Scelte difficili in Siria, e in Medio Oriente

Israele fa bene a tenersi fuori, tanto più che ha già fatto la sua parte per il bene proprio, dei siriani e dell’umanità tutta

Di Uri Heitner

Bambini siriani vittime del probabile attacco con armi chimiche nei sobborghi est di Damasco

Il numero dei morti nella guerra civile che infuria in Siria da quasi due anni è mezzo ha superato da tempo la somma dei morti di tutti i decenni di conflitto israelo-palestinese, e non è in vista la fine della carneficina. La crudeltà dei combattimenti in Siria non conosce limiti. Nessuna delle parti ha remore o inibizioni, le regole su cosa sia giusto, ammissibile o inaccettabile sono totalmente ignorate. Moralità? Convenzioni di Ginevra? Non se ne vede traccia, nel bagno di sangue siriano. L’efferatezza ha toccato nuove vette la scorsa settimana con la strage da armi chimiche a Damasco est e un numero di vittime (compresi molti bambini) probabilmente a quattro cifre.

In questi ultimi giorni quasi tutti i mezzi di informazione hanno fatto uso del cliché “e intanto il mondo tace”, a cui fanno seguito le consuete domande: Dov’è l’Onu? Dove è il mondo libero? Dove è l’Occidente? Dove sono gli Stati Uniti? Ma la verità è che la situazione in Siria pone di fronte a un dilemma estremamente arduo. Se è impossibile tollerare la spietata tirannia del presidente Bashar Assad, bisogna anche considerare quale sarebbe realisticamente l’alternativa. La coalizione che si batte contro Assad è molto eterogenea, con feroci divisioni interne. Ma l’elemento dominante è costituito da gruppi jihadisti globali impegnati in una campagna sunnita contro gli sciiti in generale, e gli alawiti in particolare. Il mondo libero non ha alcun interesse che la Siria finisca sotto il controllo di al-Qaeda.

Nel conflitto in Siria non c’è una parte “buona” e una parte “cattiva”, non si tratta di un conflitto fra democrazia e dittatura, tra guerrafondai e persone che vogliono la pace, o tra filantropi idealisti e bestie assetate di sangue. La differenza tra le parti in guerra è che una ha le armi chimiche, mentre l’altra non le ha ancora. Ed è importante ricordare che la parte che non ha ancora le armi chimiche è quella che realizzò gli attentati terroristici dell’11 settembre con semplici taglierini.

Il mondo libero non vuole veder cadere le armi chimiche siriane nelle mani di gruppi jihadisti. E non ha interesse a rovesciare Assad perché i nemici di Assad non sono meglio di lui. Ma il mondo libero non vuole nemmeno che diventi abituale, per non dire legittimo, l’uso di armi non convenzionali in Medio Oriente, una regione che abbonda di regimi folli e senza freni. Ecco perché, senza intervenire in modo massiccio né aiutare una o l’altra parte, il mondo libero – guidato dagli Stati Uniti – dovrebbe lanciare un attacco chirurgico per distruggere le riserve di armi chimiche in Siria.

«Ovvio che gli occhi del mondo sono puntati su Obama»

Un anno fa, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama indicò l’uso di armi chimiche come il limite che non sarebbe stato tollerato. Da allora astutamente Assad ha utilizzato le armi chimiche in diverse occasioni, qua e là, per testare la reazione americana. A causa del riserbo e del silenzio dell’America, Assad si è sentito abbastanza sicuro da perpetrare il barbaro massacro della scorsa settimana. Non prendendo provvedimenti contro l’uso di armi chimiche in Siria durante l’anno trascorso, Obama ha ulteriormente indebolito la già traballante posizione degli Stati Uniti nel mondo, e in particolare in Medio Oriente. Soprattutto, ha inviato all’Iran un messaggio di debolezza: l’impressione che Washington non manterrà l’impegno di impedire che l’Iran si doti di armi nucleari. La reazione  di Obama, finora così lenta, allo scempio chimico della scorsa settimana è il vero test dello status di superpotenza dell’America. Ovvio che gli occhi del mondo sono puntati su Obama.

Foto satellitari del sito nucleare siriano al-Kabir, prima e dopo l’attacco del settembre 2007 attribuito all’aviazione israeliana

Foto satellitari del sito nucleare siriano al-Kabir, prima e dopo l’attacco del settembre 2007 attribuito all’aviazione israeliana

E che dire di Israele? Dovremmo intervenire in Siria? Assolutamente no. Israele non ha alcun interesse nella guerra tra i suoi nemici. Non è nostro compito fare i poliziotti del Medio Oriente. Israele sta garantendo assistenza umanitaria, e questo è l’unico intervento che deve fare. Israele fa bene ad attenersi a questa politica. In ogni caso, si potrebbe anche ricordare che Israele ha già fatto qualcosa di molto importante per il bene dell’umanità e dei civili siriani. Grazie all’azione di sei anni fa attribuita all’aviazione israeliana, lo spietato tiranno di Damasco non possiede armi nucleari. Il raid israeliano contro il reattore nucleare iracheno nel 1981 e il raid attribuito a Israele contro il reattore nucleare siriano del 2007 hanno notevolmente contribuito non solo alla sicurezza di Israele, ma anche al bene di tutta l’umanità. E il programma nucleare iraniano?

(Da: Israel HaYom, 27.8.13)