Se l’intransigente non è più Netanyahu

I palestinesi stentano a credere che questo cambiamento di percezione stia avvenendo davvero

di Guy Bechor

image_2691L’Autorità Palestinese del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) stenta a credere che stia avvenendo davvero, ma pare proprio che inizi ad essere vista nel mondo come la parte che respinge la pace.
Circa un anno fa i palestinesi erano sicuri che li attendevano tempi buoni e che un presidente americano ideale, dal loro punto di vista, avrebbe realizzato i loro desideri. E invece, nel giro di un solo anno le carte sembrano essersi ribaltate, e anziché vedere l’Autorità Palestinese che denuncia Netanyahu come intransigente, il mondo inizia sempre più a capire che in effetti quelli intransigenti sono i palestinesi. Due mosse di Netanyahu sono ciò che ha ribaltato il quadro.
Dapprima, la sua dichiarata disponibilità a sostenere uno stato palestinese (purché senza ritorno dei profughi in Israele e senza Gerusalemme): una mossa che i palestinesi avrebbero afferrato a due mani se fossero seriamente interessati a questa soluzione.
Poi c’è stato il congelamento temporaneo degli insediamenti, che ha posto Abu Mazen davanti a un altro problema. Ora si sente dire dai leader mondiali: Israele si è mosso, dunque perché vi rifiutate di negoziare? L’onere della prova è passato ad Abu Mazen, in un momento in cui egli non fa nessuna concessione rispetto a Israele. Anzi, al contrario: la sua Autorità Palestinese continua a aizzare contro Israele. Mentre Israele è pronto a negoziare qui e ora, i palestinesi pongono precondizioni e vanno perdendo il sostegno occidentale.
Precondizioni per parlare con Israele? Come se non vi fossero mai stati il processo di Oslo, il reciproco riconoscimento, gli accordi firmati. Curiosamente quegli accordi congiunti sono vivi e vegeti quando si tratta dei diritti dei palestinesi; quando invece si tratta di riconoscere Israele, improvvisamente si dileguano nel nulla.
Non basta. Poco fa la dirigenza palestinese si è presa una sberla in faccia quando se ne è uscita con l’idea della “dichiarazione d’indipendenza unilaterale”. Gli Stati Uniti hanno messo in chiaro, nel modo più deciso e seccato, che non vi è nessuna chance che possano appoggiare una tale mossa. Ma, ancora peggio per i palestinesi, persino l’Unione Europea ha detto in modo esplicito che non avrebbe approvato una mossa o uno “stato unilaterale”. Sarebbe una mossa in totale contraddizione con la concezione europea che si fonda sul principio del riconoscimento reciproco e dei negoziati.
E tutta quell’ostilità verso Israele? brontolano i palestinesi; senza riuscire a capire che detestare Israele non equivale ad avere in simpatia i palestinesi. Confondono sentimenti anti-israeliani e sentimenti filo-palestinesi: non capiscono che, nel mondo, molti che odiano Israele usano i palestinesi semplicemente come una foglia di fico per coprire questo loro odio pregiudiziale.
I palestinesi sono scioccati anche nel veder crescere le relazioni fra Israele ed Europa, cosa che essi hanno tentato di ostacolare in ogni modo. Il ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese Riyad al-Maliki (in passato membro del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina) la denuncia con forza. I palestinesi non si raccapezzano: come può l’Europa avvicinarsi a Israele? Per anni e anni hanno prestato ascolto all’odio diffuso dai canali tv arabi, che sottolineano sempre e solo gli aspetti negativi – veri o presunti – di Israele; e come tutti coloro che prendono questi resoconti per oro colato, semplicemente non capiscono il quadro reale delle cose.
Ancora più deludente, per i palestinesi, l’assenza di appoggio arabo alla loro prospettata dichiarazione unilaterale. Anzi, non è mancato, fra gli arabi, chi ha causticamente ricordato ai palestinesi d’aver già appoggiato lo stato palestinese che essi dichiararono nel 1988…
E così i palestinesi sono ancora una volta da soli. Apparentemente tutti li appoggiano e fanno a gara a sostenerli more a voce sempre più alta; ma al momento della verità, come sempre, si ritrovano da soli. Con la loro dichiarazione unilaterale volevano isolare Stati Uniti e Israele e hanno finito per isolare se stessi, offrendo di sé l’immagine degli intransigenti che respingono la pace rifiutando reali contatti con Israele, come se volessero imporre a tutto il mondo il loro particolare punto di vista. La stessa amministrazione Obama nutre riserve sempre più forti sul loro conto: in gran parte si sono già giocati il nuovo presidente americano.
La dichiarazione d’indipendenza unilaterale sta costando un caro prezzo ad Abu Mazen e soci, i quali al momento non hanno la minima idea di come rispondere a Netanyahu, che è lì che aspetta di negoziare con loro.

(Da: YnetNews 12.10.09)