Ripristinare la deterrenza oggi per evitare una guerra domani

Se Hamas attacca, non lascia altra scelta.

Di Yoaz Hendel

image_3092L’operazione anti-Hamas “Piombo fuso” del gennaio 2009 nella striscia di Gaza terminò senza un vero e proprio risultato. Gli israeliani ebbero la sensazione d’aver vinto per via della calma che prevalse, dal giorno successivo, in tutta la regione confinante con la striscia di Gaza; ma finora non c’è stato un solo esperto di cose militari che abbia potuto definire chiaramente tale vittoria. La dirigenza politica, guidata dall’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert e dal ministro della difesa Ehud Barak, evitò di definire chiari obiettivi (dopo l’esperienza negativa della seconda guerra in Libano dell’estate 2006), il che li ha portati a non definire nulla. L’operazione si concluse perché si decise di concluderla, ma il problema di fondo non venne risolto.
Tutti coloro che sono impegnati su questo fronte sapevano che la deterrenza conseguita (con le centinaia di miliziani di Hamas uccisi e la distruzione delle loro infrastrutture) doveva essere mantenuta, e che non esistono alternative. Il problema con il concetto di deterrenza (un termine di per sé abbastanza vago) è che non la si può mai dare per scontata: o la si tiene in vita con reazioni costantemente risolute oppure, se non si reagisce, si lascia che svanisca.
Quando Hamas spara deliberatamente raffiche di decine di obici di mortaio sui cittadini israeliani delle comunità attorno alla striscia di Gaza (come è avvenuto lo scorso fine settimana), ciò significa che la deterrenza si è volatilizzata. Non è una cosa che accade in una volta, o come una singola risposta a qualche operazione delle forze israeliane. La perdita della deterrenza è un processo. Si registra un colpo di mortaio qui, un razzo Qassam là, poi un missile Grad che arriva fino a Beersheva, e poi spari contro le pattuglie israeliane in servizio lungo la barriera fra Israele e striscia di Gaza: e un bel giorno gli abitanti israeliani del sud di ritrovano nuovamente in una situazione invivibile. Uno stato sovrano non può permettere che si crei e che perduri una tale situazione, anche se ciò comporta ordinare alle forze armate di dare regolarmente battaglia all’interno della striscia.
Né Israele può ignorare la componente iraniana in tutta questa faccenda. Ad oggi, la striscia di Gaza è già un avamposto delle Guardie della Rivoluzione. La Victoria, la nave che doveva portare un carico di armamenti a Hamas, trasportava solo una piccola frazione di ciò che è già disponibile nella striscia di Gaza.
Alimentare la fiducia in se stessa di Hamas con risposte minime alle sue deliberate aggressioni, e chiudere un occhio sulla sua corsa agli armamenti senza precedenti, ha messo Israele in una situazione difficile. In effetti, non è mai facile optare per un intervento militare quando si può tirare avanti ancora un po’ ignorando la situazione. Esistono sempre rischi insiti in un’azione militare, indipendentemente dalle sue dimensioni, anche se bisogna dire che l’operazione “Piombo fuso” si concluse con un costo relativamente ragionevole. Ma non ci sono molte possibilità di scelta: quello che non si fa oggi, finirà per costare molto più caro domani.

(Da: YnetNews, 21.3.11)

Nella foto in alto: Yoaz Hendel, autore di questo articolo