Ragazzi turbolenti agli ordini di giovani donne ufficiale

Il programma delle Forze di Difesa israeliane per la riabilitazione di ragazzi difficili

di Stephanie Rubenstein

image_2587“Non mi metto l’uniforme: è stata la tomba di mio padre” esclama un soldato. Altri imprecarono, litigano, disobbediscono agli ordini. “Yes, Miss Commander” (“Signorsì, signorina comandante”) è un documentario sulle reclute israeliane provenienti da ambienti difficili, addestrate da ufficiali donna provenienti da famiglie normali.
Ora questi soldati appaiono nel documentario “Yes, Miss Commander”, che mostra soldati delle Forze di Difesa israeliane nella base militare di Havat Hashomer, vicino Afula (nel nord del paese). La base ospita giovani svantaggiati che provengono da background disfunzionali, spesso con un passato di criminalità. Molte volte si tratta della loro ultima possibilità per avere un futuro nella società.
Il documentario è stato dapprima trasmesso su Canale 8, in tre parti; poi come un filmato unico al Festival cinematografico di Gerusalemme, lo scorso il 15 luglio.
Dopo che le telecamere hanno smesso di girare, nella base le attività giornaliere sono continuate.
Havat Hashomer recluta giovani turbolenti offrendo loro un corso di addestramento di base di tre mesi. La base conta quattro compagnie, ciascuna con oltre cento uomini guidati da un comandante donna. Ogni anno, la base compie tre cicli di reclutamento.
L’ex capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, Rafael Eitan, lanciò il programma trent’anni fa. La sua missione era portare nell’esercito giovani soldati – talvolta soprannominati “i ragazzi di Raful” – privi della capacità di cavarsela nella società. Con il servizio militare, le reclute lavoravano per integrarsi nella società e vivere una vita funzionale, rispettosa della legge.
Molti di questi soldati non hanno genitori o li hanno in prigione. Loro stessi hanno abbandonato presto la scuola e si sono dati ad attività criminali, e da quel momento in poi le loro vite non hanno fatto che deteriorarsi, spiega il comandante della base Raz Karny. “Sento certe storie, da questi soldati, che talvolta mi devo dare un pizzicotto per essere sicuro che sono nella realtà – dice – Io non credo che ci siano persone cattive. Ci sono persone che fanno cose cattive. Non si può biasimare un ragazzo che viene picchiato dal padre fin dall’età di 5 anni, o un ragazzo che cercava il cibo nell’immondizia”.
Il programma di addestramento offre a questi giovani l’opportunità di ravvedersi e di cambiare il modo in cui vivono la loro vita, un concetto riflesso nello slogan di Havat Hashomer: “crediamo nell’umanità”.
Uno dei corsisti ha recentemente ricevuto il berretto rosso, dopo aver terminato il corso da paracadutista. Durante la cerimonia della consegna dei diplomi stava vicino al figlio di Tzipi Livni, la leader del partito d’opposizione Kadima, che aveva pure terminato il suo addestramento. Un tale contrasto di persone e di estrazioni si può trovare solo in questo esercito, dove a ognuno viene data l’opportunità di darsi da fare per sviluppare il proprio potenziale, afferma Karny. “Ho visto molte cose nella mia vita – aggiunge – Ma non passa un giorno senza commuoversi alle lacrime, quando si vede la forza che c’è qui a Havat Hashomer”.
I comandanti donna della base mostrano grande umanità e sollecitudine per i loro soldati, dice il comandante della base, aggiungendo che queste donne forti sono il meglio che si può trovare in Israele. Alcune provengono dalle stesse città dei soldati che comandano, ma hanno avuto esperienze di vita diverse, giacché provengono da famiglie stabili.
“È incredibile vedere questi ragazzi che non vanno a scuola dai tempi della quarta elementare – dice la tenente Noa Levitt, 21anni – Non ricordano che cosa significhi stare seduti in un banco a sentire un insegnante o chiunque altro parli loro. Poi entrano nell’esercito e devono stare ad ascoltare una ragazza, probabilmente di un anno più giovane di loro”.
Cominciare il servizio alla base è stato uno shock, dopo aver sentito raccontare storie sulle reclute mentre seguiva l’addestramento, ricorda Levitt. Aveva già avuto a che fare con gente dal background difficile, gente dedita a droghe e attività criminali; ma non erano nella sua cerchia di amici o della gente che frequentava. “Non si può capirne l’intensità finché non si viene qui, e vedi come i tuoi soldati diventano parte reale della tua vita”, dice Levitt: “Diventano te, e tu diventi loro”.
Levitt non ha tentato di relazionarsi con i soldati a livello personale, concentrandosi di più sulla comprensione delle situazioni e su come le loro esperienze avevano influito sul loro comportamento. “Vedo quanto desiderano riuscire e quanto per loro sia difficile – spiega –Chiunque sia qui, è perché vuole essere qui. Può darsi che non lo dicano o non lo dimostrino sempre, ma se non volessero stare qui se ne andrebbero”.
Poiché Levitt sta ogni giorno con i suoi soldati le è difficile vedere i loro progressi, dice. Ma quando i genitori arrivano per la cerimonia del diploma e guardano i loro figli, esclamano: “Sono davvero cambiati”.
Dall’85 al 90% dei soldati di Havat Hashomer completano con successo l’addestramento di base, ma anche quelli che non arrivano al diploma vivono un’esperienza significativa. “So che non si può cambiare una persona in tre mesi, forse nemmeno in tre anni – dice Karny – Ma dopo il corso, ogni soldato ha la potenzialità di diventare un essere umano responsabile, che lavora e vive nel rispetto della legge”.
L’obiettivo di molti di questi soldati è diventare adulti e avere una famiglia, e non essere violenti come sono stati con loro i loro padri, spiega il comandante della base. “Noi cerchiamo, e di solito riusciamo, a mettere questi soldati su una nuova strada – dice Karny – E io dico loro: se diventate soldati, sarà tanto di guadagnato; ma prima cerchiamo di diventare tutti esseri umani responsabili”.
Ci sono ancora opposizioni al programma da parte di quelli che non vorrebbero vedere arruolate persone con un passato delinquenziale. Ma Karny dice che crede in quello che disse una volta David Ben-Gurion: “L’esercito non serve solo a proteggere le mura del paese; serve anche per la continuità delle generazioni future”.

(Da: Jerusalem Post, 27.07.09)

Nella foto in alto: Un’immagine dal documentario “Yes, Miss Commander”