Quelli che dicevano “no no no”, e ancora non capiscono l’importanza degli accordi Israele-Emirati-Bahrein

Gli Accordi di Abramo conferiscono legittimità religiosa, culturale e psicologica alla pace araba con Israele, riconoscendo che gli ebrei sono originari della Terra d'Israele e in essa si trovano a casa propria: è un cambiamento enorme

Questo video del 4 dicembre 2016 riporta una parte dell’intervento dell’allora Segretario di stato americano John Kerry all’annuale Saban Forum della Brookings Institution:

John Kerry: “Non ci sarà una pace separata tra Israele e il mondo arabo. Voglio che questo sia molto chiaro a tutti voi. Ho sentito diversi eminenti politici in Israele affermare a volte: beh, ora il mondo arabo è in una posizione diversa, dobbiamo solo andargli incontro e possiamo lavorare su alcune cose con il mondo arabo, e [poi] tratteremo con i palestinesi. No, no, no e no. Posso dirvi che è stato ribadito anche nell’ultima settimana, quando ho parlato con leader della comunità araba. Non vi sarà progresso e pace separata con il mondo arabo senza il processo palestinese e la pace palestinese. Tutti devono capirlo. Questa è la dura realtà”.

Scrive David M. Weinberg: Esperti meno faziosi e più ragionevoli dovrebbero essere in grado di concordare sul fatto che gli Accordi di Abramo rappresentano un vantaggio gigantesco per tutti i soggetti coinvolti: allargano e consolidano una cruciale alleanza regionale contro un pericoloso nemico comune (l’Iran); spezzano il cerchio di ostilità che circondava Israele probabilmente più di quanto abbia mai fatto la “pace fredda” degli accordi con Egitto e Giordania; conferiscono legittimità religiosa, culturale e psicologica alla pace araba con Israele facendo riferimento alla comune ascendenza abramitica di arabi ed ebrei, e quindi riconoscendo che gli ebrei sono originari della Terra d’Israele e in essa si trovano a casa propria. E’ un cambiamento enorme nell’approccio arabo a Israele.
(Da: Jerusalem Post, 17.9.20)

Ruth Wasserman Lande

Scrive Ruth Wasserman Lande: Come persona che ha vissuto per diversi anni in Egitto – un paese la cui leadership era in anticipo sui tempi e con straordinario coraggio promosse la pace con Israele dopo anni di guerre sanguinose e pesanti perdite da entrambe le parti – non posso ignorare il fatto che, a differenza della pace importante e strategica ma fredda con l’Egitto, la pace con gli stati del Golfo include la normalizzazione: una normalizzazione pubblica e senza remore. La parola “normalizzazione”, tatbi’a in arabo, suona ancora come anatema nei paesi con cui Israele ha firmato la pace da decenni. Qui, invece, titoli in arabo in prima pagina negli Emirati Arabi Uniti parlano di una nuova alba e sottotitoli in ebraico appaiono sulla televisione di stato ufficiale di Dubai a celebrare l’accordo di pace appena annunciato. I contatti una tempo clandestini ora sono halal (leciti). Infatti gli accordi tra Israele, Emirati e Bahrein pongono termine finalmente al fatto che i rapporti di normalizzazione tra paesi arabi e Israele fossero subordinati alla piena soluzione del conflitto israelo-palestinese. Non è che gli stati del Golfo non siano interessati a risolvere la questione palestinese. I loro cittadini lo sono e le leadership non possono ignorarli completamente. Tuttavia i cittadini, specialmente negli Emirati Arabi Uniti, non sono più disposti a condizionare il progresso economico, commerciale, culturale e tecnologico nella regione per salvare la faccia all’attuale dirigenza palestinese in Cisgiordania e Gaza. “I palestinesi saliranno sul treno – dicono – Semplicemente non lo faranno alla prima fermata”. Il nome Accordi di Abramo (patriarca biblico sia degli ebrei che degli arabi) contiene un forte simbolismo perfettamente compreso da arabi e israeliani. Capiscono che è finita l’era in cui la dirigenza palestinese a Gaza e Ramallah poteva imporre al mondo intero, e in particolare alle genti della regione, quando sarebbe stato finalmente possibile accettare Israele come partner di buon vicinato.
(Da: Jerusalem Post, 23.9.20)

Tony Blair

La pace tra Israele e palestinesi arriverà attraverso l’avvio di relazioni fra Israele e stati arabi. Lo ha detto al Jerusalem Post Tony Blair, ex primo ministro britannico, a lungo inviato in Medio Oriente del Quartetto Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Onu. “Il principio dell’approccio tradizionale secondo cui israeliani e palestinesi negoziano la pace e solo successivamente il resto della regione si aggrega – ha detto Blair – è diametralmente opposto a ciò che dovrà accadere. In realtà, quello che si deve fare è creare la pace tra Israele e le nazioni arabe e includere la questione palestinese in quella pace”. Blair valuta che il conflitto israelo-palestinese non riguarda principalmente il territorio, ma la necessità di accettarsi l’un l’altro. Secondo Blair, “bisogna cercare di promuovere una generazione di politici palestinesi che capiscano che l’unico modo per ottenere uno stato palestinese è attraverso un’autentica e profonda comprensione tra le genti e le culture, e non solo una negoziazione sul territorio”. Nel frattempo, la cosa più importante che deve Israele è cercare di alleviare la situazione economica dei palestinesi. Blair, che attualmente presiede il Tony Blair Institute for Global Change, è stato ospite alla Casa Bianca per la firma, la scorsa settimana, degli Accordi di Abramo che ha accolto con entusiasmo, dicendo che sono un obiettivo verso il quale ha lavorato per molti anni. “Alla fine, penso che sia il modo migliore per risolvere la questione palestinese in modo equo e giusto” ha spiegato Blair, aggiungendo che il mondo arabo, pur continuando a sostenere la causa palestinese, per la maggior parte “è giunto alla conclusione che è irragionevole pretendere che sacrifichi costantemente i propri interessi per essa”. Nei dodici anni trascorsi da quando ha lasciato l’incarico e si è concentrato sulle questioni del Medio Oriente, Blair ha visitato Israele, gli Emirati Arabi Uniti e altri stati arabi circa 250 volte.
(Da: Jerusalem Post, 24.9.20)