunga far parte di Israele, e continuare a calunniarlo. A fine febbraio Mansour Dahamsha, segretario generale del partito Hadash che fa parte della Lista Araba Comune, ha seccamente respinto la proposta “razzista” di Lieberman perché non farebbe che giovare all’”occupazione”. “Siamo disposti ad annetterci alla Palestina – ha detto – ma non al prezzo di annettere degli insediamenti a Israele”. Ah ecco, è una questione di prezzo…

(Da: Israel HaYom, 27.2.17)