Se Israele resta a corto di fortuna

Le opzioni militari in caso di continui (e letali) lanci di Qassam da Gaza

Da un articolo di Yaakov Katz

image_2151Durante un briefing con i corrispondenti militari presso il quartier generale delle Forze di Difesa israeliane nella primavera del 2006, quando l’eventualità di una guerra in Libano era ancora lontana dalla mente degli strateghi israeliani, venne chiesto all’allora capo di stato maggiore Dan Halutz di spiegare la strategia dell’esercito a fronte della minaccia posta da Hamas nella striscia di Gaza. Ciò avveniva prima che Hamas prendesse in ostaggio Gilad Schalit (nel giugno 2006) e che prendesse il potere con la violenza a Gaza (giugno 2007). Le forze di Fatah del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) pattugliavano ancora le strade di Gaza in una dimostrazione di forza, che non avevano, prima di venir cacciate dai meno numerosi uomini di Hamas. “Non c’è dubbio – disse allora Halutz, rispondendo alle pressanti domande su perché Israele non reagisse con maggior determinazione agli incessanti lanci di missili Qassam palestinesi – che la fortuna è un elemento chiave nella nostra strategia”.
Il mese scorso quella fortuna ha iniziato a venir meno. La granata di mortaio sparata da Hamas che ha ucciso il 51enne Amnon Rozenberg nel kibbutz Nir Oz ai primi di giugno ha portato il bilancio degli israeliani uccisi nella guerra d’attrito con Hamas a otto dall’inizio dell’anno. In tutto il 2007 furono dieci gli israeliani uccisi da missili palestinesi lanciati dalla striscia di Gaza. Rozenberg è stato il terzo israeliano ucciso da ordigni lanciati dalla striscia di Gaza nell’arco di sole tre settimane. Prima di lui erano stati uccisi Shuli Katz nel moshav Yesha e Jimmy Kedoshim nel kibbutz Kfar Aza.
Durante il suo recente incontro con i rappresentanti delle comunità israeliane che sorgono attorno alla striscia di Gaza, il ministro della difesa Ehud Barak ha dichiarato che un’operazione militare su larga scala nella striscia di Gaza è più vicina che mai. Dalle sue parole sembrava di capire che quella operazione non fosse più questione di mesi o settimane, ma di pochi giorni.
Le Forze di Difesa israeliane sono pronte a lanciare un’incursione. Per tutto l’anno scorso la fanteria, i mezzi corazzati, l’artiglieria e altre unità si sono intensamente addestrate e i comandanti conoscono già gli ordini specifici nel caso venga data luce verde: sanno in quali aree dovrebbero entrare e di quali edifici dovrebbero assumere il controllo.
Vi sono diversi piani. Esiste un piano a livello di Scudo Difensivo, dal nome della massiccia operazione del 2002 in Cisgiordania con cui le Forze di Difesa israeliane presero posizione in quasi tutte le città palestinesi (dopo più di due anni di attentati terroristici nelle città israeliane): in questo caso significherebbe sostanzialmente rioccupare l’intera striscia di Gaza.
Esistono poi operazioni su scala minore, come la presa di controllo delle basi di lancio dei Qassam nella parte nord della striscia di Gaza, o altre simili.
Il tipo di operazione che verrà eventualmente scelto dipenderà dal fatto se Israele fa ancora affidamento o meno su un possibile cessate il fuoco con Hamas. Un’operazione su larga scala indicherebbe che Israele ha abbandonato l’ipotesi cessate il fuoco, per intraprendere invece l’operazione di sradicamento di Hamas. Alternative su scala minore rappresenterebbero al contrario la volontà di Israele di indebolire Hamas e farle pagare un prezzo prima che venga accettato un cessate il fuoco.
Contrariamente alle apparenze, Israele non ha ancora abbandonato l’idea di un cessate il fuoco. In realtà la maggior parte delle questioni legate a una tregua con Hamas sarebbero già state messe a punto, attraverso la mediazione dell’Egitto, grazie al principale assistente di Barak, Amos Gilad. Non c’è dubbio che Hamas ha un disperato bisogno del cessate il fuoco: ha bisogno della calma a Gaza per consolidare il suo regime e ricostruire la sua ala militare. Se nel quadro della tregua i valichi venissero riaperti, come chiede Hamas, essa guadagnerebbe molti punti sulla piazza palestinese e potrebbe prendersi il merito per la fine del blocco della striscia di Gaza.
Ufficiali della difesa israeliana hanno avvertito che Hamas approfitterebbe del periodo di calma per contrabbandare ancora più armi nella striscia di Gaza e rafforzare la sua ala militare, aumentando i rischi cui sarebbero esposti i soldati israeliani in qualunque futura operazione.
Anche Israele ha le sue buone ragioni a favore di un cessate il fuoco. Primo, c’è il desiderio di garantire un po’ di pace e di respiro agli abitanti della cintura attorno alla striscia di Gaza dopo quasi un decennio di attacchi missilistici pressoché quotidiani. Ma ancora più importante è poter permettere alle Forze di Difesa israeliane di focalizzarsi sulla vera minaccia di quest’estate per Israele: l’Iran.
Nel momento in cui Israele e Siria avviano colloqui di pace, le chance che Damasco scenda in guerra contro Israele sono significativamente diminuite. Lo stesso presidente siriano Bashar Assad nelle sue dichiarazioni esclude una partecipazione siriana in tale guerra. Con la Siria già ai margini, un cessate il fuoco a Gaza potrebbe escludere dall’equazione anche Hamas, permettendo all’apparato della difesa israeliano di concentrare l’attenzione sull’Iran, che entro la fine dell’anno potrebbe essere orami in grado di maneggiare tecnologia nucleare.

(Da: Jerusalem Post, 9.06.08)

Nella foto in alto: Pezzi di razzi palestinesi mostrati da israeliani delle comunità attorno alla striscia di Gaza durante una manifestazione di protesta contro il trasferimento di aiuti a vantaggio del regime terrorista di Hamas.