Se regna il caos sotto il governo israeliano “tutto di destra”

Dopo le promesse di maggiore sicurezza personale e minore costo della vita, si assiste a terrorismo e “vendette“ violente, ministri che si contraddicono fra loro e sondaggi che danno elettori in fuga verso formazioni di centro

Di Moran Azulay

Moran Azulay, autrice di questo articolo

Sono passati appena due mesi dall’entrata in carica del nuovo governo israeliano e, nonostante le tante opinioni diverse su tutta una serie di questioni, su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: la sensazione che Israele si stia disgregando.

Tutto è iniziato con l’imperioso lancio di quella che il governo ha definito una riforma giudiziaria, e l’annunciata intenzione di introdurre leggi volte a indebolire, o assoggettare, la massima magistratura, cui hanno fatto seguito vaste proteste di massa a cadenza settimanale, rischi e minacce di dissesto economico e una drammatica spaccatura della società israeliana in due campi contrapposti. In uno scenario senza precedenti, ancor prima che siano trascorsi i tradizionali 100 giorni di “luna di miele” del nuovo governo il partito Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu ha iniziato a perdere consensi, con vari sondaggi che mostrano un potenziale passaggio di mandati verso il Partito di Unità Nazionale dell’ex ministro della difesa Benny Gantz. Ma non si tratta solo della riforma della giustizia, che molti a destra considerano del tutto accettabile.

Nell’ultima campagna elettorale, Netanyahu e i suoi futuri partner di coalizione avevano promesso di rafforzare la sicurezza personale e nazionale della popolazione israeliana, e di fare fronte all’aumento del costo della vita. Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir è stato il jolly di quella campagna elettorale. Ha attratto elettori che fino a quel momento non facevano parte del campo politico di Netanyahu. Così, grazie a un’efficace campagna di promozione di un governo che, fra l’altro, prometteva di escludere dal potere i parlamentari arabo-israeliani, Netanyahu è riuscito a riconquistare la carica di primo ministro. Ma ben prima del previsto, il governo ha dovuto affrontare una dura realtà, con non meno di 13 israeliani uccisi in attacchi terroristici entro un mese. Nel corso degli anni, Netanyahu aveva sempre attribuito ai suoi partner di coalizione di sinistra o di centro la responsabilità del fatto che i suoi governi non riuscivano a sradicare efficacemente il terrorismo. Ma questa volta è a capo della coalizione “più a destra di sempre”. Non ha più alibi. I suoi successi o fallimenti saranno valutati in base alle aspettative che lui e i suoi alleati hanno suscitato.

Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir (del partito di estrema destra Otzma Yehudit) e un’immagine degli incendi di domenica sera nella città palestinese di Huwara

Alcune ore dopo l’ultimo attentato terroristico di domenica pomeriggio, bande di giovani israeliani degli insediamenti hanno scatenato una violenta, furibonda “vendetta” (che molti in Israele non esitano a definire un pogrom ndr) a Huwara, in Cisgiordania, vicino a dove i due giovani ebrei erano stati assassinati. Le immagini della devastazione arrecata nella città palestinese rimarranno impresse nella memoria collettiva, nostra e del resto del mondo. Ma non sono altro che una conferma della perdita di controllo e dell’anarchia che dilagano sotto il governo “tutto di destra”. A quanto pare, l’attuale governo sta battendo ogni record anche rispetto alla precedente coalizione, che era composta da formazioni di sinistra, di  destra, di centro ed anche da un partito arabo islamista.

Non c’è mai stato un governo in Israele che abbia fatto infuriare così tante persone e così rapidamente. E sorge domanda: come andrà a finire e chi è al comando? L’incontro di domenica ad Aqaba, in Giordania, è un esempio di questo caos. Dopo l’incontro, convocato per ridurre le tensioni in vista del mese sacro musulmano del Ramadan, gli americani hanno affermato che Israele si è impegnato a sospendere i piani di costruzione negli insediamenti per 4 mesi. Ma Netanyahu ha smentito l’esistenza di un simile accordo, mentre i ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich dichiaravano di non essere obbligati da nulla di quanto concordato in Giordania che non fosse sottoposto al governo. Dunque, qual è la politica di Israele in Cisgiordania? Quali sono gli accordi raggiunti con l’Autorità Palestinese? In che modo Israele condurrà la sua guerra al terrorismo? Approcci contrapposti creano solo guai peggiori.

La sensazione di caos è ulteriormente aumentata durante i disordini a Huwara. Quando le bande di teppisti davano fuoco alle case, il presidente Isaac Herzog, Netanyahu e il ministro della difesa Yoav Galant invocavano la calma (e ribadivano che nessun cittadino è autorizzato a “farsi giustizia da sé”), mentre altri membri della coalizione esortavano a “radere al suolo” la città palestinese.

Finora, chi conosce bene la politica israeliana avrebbe attestato che il governo che Netanyahu ha più detestato fra quelli da lui diretti era il suo terzo governo, quello al potere negli anni 2013-2015 insieme al centrista Yair Lapid e alla ministra della giustizia Tzipi Livni. Ma ora potrebbe detestare molto di più questo governo, che ha varato dopo le elezioni dello scorso novembre. Alla vigilia delle elezioni, Netanyahu poteva pensare al lascito che si sarebbe lasciato alle spalle dopo tanti anni di premierato. Ma a partire da oggi, sembra che quel lascito possa consistere principalmente in caos e disgregazione.

(Da: YnetNews, 27.2.23)