Se i palestinesi accettassero le loro responsabilità

In ebraico si usa dire: “Per i nostri peccati, fummo esiliati dalla terra”

Da un articolo di Shlomo Avineri

image_1696Come ogni anno, il 15 maggio i palestinesi celebrano la Giornata della Naqba. È senz’altro doveroso ascoltare la loro voce. Come esseri umani e come ebrei dobbiamo prestare ascolto e attenzione alle sofferenze del prossimo, anche se il prossimo – in questo momento – è il nostro nemico. Ma dobbiamo ascoltare con senso critico.
Innanzitutto dobbiamo chiederci: perché il 15 maggio? Quello è il giorno in cui ebbe termine il Mandato Britannico sulla Palestina e venne fondato lo Stato di Israele. Ma la risoluzione delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 stabiliva che quello stesso giorno venisse creato anche uno stato arabo su una parte della Palestina Mandataria. Era la risoluzione 181, quella impresse il sigillo dell’approvazione internazionale alla creazione di due stati nazionali sul conteso territorio della Palestina Mandataria. Si ricordano i palestinesi di menzionare questo particolare, insieme al loro rifiuto della soluzione di compromesso proposta dalla comunità internazionale nella forma del piano di spartizione?
Con tutta la dovuta comprensione ed empatia per le sofferenze palestinesi, il modo in cui la Naqba, la “catastrofe”, viene presentata nella narrazione araba e palestinese suscita diversi interrogativi. Essa viene descritta come una cosa terribile e malvagia accaduta ai palestinesi. Non si intravede nemmeno una virgola di introspezione, di autocritica, di disponibilità a fare i conti con il contributo dato dagli stessi palestinesi alla loro catastrofe. Possiamo capire – senza giustificarla – la reazione dei palestinesi al piano di spartizione, così come possiamo capire – senza giustificarla – la posizione dei Sionisti Revisionisti che erano contrari alla spartizione. Ma la grande maggioranza della comunità ebraica accettò quella proposta. E se anche la maggior parte dei palestinesi l’avesse accettata, allora uno stato palestinese indipendente sarebbe sorto su una parte della Palestina mandataria già nel 1948, senza guerre e senza profughi.
I palestinesi non sono disposti a fare i conti con questa complessa realtà. Dopo il 1948 sono stati scritti un bel po’ di libri, in arabo, sulla sconfitta araba nella guerra contro Israele. Ma fino ad oggi non risulta neanche un libro che si sia posto la questione se magari gli arabi abbiamo sbagliato nel rifiutare il compromesso della spartizione, per doloroso che potesse essere. Non è che magari avrebbero fatto meglio se, come i sionisti, avessero accettato, sebbene a denti stretti, la metà piena del bicchiere?
Un’espressione molto usata nella tradizione ebraica dice: “A causa dei nostri peccati, fummo esiliati dalla nostra terra”. È un’espressione di carattere religioso, ma indica anche che gli ebrei consideravano il loro esilio in modo autocritico. Naturalmente sarebbe stato più comodo dare tutta la colpa per il loro destino ai romani e ad altre nazioni. Ma la narrazione ebraica non lo fece, e considerò sia la distruzione che l’esilio come una conseguenza, fra la altre cose, dei comportamenti e degli errori degli stessi ebrei.
Ogni nazione, specie una nazione sconfitta, si considera vittima. Ma per lo più le nazioni sconfitte – un classico esempio è la Germania dopo la seconda guerra mondiale – guardano anche dentro se stesse, dentro la loro società, i loro valori, i loro comportamenti. Lungi da me l’idea di sostenere che nel 1948 gli ebrei avessero tutte le ragioni e gli arabi tutti i torti. Ma ciò che preoccupa, me come altri sionisti israeliani che vorrebbero prestare attenzione alla sofferenza dei palestinesi e contribuire a correggere le ingiustizie e promuovere uno storico compromesso, è la completa indisponibilità dei palestinesi a prendere atto che nel 1948 loro e i loro dirigenti commisero un tragico errore di portata storica – in termini sia politici che morali – rifiutando il compromesso internazionale che veniva loro offerto.
Anche per questo l’abituale parallelo fatto dai palestinesi fra la Naqba e la Shoà è inaccettabile. Forse che gli ebrei tedeschi ed europei avevano dichiarato guerra alla Germania? Forse che era stato offerto agli ebrei un compromesso da essi respinto? La realtà è che gli ebrei d’Europa vennero assassinati dai nazisti solo perché ebrei. Cosa ha a che fare, questo, con la decisione dei palestinesi di rifiutare il compromesso proposto dalle Nazioni Unite, e di entrare in guerra?
Non sarebbe esagerato affermare che non vi sarà vero compromesso fra Israele e palestinesi finché non vi sarà una disponibilità da parte palestinese, ancorché minima e parziale, a prendere atto che la verità è sempre complicata, e ad ammettere che anche loro furono in parte responsabili per ciò che gli accadde nel 1948.

(Da: Ha’aretz, 10.05.07)

Nella foto in alto: Durante le celebrazioni della Naqba, i palestinesi tradizionalmente esibiscono la mappa delle loro rivendicazioni territoriali: Israele è cancellato.