Se i palestinesi continuano a perpetuare un mito fasullo e calunnioso

Ripetere la frusta menzogna del sionismo che vorrebbe espandersi dal Nilo all’Eufrate non promuove né l’indipendenza palestinese né la pace

Di Sheldon Kirshner

Sheldon Kirshner, autore di questo articolo

Azzam Al-Ahmad, importante esponente palestinese, ha recentemente dichiarato alla rete televisiva del Qatar Al-Araby che Israele mira ad espandere i suoi confini dal fiume Nilo, in Egitto, al fiume Eufrate, in Iraq. [Vedi il video con sottotitoli in inglese e traduzione in italiano] Nel descrivere i palestinesi come i custodi degli interessi di tutto il mondo arabo, Al-Ahmad, che è membro del Comitato Centrale di Fatah (il movimento che fa capo ad Abu Mazen ndr), ha affermato: “Noi palestinesi difendiamo tutti voi. Difendiamo la Mecca, Baghdad, il Cairo, Amman e Damasco. Questo è il nostro destino come palestinesi”. E poi ha aggiunto questa impareggiabile perla: “Siamo i guardiani della fede a Gerusalemme, che la difendono dai disegni territoriali sionisti dal Nilo all’Eufrate”.

Quello cui fa riferimento è un mito nefasto che i nazionalisti arabi e palestinesi spacciano senza ritegno da decenni. Molto prima dell’istituzione di Israele nel 1948, iniziarono ad accusare il movimento sionista di voler creare uno stato ebraico le cui frontiere si sarebbero estese su gran parte del Medio Oriente. Successivamente optarono per uno slogan più orecchiabile che ha catturato l’immaginazione di moltitudini di arabi, penetrando in profondità nella mitologia della politica araba.

L’idea puramente immaginaria che i sionisti mirassero a fondare uno stato ebraico dalle rive del Nilo alle rive dell’Eufrate fu tanto largamente accettata e interiorizzata dagli arabi di ogni condizione che entrò a far parte stabilmente della narrazione araba più consolidata. L’ex presidente dell’Egitto Gamal Abdul Nasser la perpetuò in una serie di infuocati discorsi. L’ex ministro della difesa siriano, Mustafa Tlass, invertendo soltanto l’ordine dell’infame slogan sostenne che la scritta “Dall’Eufrate al Nilo” era incisa sopra l’ingresso della Knesset. Naturalmente nessuna iscrizione del genere è mai comparsa sui muri del parlamento israeliano, ma questo dettaglio non preoccupava minimamente i propagandisti arabi decisi a dimostrare che Israele è un paese colonialista e imperialista determinato a divorare terre arabe.

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Prima del processo di pace di Olso del 1993 anche Yasser Arafat, il presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, utilizzò più volte questo slogan per manifestare la convinzione che Israele fosse intrinsecamente espansionista. Malauguratamente, il fasullo slogan ha ancora forte presa in importanti circoli palestinesi. Dopo la rivoluzione islamica in Iran anche i dirigenti iraniani, dal presidente Rafsanjani all’ayatollah Ali Khomeini, fecero ricorso allo stesso slogan per giustificare la loro opposizione all’esistenza di Israele.

I sionisti di destra che, prima e dopo la creazione di Israele, propugnarono l’idea di uno stato ebraico “sulla totalità della Terra d’Israele” (questo il significato della locuzione Eretz Yisrael Hashlema, impropriamente tradotta Grande Israele ndr), sono stati facilmente strumentalizzati dagli arabi, convinti che lo scopo del sionismo fosse quello di espandere smisuratamente i confini della patria ebraica. Ma anche i sionisti più estremisti non hanno mai parlato né immaginato confini che si estendessero dall’Egitto all’Iraq. Le loro ambizioni territoriali, anche quando esageravano, erano strettamente limitate alla Terra d’Israele/Palestina. Il che non ha impedito ai propagandisti arabi di sfruttare le loro dichiarazioni per ingigantire deliberatamente gli obiettivi del movimento sionista e mobilitare appoggi alla causa palestinese.

Fu così che lo slogan “dal Nilo all’Eufrate” si è incistato nella retorica araba e palestinese seminando sospetti e ostilità, avvelenando gli atteggiamenti verso Israele e contribuendo a rendere quasi irrisolvibile la disputa arabo-israeliana. Agli arabi andrebbe ricordato che, se davvero Israele fosse così affamato di terra, non si sarebbe ritirato per due volte dall’intera penisola del Sinai (nel 1957 e nel 1982), né dal Libano nel 1978, nel 2000 e di nuovo nel 2006. E andrebbe anche ricordato che Israele si è ritirato unilateralmente dalla striscia di Gaza nel 2005, e che dagli anni ’90 in poi diversi primi ministri israeliani hanno preso seriamente in considerazione la possibilità di ritirarsi dalle alture del Golan (su cui ha già ripiegato le forze nel 1974 ndr) in cambio della pace con la Siria. Questi sono fatti, non fantasie. Eppure Azzam Al-Ahmad non ha potuto resistere alla tentazione di impantanarsi di nuovo nelle accuse infondate e calunniose contro Israele.

I palestinesi hanno certamente diritto a un loro stato in Cisgiordania e Gaza, ma i loro rappresentanti renderebbero un servizio molto migliore alle aspirazioni nazionali palestinesi se si attenessero alla realtà e alla verità dei fatti su Israele e il sionismo.

(Da: Times of Israel, 22.9.20)

Il 25 maggio 1990 Yasser Arafat giunse a sostenere, davanti a una sessione speciale del Consiglio di Sicurezza dell’Onu riunito a Ginevra, la strampalata teoria complottista secondo cui sulla moneta israeliana da 10 agorot sarebbe rappresentata la “segretissima” mappa della Grande Israele dall’Egitto alla Mesopotamia bramata dall’espansionismo sionista. In realtà sulla moneta è riprodotta l’immagine di una delle ultime monete coniate dall’ultimo re asmoneo di Giudea, Antìgono Mattatia (40-37 a.e.v.) con la menorah, il candelabro a sette bracci.

Qui sotto, la moneta da 10 agorot (a sinistra) e la mappa della “Grande Israele” secondo la paranoia propagandistica anti-israeliana: