Scuole palestinesi: continuare a finanziare il festival dell’odio o esigere testi e programmi di pace?

Benché pieno di lacune e pregiudizi favorevoli, persino un rapporto commissionato dall’Unione Europea conferma che le scuole dell’Autorità Palestinese insegnano violenza e antisemitismo

Di Marcus Sheff

Marcus Sheff, CEO di IMPACT-se, autore di questo articolo

Nell’aprile 2019 la rappresentante della politica estera dell’Unione Europea Federica Mogherini annunciò un’indagine sull’odio e l’istigazione nei testi scolastici palestinesi redatti e usati da insegnanti i cui stipendi sono generosamente sostenuti dall’Unione Europea. L’indagine venne avviata a seguito di un’iniziativa del Parlamento europeo che aveva giustamente contestato l’utilizzo di fondi europei per educare all’odio più di un milione di alunni palestinesi.

Nonostante un inizio infausto e un rapporto intermedio abborracciato in modo imbarazzante, la tanto attesa versione finale dell’indagine condotta dal Georg Eckert Institute (GEI) è stata consegnata lo scorso giugno, presentando dei risultati generalmente in linea con le precedenti ricerche condotte da IMPACT- se e da altri. Il rapporto rileva la prevalenza di materiale violento, la glorificazione dei terroristi e del martirio e l’indottrinamento all’odio e all’antisemitismo. Prende anche atto di ciò che viene omesso dai libri di testo palestinesi, vale a dire materiale che incoraggi la risoluzione pacifica dei conflitti. Il rapporto sottolinea giustamente l’incidenza di antichi cliché antisemiti come il tradimento e l’avidità, riproposti in un contesto moderno. E prende anche nota della negazione dei legami storici fra ebraismo e Terra d’Israele, insieme alle accuse agli ebrei di fabbricare false prove archeologiche. Terroristi, come Dalal al-Mughrabi, vengono celebrati e presentati come modelli da emulare, e la strage compiuta da al-Mughrabi di civili, adulti e bambini, viene definita “audacia ed eroismo che ha reso la sua memoria immortale nei nostri cuori e nelle nostre menti”. Il rapporto afferma che la violenza contro civili occupa un posto centrale nella narrativa della costruzione storica della nazione palestinese per come viene rappresentata nei libri di testo, ed esprime la valutazione dell’istituto che tutto ciò “non è compatibile con gli standard dell’Unesco”.

La “Mappa della Palestina” in un libro scolastico palestinese. Il testo dice che la Palestina si estende “dal Mar Mediterraneo a ovest al fiume Giordano a est e dal Libano e dalla Siria a nord al Golfo di Aqaba e all’Egitto a sud: un’area di circa 27.000 kmq”. Israele non esiste

Non c’è da stupirsi. L’abuso degli allievi palestinesi al fine di promuovere violenza e odio è il motivo per cui il Parlamento europeo ha emesso ferme condanne nel 2018, nel 2020 e nel 2021. È il motivo per cui il governo norvegese ha parzialmente congelato i finanziamenti all’Autorità Palestinese e ne ha condizionato la ripresa a un cambiamento dei programmi scolastici. È il motivo per cui il Comitato Onu per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha pubblicato un rapporto che rileva materiale antisemita e istigazione all’odio nei libri di testo dell’Autorità Palestinese e ne chiede la rimozione. È anche il motivo per cui sta procedendo al Congresso degli Stati Uniti la risoluzione HR 2374 che mira a garantire che il denaro dei contribuenti statunitensi non venga usato per finanziare materiale didattico in netto contrasto con i valori americani di inclusione, tolleranza e pace.

Curiosamente però, per motivi su cui ognuno può fare le proprie ipotesi, l’istituto tedesco ha incluso nel suo rapporto una frase in cui afferma che il curriculum scolastico palestinese in effetti soddisfa gli standard dell’Unesco. Questa sbalorditiva contraddizione si basa su un esame dei corsi sui diritti umani ampiamente riportati dai recensori. L’illazione sembra essere che l’inclusione di materiale che effettivamente risponde agli standard richiesti basterebbe per ricusare centinaia di pagine che promuovono idee fondamentalmente contrarie ai diritti umani. Tuttavia, una lettura attenta del testo restituisce un quadro completamente diverso rivelando che i testi sui diritti umani in ogni caso “non applicano a Israele queste nozioni” che vengono esposte esclusivamente in relazione alle violazioni dei diritti dei palestinesi ad opera di “soggetti israeliani”. Il materiale rivela anzi un approccio nefasto ai diritti umani tanto evidente da far ritenere che “possano potenzialmente disumanizzare la parte (israeliana)”. Pertanto, anche dà dove i libri scolastici palestinesi si sforzano di conformarsi agli standard dell’Unesco, l’odio verso gli ebrei e Israele prevale comunque.

Sull’uniforme di una scuola elementare femminile dell’Autorità Palestinese a Hebron intitolata alla terrorista Dalal Mughrabi, la mappa della “Palestina”: Israele è cancellato dalla carta geografica

Nonostante ci siano voluti più di due anni per redigere il rapporto del GEI, finanziato con oltre 260.000 dollari, esso copre solo il 43% dei libri di testo del 2016-2020 e solo 15 di quelli inclusi nell’attuale curriculum di studi palestinese. Ma anche nel materiale che hanno esaminato, i ricercatori non hanno rilevato diversi contenuti moloto problematici. Tra le “sviste” più notevoli, le istruzioni a carattere antisemita che dicono agli insegnanti di abbassare il voto agli allievi che “non collegano la perpetrazione dei massacri sionisti al pensiero religioso ebraico”, i cliché sugli ebrei che controllano i mass-media, la finanza e la politica, e la giustificazione dell’attentato alle Olimpiadi di Monaco (1972) come “un colpo inferto agli interessi sionisti all’estero”. Lascia sbigottiti che il rapporto consideri il sistematico antisemitismo, evidente nei libri di testo palestinesi, come giustificabile per il fatto che Israele si definisce “stato ebraico”. Allo stesso modo, le mappe che cancellano Israele vengono considerate accettabili in considerazione del fatto che servono come “un importante simbolo unificante dell’identità palestinese”. Ma la cosa più scioccante è che la raccapricciante descrizione di un rogo di ebrei israeliani su un autobus, causato da bottiglie molotov e descritto come un “barbecue party”, secondo gli estensori del rapporto non può essere interpretato come “una diretta esortazione alla violenza”. Il rapporto sottolinea che è stato rimosso un esercizio di matematica in cui veniva calcolato il numero di “martiri”, ma gli sfuggono altri esempi simili che non sono stati affatto rimossi. Il rapporto trae persino conclusioni da cambiamenti apparentemente positivi sulla base di libri che i ricercatori stessi ammettono non essere inclusi tra quelli adottati nelle scuole, e che dunque non dovevano nemmeno rientrare nel rapporto.

I resti dell’autobus israeliano dopo l’attentato guidato nel 1978 da Dalal Mughrabi: 38 civili uccisi, compresi 13 bambini

A voler essere più benevoli possibile, si può forse attribuire questo notevole caso di contorsionismo accademico all’atteggiamento caritatevole degli estensori. Questo sembra essere stato l’approccio seguito dal commissario europeo Oliver Varhelyi. Responsabile della supervisione degli aiuti all’Autorità Palestinese e all’Unrwa, è stato il suo dipartimento a commissionare il rapporto GEI. Riflettendo sui risultati, ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede di condizionare gli aiuti al settore dell’istruzione a una “piena adesione agli standard Unesco di pace, tolleranza, coesistenza, non violenza” e alla “necessità di una riforma dell’istruzione palestinese”. Il Segretario di stato americano Antony Blinken ha riconosciuto l’esistenza di contenuti antisemiti e violenti nei libri di testo dell’Autorità Palestinese utilizzati dall’Unrwa e ha confermato che il rinnovo dei finanziamenti per l’Unrwa sarà subordinato a una riforma globale del curriculum studi da parte dell’Autorità Palestinese. Secondo il sottosegretario di stato britannico James Duddridge, “il rapporto ha rilevato che continuano a esserci contenuti anti-israeliani e antisemiti” nei libri di testo dell’Autorità Palestinese. Ha anche detto che il materiale citato nel rapporto “non è accettabile per il parlamento e il governo”. Allo stesso modo, i governi danese e norvegese hanno espresso le loro preoccupazioni in merito ai risultati del rapporto.

Di fronte a queste critiche di alcuni dei suoi amici più fidati, l’Autorità Palestinese rimane imperturbabile. Il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh, citato da Asharq Al-Awsat, ha respinto i risultati del rapporto affermando che “i programmi di studio palestinesi non possono essere giudicati secondo standard molto lontani dalla storia e dalla cultura del popolo”. Questo presupposto, che di fatto annulla in partenza la logica che sta alla base di un esame dei programmi di studio secondo gli standard internazionali, lascia pochi dubbi sul futuro dell’istruzione nei Territori palestinesi. Gli allievi continueranno a essere sottoposti quotidianamente all’indottrinamento estremista, l’antisemitismo continuerà ad essere propagato nelle aule scolastiche e i “martiri” continueranno a essere proposti come modelli di comportamento a cui gli alunni devono aspirare.

La domanda principale che dovrebbero porsi i responsabili politici europei è se Bruxelles punterà i piedi e insisterà per ottenere programmi di studio di pace per gli allievi palestinesi, o se continuerà a partecipare al finanziamento del festival dell’odio degli attuali programmi e testi scolastici palestinesi.

(Da: Times of Israel, 29.8.21)

 

Materiale didattico dell’Unrwa con la mappa della Palestina: Israele è cancellato dalla carta geografica (clicca per ingrandire)

Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi, ha riconosciuto che nei libri di testo usati dall’Autorità Palestinese si possono trovare antisemitismo e glorificazione del terrorismo, anche se ha insistito sul fatto che non è ciò che viene insegnato dalla sua agenzia. Lazzarini lo ha ammesso mercoledì scorso, dopo essere stato interpellato dalla Commissione affari esteri del Parlamento europeo circa il perdurante insegnamento dell’odio, della violenza e dell’antisemitismo nei testi e nel materiale didattico dell’Unrwa. Fra l’altro, gli è stato chiesto di render conto del materiale problematico creato dallo stesso personale dell’Unrwa e documentato in un rapporto presentato a gennaio, poi aggiornato a febbraio, dall’Istituto per il monitoraggio della pace e della tolleranza culturale nell’istruzione scolastica (IMPACT-se). “Siamo in gran parte d’accordo con la conclusione che vi sono una serie di questioni che devono essere affrontate – ha detto Lazzarini – Antisemitismo e intolleranza sono assolutamente il tipo di problemi che sono stati identificati dall’Unrwa attraverso la revisione di 150 testi, e continuiamo a riesaminare ciascuno dei libri distribuiti dalle autorità ogni volta che devono essere usati nelle nostre scuole”. Lazzarini ha anche affermato che l’Unrwa interviene quando si tratta di argomenti come la glorificazione del terrorismo. “Ogni volta che abbiamo a che fare con questioni difficili, diamo indicazione ai nostri insegnanti su come trattarli o chiediamo che non vengano insegnati in classe, soprattutto quando iniziamo a parlare di glorificazione del terrorismo, per esempio, anch’essa uno dei tempi in questione”. L’europarlamentare tedesco Dietmar Köster, dell’Alleanza Socialisti e Democratici, ha dichiarato che, alla luce delle “gravi carenze degli ultimi anni” dell’Unrwa, ritiene che il Parlamento europeo “non abbia altra scelta che discutere se non abbiamo bisogno di un controllo più rigoroso sull’agenzia”. Secondo i dati di IMPACT-se, l’Unione Europea è il maggiore e più costante donatore a favore dell’Unrwa.
(Da: jns.org. 3.9.21)