Se ne discute in Israele

Alcuni commenti dagli editoriali della stampa israeliana del 31 ottobre

image_1884Yediot Aharonot dice che “di tutti quelli che andranno ad Annapolis, solo Olmert ha qualcosa da vendere, merce vera e propria – territori.” Gli editorialisti pensano che “‘Condi’…ci sorprenderà con richieste che permetteranno a lei ed al suo paese, gli USA, di ‘tornare a casa in pace’,” e suggeriscono che anche gli altri paesi faranno lo stesso. Il giornale afferma che Olmert è troppo debole politicamente per cedere alle richieste che gli saranno fatte ad Annapolis e dice che le analogie con i Primi Ministri precedenti non sono rilevanti. “Poi,” scrivono gli articolisti, “Israele sarà dipinto come la parte che rifiuta la pace in contrasto con la volontà di pace di siriani, palestinesi e di tutti gli altri paesi arabi. Qualunque altro risultato sarà una sorpresa, forse per il meglio. Se davvero è così, prepariamoci. Dopo Annapolis – il diluvio!”

Ma’ariv suggerisce che “Man mano che il vertice di Annapolis si avvicina, i partecipanti principali – USA, Israele ed i palestinesi – tutti danno segni di aver rinunciato alle speranze esagerate nel fatto che l’incontro internazinale faccia progredire la costituzione di uno stato palestinese, porti i paesi arabi moderati a riconoscere Israele e contribuisca alla calma nella regione ed alla stabilizzazione della posizione degli USA nella regione.” Gli articolisti ritengono che mentre Israele ha dato prova della volontà di raggiungere compromessi, i palestinesi non si sono mossi dalle loro posizioni massimaliste. Il giornale asserisce che Abu Mazen e l’Autorità palestinese sono troppo deboli per fare compromessi e osserva che gli americani sono stati assolutamente incapaci di colmare il gap tra le due parti.

Haaretz critica il comune di Tel Aviv per la sua gestione del rinnovamento del “complesso culturale” della città in vista dell’imminente centenario di Tel Aviv. I cantieri sembrano zone disastrate e sono un orrore ambientale ed estetico insopportabile. L’editorialista sostiene che sarebbe stato appropriato prendere un po’ di tempo per una rivalutazione, per impedire una tragedia a lungo termine.

Il Jerusalem Post dipinge il movimento per liberare l’ebraismo sovietico, lanciato 40 anni fa, come uno degli sviluppi che definiscono il mondo ebraico nella seconda metà del 20mo secolo. Mentre il successo del movimento dell’ebraismo sovietico ci insegna il potenziale contenuto nella preoccupazione degli ebrei per i loro fratelli, le dicotomie tra ebraismo americano ed israeliano hanno creato un mondo ebraico quasi bipolare i cui centri di gravità stanno costantemente allontanandosi l’uno dall’altro. Il nuovo mondo ebraico chiede una generazione di leader che possano trovare una cultura ebraica transnazionale da condividere, un terreno comune non solo di attivismo, ma di cultura e lingua, che permetta ad un mondo ebraico unito di affrontare le sfide del 21mo secolo con lo stesso successo di quelle del 20mo.
(Da: quotidiani israeliani, 31.10.07)