Se ne discute in Israele

Alcuni commenti dagli editoriali della stampa israeliana di giovedì 23 aprile

Yediot Aharonot scrive: “Per quanto strano possa sembrare, nonostante decenni di ‘pace’ con paesi come Egitto e Giordania, la società araba in Medio Oriente non si è mai preoccupata di porsi la domanda – Che cos’è Israele?…La nuova posizione del governo israeliano, che richiede il riconoscimento da entrambe le parti dello slogan ‘Due stati per due popoli’ fa ora, per la prima volta, da obiettivo per la società araba…L’esigenza di riconoscere Israele come stato ebraico o come stato del popolo ebraico li costringerà a decidere, a considerare ed a capire che cos’è Israele. Esiste un popolo ebraico? La maggioranza del pubblico arabo dirà: assolutamente no, come credono Abu Mazen e Saeb Erikat, al massimo c’è una religione ebraica e forse una cultura ebraica. Ma per accettare il loro stato, dovranno riconoscere questo popolo, la sua identità,il suo movimento nazionale – il Sionismo, e cominciare ad interessarsi seriamente ad esso, nella realtà e non nella fantasia….Questo non sarà facile per quelli che sono stati allevati con sentimenti fortemente antisemiti o anche solo con una distaccata ignoranza di questo Israele…Dopo oltre 60 anni, il processo educazionale di pace con il mondo arabo sta cominciando. Sarà lungo e arduo, come qualunque processo educazionale, ma non c’è alternativa.”

The Jerusalem Post elogia la posizione che il Governatore della Bank of Israel Stanley Fischer ed il Supervisore delle Banche Rony Hizkiyahu hanno preso riguardo all’apparente gestione impulsiva della Bank Hapoalim, e dichiara che, “Se c’è qualcosa da imparare dalla massa di problemi che ci ha causato il crollo mondiale del credito, è che quando un modello di problemi e/o di comportamento discutibile viene individuato in una data banca, tocca alle agenzie regolatrici governative suonare il campanello d’allarme. Nei tempi di prosperità, la regulation in genere viene ingiustamente condannata. Eppure, è in potere dei regolatori vigilanti l’individuare pericoli incipienti ed impedire crolli.”

Ma’ariv ammonisce che sarebbe un grave sbaglio concentrarsi solo sull’antisemitismo del Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. L’autore osserva l’entusiasmo con cui sono state accolte parti del suo discorso a Ginevra e ritiene che, “Che ci piaccia o no, egli rappresenta un’emozione politica che si espande nel povero e trascurato sud mondiale.” Il giornale ricorda ai lettori che le sue osservazioni duramente critiche sul Consiglio di Sicurezza ONU e sull’Occidente hanno ricevuto un plauso particolarmente forte e suggerisce che, “In un mondo di crisi economica sempre più profonda e in un momento in cui la globalizzazione soffre di problemi strutturali di disuguaglianza, il presidente iraniano rappresenta la coalizione degli oppressi della terra, e porta appoggio sputando sull’allineamento delle potenze mondiali. E’ per questo che è pericoloso.”

Yisrael Hayom commenta l’inchiesta sulle forze di difesa israeliane nell’operazione Piombo Fuso, che ha determinato – tra l’altro – che, “Il livello di errori che ha portato a ferire degli innocenti non ha deviato da quello che è inevitabile in una guerra in una zona tanto affollata.” L’autore non è sorpreso che molti nella Sinistra siano ancora insoddisfatti e osserva che “Vogliono che l’esercito sia colpevole e non rinunceranno mai,” nonostante i fatti.

Haaretz sostiene che, “Nella visione illusoria di Lieberman, Israele è una superpotenza che può dettare la sua politica agli Stati Uniti − ‘L’America accetta tutte le nostre decisioni’ − ed il suo ruolo internazionale è quello di “avvicinare America e Russia.”
(Da:mfa.gov.il, 23.04.09)