Rubinstein favorevole alla sentenza della Corte

Il ricongiungimento di coniugi arabi e palestinesi va inquadrato nel tema generale dellimmigrazione da paesi in guerra contro Israele

image_1224L’ex parlamentare Amnon Rubinstein si è detto d’accordo con la sentenza della Corte Suprema israeliana secondo cui lo stato può impedire a palestinesi che hanno spostato cittadini israeliani di stabilirsi coi loro coniugi all’interno di Israele. “Condivido la decisione di maggioranza della Corte – dice Rubinstein – e in particolare il parere illustrato dal giudice Mishael Cheshin.
L’opinione di Rubinstein è rilevante giacché egli è a capo della commissione incaricata dal governo di preparare raccomandazioni sulla politica complessiva di Israele riguardo ai problemi posti dall’immigrazione di non ebrei, e cioè palestinesi, cittadini di stati arabi e di altri paesi apertamente ostili a Israele, lavoratori stranieri, profughi e rifugiati di altra provenienza.
“Nessun paese prevede un diritto costituzionale che permetta a stranieri sposati con cittadini locali di acquisire automaticamente diritti di cittadinanza e di residenza nel paese. Infatti, coloro che avevano presentato il ricorso alla Corte Suprema non hanno potuto esibire alcuna prova in questo senso” spiega Rubinstein, e aggiunge che, secondo il diritto internazionale, la questione dell’immigrazione è rimessa agli stati sovrani, tanto è vero che vi sono paesi europei che impongono limiti di età e di reddito ai potenziali immigranti.
Di più. Nessun paese è obbligato a permettere l’ingresso di cittadini appartenenti a un’entità politica dichiaratamente nemica. Dal momento che, dopo la vittoria elettorale di Hamas, Gerusalemme ha dichiarato che l’Autorità Palestinese è un’entità nemica, Israele non ha evidentemente alcun obbligo verso i palestinesi residenti in Cisgiordania e striscia di Gaza: “Sotto questo aspetto, il caso è chiuso”, dice Rubinstein.
Nelle raccomandazioni provvisorie che la Commissione Rubinstein ha presentato al governo lo scorso febbraio viene fatta una distinzione tra potenziali immigranti da diversi tipi di paesi. Ad esempio, ai cittadini di paesi ed entità politiche, compresa l’Autorità Palestinese, che sono attivamente in guerra contro Israele può essere rifiutato senza mezzi termini il permesso di ingresso. Per quanto riguarda i cittadini di paesi i cui governi sono ostili a Israele, lo stato ha il diritto di presumere che essi possano rappresentare una minaccia alla sicurezza, per cui le loro domande di ingresso in Israele devono essere attentamente esaminate. Rubinstein suggerisce che, a coloro che fanno domanda per lo status di residente, venga chiesto di giurare lealtà allo stato di Israele e riconoscerne la legittimità all’inizio anziché alla fine del processo di naturalizzazione.
Secondo Rubinstein, le sue raccomandazioni non dovrebbero essere respinte dalla Corte, anche se sono più severe della legge in vigore, che venne respinta dai giudici con un voto di 6 contro 11 sebbene costringesse lo stato a considerare le domande di naturalizzazione di palestinesi sopra i 35 anni (gli uomini) e i 25 anni (le donne). La differenza, spiega, è che la sua proposta contiene principi che non sono mirati specificamente verso i palestinesi, bensì da applicare universalmente, per cui si afferma che vanno respinte le domande di residenza dei cittadini di tutti i paesi in guerra contro Israele e che tutti coloro che fanno domanda di naturalizzazione devono fare professione di lealtà alle leggi e alle istituzioni del paese all’inizio, e non al termine, della procedura.

(Da: Jerusalem Post, 14.05.06)