Se è così che si comportano a Gaza…

È evidente che i palestinesi non vogliono o non sono in grado di rispettare gli accordi

Da un articolo di Ze'ev Schiff

image_1710Le organizzazioni armate palestinesi nella striscia di Gaza stanno dando dimostrazione una volta di più di quella che è diventata ormai una regola fra i palestinesi: gli accordi su cui si impegnano i loro leader non hanno alcun valore. Basta prestare ascolto ai cittadini palestinesi che si lamentano per come gli accordi di cessate il fuoco non hanno alcun significato. Gli accordi vengono fatti e firmati, e immediatamente violati. In quest’ultima tornata di violenze, le parti in conflitto hanno già raggiunto cinque cessate il fuoco. Ogni volta, nel giro di poche ore hanno ricominciato a uccidersi a vicenda, colpendo e ferendo anche astanti innocenti. Se questo è il modo in cui si comportano fra loro, perché mai dovrebbero essere più scrupolosi nel rispettare gli accordi con soggetti esterni come Israele, Giordania, Libano o Egitto? Si tratta di un importante insegnamento da trarre dai fatti recenti nella striscia di Gaza.
Il fenomeno non è nato a Gaza. Durante la guerra civile in Libano negli anni ’70 e ’80, i palestinesi accettarono e sottoscrissero più di 90 cessate il fuoco. Quasi tutti vennero violati, con terribili spargimenti di sangue. Il desiderio di sbarazzarsi dei palestinesi fu una delle ragioni per cui tanti sciiti salutarono con favore l’entrata delle Forze di Difesa israeliane in Libano. E l’obiettivo di fermare l’anarchia palestinese fu una delle ragioni dietro all’invasione del Libano da parte di Hafez Assad.
In Giordania i palestinesi continuarono a violare gli accordi raggiunti con re Hussein fino a quando questi percepì che il governo gli stava sfuggendo di mano. Anche là, dunque, causarono una guerra civile durante la quale furono sconfitti dall’esercito giordano.
L’apice è stato raggiunto non molto tempo fa, quando i palestinesi hanno brutalmente violato l’accordo raggiunto alla Mecca per la creazione di un governo di unità nazionale prima ancora che fosse asciugato l’inchiostro con cui era scritto.
È dunque evidente che i palestinesi non vogliono o non sono in grado di mantenere gli accordi. Ogni volta trovano una scusa o un pretesto, anche se finisce per danneggiare loro stessi. Alcuni dicono che questo accade perché i palestinesi non hanno un’entità nazionale. Ma Yasser Arafat l’aveva e controllava la maggioranza delle sue organizzazioni. Eppure violò costantemente gli accordi presi.
Israele non ha altra scelta che continuare a perseguire accordi con i palestinesi, ma deve anche insistere nel preservare ampi margini di sicurezza. Ad esempio facendo ogni sforzo, nella situazione attuale, per tenere separati i territori di Cisgiordania e striscia di Gaza e impedire che Hamas abbia la meglio anche in Cisgiordania. Per questo devono essere per lo più respinte le parti riguardanti la sicurezza della proposta dell’americano Keith Dayton.
Un’altra lezione da trarre da quanto avviene a Gaza riguarda l’Egitto. Qui accade qualcosa di strano. Certo, gli egiziani hanno migliorato i loro sforzi per intervenire contro i terroristi nel Sinai, ma se si fa il confronto fra l’attività egiziana contro il traffico di armi e gli sforzi fatti dai giordani, gli egiziani ne escono molto male. Ed è grave anche il modo in cui gli egiziani chiudono un occhio di fronte all’enorme traffico di denaro di Hamas, per lo più dall’Iran verso Gaza. Tutto quello che fanno è chiedere che chi trasferisce denaro ne dichiari l’ammontare. Si tratta di fondi che non sono destinati alla popolazione civile della striscia di Gaza, quanto piuttosto alla creazione di un vero esercito di Hamas. La sensazione in Israele è che l’Egitto faccia un gioco ambiguo nella guerra al terrorismo.
Intanto la guerra d’attrito fra Israele e Hamas continua ed è ragionevole presumere che si allargherà ad altre comunità israeliane che finiranno nel raggio di gittata dei razzi palestinesi. Per ora Hamas marca un punto rispetto ai cittadini di Sderot che sfollano dalla città, e contro Israele nel suo complesso. I colpi che Israele infligge a Hamas non saranno così significativi, ma è importante che non demordano, e non è nemmeno da escludere un’incursione temporanea delle Forze di Difesa israeliane in profondità in alcune parti della striscia di Gaza.
Hamas e altre organizzazioni palestinesi che cercano di colpire soprattutto obiettivi civili in Israele, lamentano che civili palestinesi vengano coinvolti nelle controffensive israeliane. Israele non deve punire i civili palestinesi per gli attacchi che subiscono le sue comunità di civili, e tuttavia deve reagire immediatamente contro le sorgenti del fuoco nemico anche se vi sono dei civili nelle vicinanze. Si tratta del più naturale e fondamentale diritto all’autodifesa. Il fatto che la Russia sia stata la prima a denunciare Israele per questo è semplicemente ridicolo. Israele naturalmente fa bene a stare attento a non fare a Gaza neanche una frazione delle brutalità commesse dai russi in Cecenia.
I norvegesi, un tempo amici di Israele, ignorano completamente quello che accade a Sderot: proprio mentre venivano lanciate ondate di Qassam, hanno annunciato un trasferimento di donazione a favore dell’Autorità Palestinese: soldi che finiranno sicuramente nelle mani di Hamas. In altre parole, dei lanciatori di Qassam. Con amici come questi, chi ha bisogno di nemici?

(Da: Ha’aretz, 25.05.07)