Rapporto Eiland: errori di valutazione, non fallimenti nell’esecuzione

Impossibile fermare la nave senza intervento ostile, ma bisognava mettere in conto l’aggressione ai soldati

image_2892Il capo di stato maggiore israeliano Gabi Ashkenazi ha ricevuto le conclusioni del team di esperti guidati dal generale della riserva Giora Eiland incaricati dalle Forze di Difesa israeliane di analizzare gli incidenti occorsi in mare il 31 maggio scorso (in occasione dell’intervento per fermare le navi della flottiglia “umanitaria” diretta a forzare il blocco anti-Hamas sulla striscia di Gaza).
Altre allo stato maggiore, Eiland ha presentato i risultati e le conclusioni della commissione ai comandanti delle varie armi coinvolte nella preparazione e nell’attuazione dell’abbordaggio delle navi. Il nucleo centrale del rapporto è stato inoltrato anche al ministro della difesa.
La commissione era stata nominata dal capo di stato maggiore israeliano perché analizzasse il dispiegamento rispetto alla flottiglia, la linea d’intervento prescelta e le possibili alternative, i preparativi e l’attuazione concreta dell’operazione. La commissione, che comprendeva otto ufficiali, ha focalizzato il proprio esame su: intelligence, comando della Marina, unità di commandos incaricata di attuare l’operazione, forze aeree, rapporti coi mass-media, alternative tecniche, aspetti medici, parere legale e diritto internazionale. L’analisi ha premesso di trarre una serie di insegnamenti a livello generale e sistemico, e non solo riguardo a questa specifica operazione (fermare una flottiglia in mare).
In termini di sforzo di intelligence, gli esperti hanno concluso che non sono stati pienamente impiegati tutti i mezzi di raccolta di informazioni possibili, e che il coordinamento fra l’intelligence della Marina e quello della Difesa è stato insufficiente. Allo stesso tempo, la commissione ha evidenziato che non vi è la certezza che uno sforzo di intelligence ottimale avrebbe generato un quadro informativo completo. Il rapporto sottolinea inoltre che il previsto livello di violenza impiegato contro le forze israeliane è stato sottostimato (le Forze di Difesa israeliane avrebbero tralasciato di raccogliere intelligence sulla Turchia, considerata paese amico, e sul gruppo IHH, considerato non minaccioso. Secondo la commissione Eiland, i vertici militari avrebbero dovuto invece tener conto dei recenti cambiamenti intercorsi nelle posizioni di Ankara e dovrebbero analizzare meglio i rapporti fra IHH e governo turco).
In termini di valutazione della situazione rispetto alla flottiglia, gli esperti mettono in chiaro che l’operazione ha fatto troppo affidamento su un’unica linea d’intervento, sebbene assai plausibile, senza tuttavia approntate linee d’intervento alternative per l’eventualità di scenari più pericolosi.
Circa le alternative tecniche, il team di esperti ha stabilito che, il giorno dell’incidente, ai responsabili delle decisioni non furono presentate linee operative diverse dal completo abbordaggio delle navi. La commissione sottolinea che, allo stato attuale delle conoscenze, nessun paese al mondo è in grado di fermare un’imbarcazione in mare in modo non ostile, e che pertanto molte delle dichiarazioni che sono state fatte su questo argomento subito dopo l’incidente risultano infondate e irresponsabili. Allo stesso tempo, però, il rapporto ha stabilito che linee d’intervento alternativo (pur sempre ostili) sarebbero state possibili se il processo di preparazione fosse iniziato con sufficiente anticipo, e quindi raccomanda di accelerare il processo di studio di metodi alternativi. (I blocchi marittimi sono misure legittime riconosciute dal diritto internazionale, e possono essere implementati nel quadro di una situazione di conflitto come quello fra Israele e la striscia di Gaza controllata da Hamas. Il blocco viene attuato anche in acque internazionali, a patto che venga pubblicamente annunciato e che non impedisca l’accesso ai porti degli stati neutrali. Dovendo far rispettare il blocco, le opzioni tecnicamente possibili non sono molte: aprire il fuoco davanti la prua della nave da fermare è considerato sicuramente un atto più ostile che mandarvi a bordo i soldati per deviarne la rotta. D’altra parte, manovrare in modo da sbarrare la strada è operazione ad altissimo rischio, come si è visto col disastro del canale di Otranto del 1997 quando la nave militare italiana Sibilla speronò la nave Kater I Rades, facendola colare a picco e causando la morte di più di 100 profughi albanesi in fuga dalla guerra civile).
Sul versante dei rapporti coi mass-media, secondo la commissione i preparativi fatti in anticipo erano buoni. Essa rileva tuttavia che la diffusione di comunicati stampa e materiali audio-visivi è stata ritardata da vari fattori come la necessità di garantirne la massima attendibilità, l’obbligo di preavvertire le famiglie dei soldati feriti in modo critico, e il lungo processo di autorizzazione ai livelli superiori a quello dell’ufficio del portavoce delle forze armate. La commissione ha preso atto positivamente del lavoro fatto dal portavoce delle forze armate dopo l’incidente, ma sottolinea la necessità di un migliore coordinamento in questo campo fra Forze di Difesa, ministero degli esteri e altre istituzioni che si occupano di relazioni estere.
Circa il comando dell’operazione, il rapporto ha stabilito che la posizione dei comandanti durante l’incidente e la presenza in mare del comandante della Marina israeliana durante l’operazione erano appropriati e in linea con le vedute dello stato maggiore in merito al ruolo dei comandanti in prima linea durante le attività delle Forze di Difesa israeliane. Tale presenza si è dimostrata efficace sul piano del processo decisionale, traducendosi in un risparmio di vite umane, e non solo. Gli esperti hanno parole di apprezzamento per i protocolli di combattimento della Marina, la preparazione dell’unità di commandos della Marina, il comando della Marina stessa, la Formazione per la guerra elettronica e l’intervento medico con sgombero dei feriti. Gli esperti hanno stabilito che i commandos della Marina hanno operato in modo appropriato (data la situazione di imminente pericolo di morte e/o di sequestro da scongiurare), con professionalità, coraggio e presenza di spirito, e che, date le circostanze, i comandanti hanno mostrato un corretto processo decisionale. Il rapporto stabilisce inoltre che il ricorso a munizioni vere, quando è avvenuto, era giustificato e che l’operazione nel suo complesso è encomiabile. (Secondo l’analisi fatta dalla commissione, i primi a scatenare lo scontro violento sono stati gli attivisti a bordo della Marmara i quali in almeno 4, o più probabilmente 6, occasioni hanno fatto fuoco sui soldati, come dimostrato fra l’altro dal tipo di proiettili estratti da un soldato ferito).
La commissione ha preso atto con soddisfazione delle varie fasi dello sgombero medico dei feriti via aerea e via mare, compresi i feriti che erano passeggeri sulla Mavi Marmara.
Il rapporto non manca di sottolineare l’impegno con cui lo stato maggiore e la Marina israeliana hanno affrontato la questione, come emerge dal lavoro di preparazione.
Il generale Eiland ha sottolineato con soddisfazione il grado di cooperazione e di trasparenza dimostrato da coloro che sono stati coinvolti ad ogni livello nell’analisi della vicenda.
Nelle sommario conclusivo del rapporto, Eiland afferma che la vicenda va considerata in prospettiva, essendo il danno causato a Israele non così irreparabile come poteva sembrare nell’immediatezza dell’incidente. Eiland afferma infine che esiste una tendenza sbagliata a trarre conclusioni generali sulla base di un singolo incidente, e aggiunge: “Il fatto che le Forze di Difesa israeliane analizzano se stesse, mentre altri non lo fanno, si traduce nel fatto che solo gli errori delle Forze di Difesa israeliane vengano ampiamente pubblicizzati”.

(Da: IDF Spokesperson, israele.net, 12.7.10)

Nella foto in alto: il generale Giora Eiland

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