Se ne discute in Israele

Alcuni commenti dagli editoriali della stampa israeliana

Yediot Aharonot fa riferimento alla prossima festa del 1 maggio e si lamenta che i diritti dei lavoratori in Israele sono in diminuzione, soprattutto a causa dell’aumento di agenzie del personale e di impiegati indipendenti e freelance. L’autore asserisce che, “Tutte le conquiste del movimento dei lavoratori, nessuna esclusa, sono state fatte grazie all’uso del potere di riunirsi in sindacati. Il 1 maggio è una buona opportunità per sottolinearlo ancora una volta.”

Ma’ariv dice che “La ridicola scusa dei palestinesi’ ,” nel rifiutare di riconoscere il carattere ebraico dello Stato d’Israele, “è che non c’è una nazione ebraica, solo una religione ebraica, e che vivono in Israele anche i seguaci di altre fedi, non solo gli ebrei.” L’autore sottolinea che, “Questo è ridicolo perché i palestinesi si autodefiniscono sia come nazione che come identità religiosa,” e cita l’ Articolo IV della costituzione del 2003 dell’Autorità palestinese a questo proposito. Il giornale avverte che, “sarebbe un errore cedere al riconoscimento palestinese di Israele come stato del popolo ebraico come condizione per la creazione di uno stato palestinese,” perché condurrebbe ad infinite richieste per un diritto al ritorno palestinese, ad un’opposizione degli arabi israeliani allo stato ebraico e ad un milieu arabo, “che ci tratterà sempre come un elemento temporaneo.”

Yisrael Hayom ricorda la frenesia del Y2K e suggerisce che la pandemia dell’influenza suina viene esagerata.
The Jerusalem Post paragona la situazione del Presidente Obama, dopo i suoi primi 100 giorni in carica, con quella del PM Netanyahu, dopo trenta giorni, e spiega che cosa è davvero importante: “L’America è il più stretto alleato di Israele perché le due nazioni condividono valori ed interessi. Washington e Gerusalemme per lungo tempo hanno avuto divergenze su come scambiare la terra con la pace. Noi riteniamo che la nuova amministrazione starà con Israele non meno dei suoi predecessori. Similmente, ci aspettiamo che ci siano aspre divergenze – come ci sono sempre state. Semplicemente, gli interessi dell’America e di Israele non sono sempre identici.”

Haaretz critica il nuovo status di bassa priorità del problema Gilad Shalit , e sostiene che, “Il primo ministro stesso dovrebbe mettere il rilascio di Shalit in cima alla sua agenda, perché non deve affrontare solo la famiglia di Shalit, ma anche centinaia di migliaia di soldati della forze di difesa e le loro famiglie, che cercano di capire come il governo percepisce i suoi obblighi verso di loro.” L’ editor chiede al primo ministro di concludere la questione e aggiunge che ” Netanyahu ha il dovere di intraprendere questa difficile missione e portarla alla conclusione.”