Quella vignetta da anni ’30 nell’edizione internazionale del New York Times

L'autorevolissimo giornale ha ritenuto appropriato diffondere l'idea che il presidente della prima potenza mondiale sia un cieco portato in giro dal "cane ebreo"

Di Seth J. Frantzman

Seth J. Frantzman, autore di questo articolo

In un periodo di crescente antisemitismo, mentre si moltiplicano allusioni e strizzate d’occhio ai più vieti cliché anti-ebraici, l’edizione internazionale del New York Times ha fatto l’equivalente di dire “mo’ vi facciamo vedere noi di cosa siamo capaci” e ha pubblicato una vignetta satirica che mostra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump come un cieco guidato da un cane con al collare la Stella di Davide e al posto della testa la caricatura del volto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Quando ho visto la vignetta on-line non riuscivo a credere che fosse vera. Anche molti miei colleghi non ci credevano. Ho passato tutta giornata di sabato cercando di rintracciare una copia cartacea. Ho telefonato ad amici e ho ottenuto un PDF dell’edizione, ma ancora non ci credevo. Finché in un supermercato aperto 24 ore al giorno ho trovato l’edizione di giovedì 25 aprile e, con circospezione, l’ho sfogliato fino a pagina 16. E lì l’ho vista, quella orribile immagine di un presidente americano cieco con tanto di kippà in testa, guidato da un cane con il volto del primo ministro d’Israele. Non bastasse, sì: il cane portava una Stella di Davide al collare.

Edizione internazionale del New York Times, 25 aprile 2019

Questo dunque è ciò che l’autorevolissimo e citatissimo New York Times pensa di noi israeliani. Anche se poi hanno cercato di fare marcia indietro dicendo che si è trattato di un “errore”, resta il fatto che avevano ritenuto che fosse giusto e appropriato (e forse anche spiritoso) diffondere in tutto il mondo una vignetta che mostra il presidente della prima potenza mondiale ciecamente portato in giro dal “cane ebreo”.

Fino a poco fa ci dicevano che Trump “promuove una nuova ondata di antisemitismo negli Stati Uniti”. Ma la vignetta lo raffigura come un ebreo con tanto di kippà. Allora come la mettiamo? Trump promuove l’antisemitismo, ma adesso è un ebreo occulto guidato dal cane ebreo Israele? Fino a poco fa si diceva che certe immagini “evocavano” le raffigurazioni antisemite degli anni ’30. Ma questa vignetta non “evoca”: questa vignetta è esattamente come quelle dell’antisemitismo degli anni ’30. Erano i nazisti che raffiguravano gli ebrei come animali. E che li etichettavano con la Stella di Davide. Sono gli antisemiti quelli che hanno sempre paragonato gli ebrei a cani, maiali e scimmie. Finora era nell’estrema destra e nella propaganda islamista che gli ebrei venivano raffigurati come una piovra o un ragno che ghermisce e controlla il mondo. Ma adesso vediamo che è diventata “opinione corrente” incolpare gli ebrei e Israele per tutti i mali e i problemi del mondo. La vignetta è chiara come la luce del sole. Mostra gli ebrei, simboleggiati da quel collare con la Stella di Davide, che controllano segretamente il presidente degli Stati Uniti: Trump è controllato da Israele, dallo stato ebraico.

La vignetta di António Moreira Antunes: un compendio di clichè antisemiti

Nessun altro paese o gruppo di minoranza è soggetto a un odio così implacabile e sistematico da parte di grandi giornali occidentali. Nessun grande giornale oserebbe mettere la faccia di un leader islamico su un cane, addobbato con simboli islamici, che porta in giro il presidente degli Stati Uniti. Ovviamente no. Il direttore lo impedirebbe. Starebbero tutti molto attenti. Piuttosto sbaglierebbero nell’altro senso, pur di non essere offensivi. Anche di notte ci sarebbe un vicedirettore o un caporedattore che direbbe: “No, questo non va bene”. Ma quando si tratta di ebrei e di Israele, tutto è permesso: non c’è livello infimo a cui non siano disposti ad abbassarsi. E le mezze scuse a posteriori sono abbastanza patetiche. Questa vignetta non è finita per sbaglio nell’edizione internazionale del New York Times. È stata scelta. E’ stata messa in pagina da qualcuno. E’ stata controllata e approvata. Lo so. Sono un curatore della pagina delle opinioni. Quando pubblicavo vignette nella mia sezione, non meno di quattro persone lo vedevano prima di andare in stampa. All’edizione internazionale del New York Times sono sicuramente più di quattro. A tutti loro è sembrato che andasse bene? Il che ci dice che ormai è entrata in redazione la mentalità dell’antisemitismo.

La rappresentazione dell’ebreo come un animale repellente che vuole dominare il mondo è un cliché del più classico antisemitismo della prima metà del XX secolo

Questa vignetta non è problematica per un solo motivo. Lo è per parecchie ragioni. Problema numero uno è quello di aver messo una kippà sulla testa del presidente degli Stati Uniti come un segno negativo. Cosa si vuole dire? Che è segretamente un ebreo o un “ebraizzante” (per l’antisemita, gli ebrei vanno sempre scovati e smascherati). Poi, il fatto di rappresentarlo come un cieco guidato da Israele: il che implica che Israele controlla l’America e la sua politica. E questo è il problema numero due. Poi, aver messo un cane con la Stella di Davide al collare, che è una rappresentazione antisemita sotto diversi aspetti. Si poteva credere che dopo la Shoà qualsiasi uso della Stella di Davide avrebbe automaticamente sollevato dubbi e interrogativi in una redazione. Invece, niente. E poi hanno messo la faccia del primo ministro israeliano su un cane. Su un cane.

Questa vignetta non è solo una scivolata un po’ antisemita del genere “oops, una svista”. Questa vignetta è squisitamente antisemita. Il New York Times lo ha riconosciuto con delle mezze scuse. Hanno ammesso che il disegno “includeva dei tropi (simboli) antisemiti”. Quindi hanno aggiunto: “L’immagine era offensiva e pubblicarla è stato un errore di valutazione”. Non ci siamo proprio. Parlare di “errore” e di “simbologie offensive” implica che la vignetta possa essere letta da qualcuno come antisemita, come se fosse vagamente allusiva. Invece è antisemita perché è stata concepita con intenzione antisemita, e questo è chiaro come il sole. E c’è poco da aggiungere, salvo dire: “smettetela”.

Una vignetta come questa dovrebbe diventare un momento di svolta. Perché è comparsa su uno dei più prestigiosi giornali americani, non su qualche giornaletto estremista. Per di più sull’edizione internazionale. In pratica mostra al mondo il pensiero dell’America benpensante, e dà un tacito segnale di via libera ad altri antisemiti. Come possiamo pretendere tolleranza zero contro l’antisemitismo e i più triti cliché antisemiti quando accade una cosa del genere?

Bisognerebbe pretendere una vera spiegazione di cosa e come è successo, e non altre mezze scuse in cui si finge di non vedere che questo è vero e proprio antisemitismo: quello che attacca gli ebrei accusandoli d’essere sleali verso il paese in cui vivono e di voler controllare le superpotenze e il mondo. Sarebbe doveroso da parte del New York Times ascoltare e capire quanto offensivo e dannoso sia tutto questo.
(Da: Jerusalem Post, 28.4.19)

Alan Dershowitz ha scritto Twitter: “Il New York Times deve ai suoi lettori più di semplici scuse. Abbiamo diritto a un’indagine e una spiegazione: come è stata pubblicata la vignetta antisemita? Chi l’ha approvata? Quali sono le misure adottate per prevenire che si ripeta? La vignetta antisemita pubblicato dal New York Times è sintomo di un problema più profondo nella sinistra: è diventato accettabile che molti a sinistra facciano propri cliché antisemiti purché diretti contro Israele. L’anti-sionismo sta diventando una copertura accettabile per l’antisemitismo”. Mark Dubowitz, capo esecutivo della Foundation for Defense of Democracies, ha affermato che la vignetta “sdogana” l’odio per gli ebrei. “L’antisemitismo non viene da una sola direzione: è sulla destra ed è sulla sinistra – ha detto Deborah Lipstadt, esperta di Shoà – Se uno lo vede soltanto dalla parte opposta di dove si trova politicamente, vuol dire che è orbo da almeno un occhio e che usa la lotta contro l’antisemitismo come un’arma per i suoi fini politici”. In un post su Facebook, il ministro israeliano degli affari strategici Gilad Erdan ha scritto: “Il terrorista che ha compiuto l’attentato omicida di sabato scorso nella sinagoga in California era ispirato dalle stesse motivazioni antisemite della vignetta pubblicata sul New York Times: l’accusa agli ebrei e al primo ministro d’Israele di controllare il mondo”.
(Da: Jerusalem Post, Israel HaYom, 28.4.19)

António Moreira Antunes 1983

António Moreira Antunes, l’autore della vignetta antisemita nell’edizione internazionale del New York Times dello scorso week-end, non è nuovo a questo genere di uscite. Antunes, che si firma António, è un vignettista portoghese che ha lavorato per diversi decenni per il settimanale Expresso. Anche l’immagine pubblicata dal New York Times, firmata António, risulta originariamente pubblicata su Expresso.

In una vignetta del 1983, che quell’anno gli valse il primo premio al 20esimo International Salon of Cartoons di Montreal, Antunes riprendeva la celebre foto dei nazisti che rastrellano donne e bambini nel ghetto di Varsavia aggiungendovi Stelle di Davide sull’elemento dei soldati e keffieh palestinesi sulla testa delle vittime. Un portavoce del Canadian Jewish Congress la definì “un’ingiuria all’Olocausto, artisticamente disonesta, moralmente oscena e intellettualmente indecente”. Secondo la definizione operativa di antisemitismo formulata nel 2016 dall’International Holocaust Remembrance Alliance, e adottata da molti paesi ed enti internazionali, paragonare le politiche attuali di Israele all’ideologia e alla pratica genocida del nazismo è una manifestazione di antisemitismo.
(Da: Jerusalem Post, israele.net, 28.4.19)