Scampata ai nazisti, uccisa dai terroristi palestinesi

Naomi Perlman, 91 anni, non è sopravvissuta alle ferite riportate lo scorso maggio nella sua casa di Ashkelon centrata da un razzo di Hamas (che si vantò d’aver ucciso dei “coloni”)

Naomi Pearlman, sopravvissuta alla Shoà, uccisa da un razzo di Hamas

Naomi Perlman, una 91enne sopravvissuta alla Shoà e residente ad Ashkelon, nel sud di Israele, è morta domenica a causa delle gravi ferite riportate lo scorso 10 maggio quando la sua casa venne colpita in pieno da un razzo di Hamas lanciato dalla striscia di Gaza. Naomi Perlman subì gravi ferite da schegge nell’esplosione che uccise sul colpo la sua badante indiana, Soumya Santosh, 32 anni, una delle prime vittime degli undici giorni di attacchi da Gaza sui civili israeliani. Soumya Santosh, che lavorava in Israele da sette anni, lasciò il marito e un figlio di 9 anni.

Una volta dimessa, tre settimane dopo, dal Barzilai Medical Center, Naomi Perlman, che aveva perso entrambe le gambe, entrò in una casa di cura. Ma è dovuta tornare in ospedale diverse volte nei successivi nove mesi poiché le sue ferite hanno richiesto continui trattamenti e ulteriori interventi chirurgici. Nelle prime ore di domenica mattina è deceduta nella casa di cura. Le sopravvivono il figlio Shuki Perlman e la figlia Tzipi Malach, otto nipoti e 12 pronipoti, l’ultima dei quali è nata la scorsa settimana. “Le ho mostrato le foto della sua nuova pronipote e lei ha sorriso – racconta il figlio Shuki – E’ come se aspettasse questo prima di dire addio”. Parlando all’emittente pubblica Kan, Shuki Perlman ha detto che la morte ha posto fine ai nove mesi di sofferenze che la madre ha sopportato da quando il razzo si è abbattuto sulla sua abitazione. “È scampata alla Shoà e ha generato una famiglia meravigliosa. Se c’è qualcuno che merita di essere definito l’estremo sopravvissuto, è proprio lei” ha detto il figlio, ricordando che inizialmente non pensava che sua madre sarebbe sopravvissuta all’attacco poiché non aveva polso né pressione quando venne portata in ospedale dopo l’esplosione del razzo palestinese.

Soumya Santosh e la casa di Ashkelon dove è stata uccisa lo scorso maggio da un razzo di Hamas

Naomi era nata nel 1931 a Sosnowiec, in Polonia. La sua famiglia riuscì a fuggire in Ucraina e poi in Uzbekistan. Per anni vagarono alla ricerca di asilo. Dopo la guerra tornarono in Polonia, ma trovarono la loro città in gran parte distrutta, un forte e diffuso antisemitismo e tutti i loro beni confiscati. Nel 1950 si trasferirono in Israele e si stabilirono in quella che sarebbe diventata Ashkelon. Lì Naomi incontrò un altro sopravvissuto, Yankeleh, e i due si sposarono per poi crescere la loro famiglia nella città portuale israeliana.

La casa dove Naomi Perlman viveva da sola, dopo essere rimasta vedova nel 2004, non è dotata di un proprio rifugio. Il rifugio più vicino si trova ad almeno un minuto di corsa dall’abitazione: troppo per l’anziana donna e la sua badante. All’epoca le Brigate Ezzedin al-Qassam, ala militare del gruppo terroristico Hamas, rivendicarono l’attacco sul loro canale Telegram vantandosi d’aver “bombardato la città occupata di Ashkelon con una salva di 40 missili”, per poi aggiungere poco dopo che “l’occupazione ha ammesso ufficialmente l’uccisione di due suoi coloni a seguito del nostro recente bombardamento di razzi Qassam su Ashkelon”. Gran parte dei razzi era stata intercettata dal sistema difensivo “Cupola di ferro”, ma il momentaneo malfunzionamento di una batteria preposta a proteggere Asheklon permise il passaggio di alcuni razzi che, oltre a Soumya Santosh (e ora Naomi Perlman), uccisero anche un’altra donna, Nella Gurevitz, di 52 anni, colpita nell’appartamento dove viveva con il marito, rimasto gravemente ferito.

(Da: Times of Israel, Jerusalem Post, YnetNews, israele.net, 6.02.22)

 

Intanto Nasser Al-Lahham, l’ineffabile conduttore e opinionista della tv ufficiale dell’Autorità Palestinese che un mese fa ha sostenuto che “i combattenti palestinesi si sono sempre rifiutati di uccidere civili e bambini”, ha ritenuto di dover ribadire lo stesso concetto una settimana più tardi, sempre sulla tv dell’Autorità Palestinese:

Nasser Al-Lahham: “Voglio sottolineare ancora una volta quanto ho detto nelle puntate scorse: non un solo palestinese ha compiuto una singola operazione per uccidere civili, mentre tutte le operazioni che le fazioni sioniste hanno condotto avevano lo scopo di uccidere [civili] … I palestinesi rapiscono o sparano in aria per manifestare la giustizia della loro causa, mentre gli israeliani sparano per uccidere”.
(Da: TV ufficiale dell’Autorità Palestinese, 12.12.21)

(Da: palwatch, israele.net, 4.2.22)