Se ne discute in Israele

Alcuni commenti dagli editoriali della stampa israeliana di martedì 11 agosto

Yediot Aharonot interpreta in “ebraico semplice” la ragione dichiarata dalla Banca d’Israele per aver interrotto il suo acquisto quotidiano di valuta estera per 100 milioni di dollari. “Il programma originale cominciato a marzo 2008 era inteso a proteggere il tasso di cambio che aveva raggiunto il punto più basso, circa 3.2 shekel per dollaro. Per camuffare la ragione vera, abbiamo inventato (sotto la pressione temporale) l’obiettivo di raccogliere riserve di valuta estera. Tre volte abbiamo modificato lo scopo finale e, quando abbiamo capito che nessuno credeva più che quello fosse il nostro scopo, abbiamo rinunciato. Il nostro vero scopo rimane ancora intatto, ma non abbiamo più buone scuse e abbiamo semplicemente deciso di acquistare dollari senza dirlo a nessuno”.

Ma’ariv dice che “è già troppo tardi per il partito Shas”. L’editoriale cita la lettera del presidente del partito Shas, Eli Yishai, al presidente d’Israele Shimon Peres che chiede clemenza per l’ex ministro dello Shas Shlomo Benizri, attualmente in carcere: “Partecipava pienamente all’approccio dello Shas che mira ad innalzare lo status degli ebrei sefarditi”. “E’ serio?” ribatte il giornale. “L’ultimo partito che ha diritto di parlare del ‘secondo Israele’ è Shas. E questo perché, da molto tempo, Shas non è la risposta per gli ebrei sefarditi in Israele, ma innanzitutto il loro problema”.

Yisrael Hayom lamenta che, dopo aver partecipato a Rio a due giorni di dibattiti della conferenza Onu su ’Il Medio Oriente e la pace’, l’autore ha avuto l’impressione che il contributo dell’Onu per “chiudere il divario tra le parti fosse proprio il contrario: un divario sempre più profondo”. L’editoriale asserisce che “la conferenza di Rio, sotto gli auspici dell’Onu, era in effetti intesa a mettere Israele sul banco degli imputati, ed era in realtà una manifestazione di odio verso Israele”.

Il Jerusalem Post discute la crescente tensione sulla frontiera settentrionale alla luce dell’apparente intenzione del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, di colpire Israele o obiettivi ebraici in tutto il mondo, e osserva che “nell’agosto 2006, Hassan Nasrallah ammise che, si fosse reso conto della determinazione della risposta di Israele all’aggressione di Hezbollah, non avrebbe mai mandato i suoi uomini oltre il confine. Ora, con nuove armi a disposizione, Nasrallah crede di calcolare che Israele rinuncerà a reazioni dure, anche dopo attentati mega-terroristici, per tenere la propria popolazione al sicuro dai bombardamenti di rappresaglia di una terza guerra del Libano”. In conclusione, l’editoriale dice che “sarebbe pessimo per noi se il destino di Nasrallah fosse quello di continuare a fare sempre lo stesso stupido errore”.

Haaretz si scandalizza per la richiesta del ministro dell’interno e vice primo ministro Eli Yishai di perdonare l’ex ministro di gabinetto Shlomo Benizri, accusato di corruzione e condannato a quattro anni di carcere, e dichiara che “Shas e il suo leader devono di nuovo chiedersi come è successo che il partito che sposa le cause sociali sia quello che ha allevato tanti disonesti”.