Quella visita di Re Carlo III d’Inghilterra che potrebbe demolire il mito della Gerusalemme est araba e palestinese

Qualsiasi evento richiami l’attenzione sul Monte degli Ulivi è un disastro per la propaganda palestinese perché ricorda al mondo che uno dei siti religiosi ebraici più importanti e antichi si trova proprio a Gerusalemme est

Di Stephen M. Flatow

Stephen M. Flatow, autore di questo articolo

L’ascesa al trono britannico del principe Carlo, ora re Carlo III, potrebbe essere un problema per i sostenitori della causa araba palestinese. In effetti, il forte legame del nuovo re con un importante luogo sacro ebraico a Gerusalemme est potrebbe focalizzare l’attenzione su un tema che gli arabi preferiscono di gran lunga evitare.

La nonna di re Carlo III, la principessa Alice, e sua zia, la granduchessa Elisabetta, sono entrambe sepolte in un piccolo cimitero cristiano sul Monte degli Ulivi, vicino al più grande cimitero ebraico del mondo. Il Monte degli Ulivi si trova in quella parte della città che l’Autorità Palestinese chiama “Gerusalemme est araba”. L’Autorità Palestinese sostiene che quella dovrebbe essere la “capitale della Palestina”. Secondo l’Autorità Palestinese i sionisti, ebrei o cristiani che siano, non hanno alcun diritto di trovarsi lì. Sono “coloni illegali”.

Il cimitero dove sono sepolti i due reali appartiene alla Chiesa di Maria Maddalena, una chiesa e convento russo-ortodossi che vennero costruiti ai piedi del Monte degli Ulivi nel 1886 dallo zar Alessandro II. Si trova esattamente sull’altro versante della Valle di Kidron (Cedron) rispetto al Monte del Tempio, il luogo più sacro dell’ebraismo. La principessa Alice, che visse in Grecia durante la seconda guerra mondiale, protesse una famiglia ebrea dai nazisti e venne per questo insignita postuma da Yad Vashem con il titolo di “Giusto tra le Nazioni”. Alice, morta nel 1969, lasciò istruzioni per essere sepolta nel cimitero di Maria Maddalena. Le sue spoglie vi furono traslate nel 1988.

2016: l’allora principe Carlo in vista alla tomba di sua nonna paterna, presso il Monte degli Ulivi a Gerusalemme

Il desiderio dei reali di essere sepolti a Gerusalemme dimostra un affetto di antica data per la capitale della Terra Santa, un sentimento che rispecchia quello che chiamiamo “sionismo cristiano”. Non importa se Alice o Elisabetta si siano mai definite “sioniste cristiane”, o se il nuovo re si consideri o meno tale. I fatti storici parlano da soli. Carlo sa che la sua Bibbia descrive il fondatore della loro religione mentre vive risiedeva e si muove in territori con nomi ebraici, non arabi, perché quelle aree erano, e sono, parti centrali della patria ebraica. Se in quei giorni ci fosse stata l’odierna propaganda araba, senza dubbio avrebbe denunciato Gesù come un “colono sionista”.

In qualità di principe, Carlo ha visitato le tombe di sua nonna e di sua zia quando si recò in Israele per presenziare ai funerali di Shimon Peres nel 2016. Forse questo, agli occhi dell’Autorità Palestinese, lo ha reso un “complice dell’attività di insediamento sionista”. È interessante notare che la visita di Carlo al Monte degli Ulivi venne compiuta privatamente, all’insaputa del pubblico o dei mass-media, evidentemente per il timore di offendere l’Autorità Palestinese. È facile capire perché l’Autorità Palestinese si sarebbe infuriata per la visita del principe Carlo alle tombe dei suoi parenti. Qualsiasi evento richiami l’attenzione sul Monte degli Ulivi rappresenta un disastro per la propaganda palestinese perché ricorda a tutti che uno dei siti religiosi ebraici più importanti e antichi al mondo si trova, pensa un po’, proprio a Gerusalemme est, demolendo il mito che quello sia un territorio esclusivamente arabo che deve appartenere solo ai palestinesi. L’Autorità Palestinese e i suoi alleati nei mass-media la chiamano “Gerusalemme est araba”, ma è solo una locuzione propagandistica. Le radici del popolo ebraico a Gerusalemme est risalgono a migliaia di anni fa, molto prima di qualsiasi pretesa araba.

2016: l’allora principe Carlo in vista al plurisecolare cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi (Gerusalemme est)

C’è un altro motivo per cui parlare del Monte degli Ulivi fa venire il mal di pancia ai propagandisti arabi. Chiunque dia anche solo una rapida occhiata alla storia recente del Monte scopre che i “moderati” giordani, quando lo occuparono dal 1949 al 1967, distrussero migliaia di lapidi delle secolari tombe ebraiche, usandole per lastricare strade e persino le latrine nelle caserme dell’esercito giordano. Quella vicenda ricorda a tutti come i regimi arabi abbiano devastato i luoghi santi degli ebrei nel corso dei decenni, una tradizione portata avanti fino ai giorni nostri dall’Autorità Palestinese con i suoi ripetuti vandalismi della Tomba di Giuseppe a Nablus e della Tomba di Rachele a Betlemme. E’ questo il rispetto e la tolleranza per la cultura e la religione altrui di cui vanno sempre cianciando?

L’esistenza stessa della Chiesa di Maria Maddalena è l’ennesimo mal di testa per i propagandisti palestinesi. Venne fondata nel 1886, in un’epoca in cui nessun arabo chiamava quel territorio “Palestina”, né definiva se stesso “palestinese”: un ennesimo promemoria del fatto che l’identità nazionale araba palestinese è un’invenzione recente e superficiale, creata non perché i palestinesi siano diversi dai giordani o dai siriani ma semplicemente come un’arma da brandire contro gli ebrei. Coloro che edificarono la Chiesa di Maria Maddalena avrebbero trovato molto bizzarra e ridicola l’idea che il terreno su cui veniva costruita la loro chiesa e dove furono “insediati” i resti di Alice ed Elisabetta fosse “territorio palestinese occupato”. Sapevano, e sanno, che la Bibbia che venerano chiama quel paese con vari nomi oltre a Terra d’Israele, ma mai “Palestina”. Sanno che la Bibbia si riferisce ripetutamente a Gerusalemme come la capitale degli ebrei, e che Gerusalemme non è mai menzionata nel Corano.

Staremo a vedere come re Carlo III interagirà con Israele e se visiterà o meno le tombe della sua illustre famiglia a Gerusalemme. Ma i dati di fatto sul motivo per cui i suoi parenti sono sepolti lì, e a quale popolo e cultura siano innanzitutto legate quella città e quella terra, fanno parte di una documentazione storica che è lampante e incontrovertibile.

(Da: Jerusalem Post, 12.9.22)

Lapidi delle antiche tombe ebraiche del cimitero del Monte degli Ulivi usate per lastricare una scala durante l’occupazione giordana di Gerusalemme est (1948-1967)