Se solo i giornalisti facessero il loro mestiere

Riportare fatti veri, ma incompleti, non è corretto: una mezza verità è una bugia intera

Di Yarden Frankl

Yarden Frankl, autore di questo articolo

La pratica corretta del giornalismo si deve basare su qualcosa di più che riportare semplicemente affermazioni non false. Quando in un articolo vengono omesse informazioni rilevanti, anche i semplici dati di fatto possono risultare fuorvianti. Al giornalista spetta la responsabilità di fornire ai lettori informazioni sufficienti affinché non siano sfavorevolmente influenzati in un senso o nell’altro.

Un caso tipico, in questo senso, è l’articolo diffuso domenica scorsa dalla Reuters col titolo “Israele approva centinaia di case per coloni a Gerusalemme est”. L’articolo contiene alcune affermazioni di fatto circa l’annuncio israeliano che era stata approvata la costruzione di unità abitative in alcune aree all’interno della municipalità di Gerusalemme:
– i palestinesi rivendicano queste aree “come parte di uno stato futuro”;
– queste aree sono state “conquistate da Israele nella guerra del 1967”;
– l’annessione di queste aree a Gerusalemme “non è stata riconosciuta a livello internazionale”.

Tutte e tre queste affermazioni sono veritiere. Ma questo non significa che la Reuters sia stata accurata ed esauriente nel descrivere le aree dove verranno costruite le nuove case. Infatti, le tre affermazioni di cui sopra sono quelle su cui si basa la posizione dei palestinesi. Non compaiono invece le informazioni, altrettanto vere, su cui si basa la posizione degli israeliani. Vale a dire:
– Israele persegue il riconoscimento internazionale di questi quartieri come parte della sua capitale;
– queste aree vennero conquistate dalla Giordania nella guerra d’aggressione del 1948;
– dopo diciannove anni, le forze israeliane liberarono queste aree e riunificarono la città di Gerusalemme respingendo l’attacco giordano del 1967;
– i quartieri in questione sono tra le aree più densamente popolate di tutta la città, con una popolazione complessiva di oltre 112.000 abitanti, quasi tutti ebrei.

Per 19 anni Gerusalemme rimase divisa in due a causa dell’occupazione giordana della parte est (clicca per ingrandire)

Queste affermazioni non significano che la posizione di Israele sulla questione debba essere accettata senza discussioni. Esse tuttavia dimostrano che la questione è più complicata di come la descrive la Reuters, e che c’è abbondante materia di discussione.

Quando chiedo ai giornalisti come mai spesso, nei loro articoli, tralasciano importanti informazioni di contesto, la risposta più comune è che nella stesura di pezzi e servizi devono fare i conti con gli immancabili problemi di spazio. Dicono: non possiamo raccontare tutta la storia del Medio Oriente in ogni articolo.

Eppure non ci vuole molto spazio per fornire il contesto minimo atto a garantire ai lettori una comprensione equilibrata del problema. Ecco come l’articolo avrebbe potuto descrivere i progetti di edilizia abitativa approvati da Israele…

…in quartieri ebraici densamente popolati che Israele considera parte della città di Gerusalemme, ma i palestinesi rivendicano come parte di un futuro stato. L’area era stata conquistata dalla Giordania nel 1948 e venne poi presa da Israele nella guerra difensiva del 1967.

Una scrittura di questo tipo non avrebbe occupato molto più spazio rispetto all’originale. Essa, però, presenta i fatti storici facendo riferimento alle rivendicazioni di entrambe le parti. Era così difficile?

Tutti i giornalisti che si occupano di Israele e palestinesi sentono lamentele da entrambe le parti, con alcuni che li accusano di essere faziosamente contro Israele e altri di essere prevenuti contro i palestinesi. Ma se si sforzassero di presentare tutti i fatti storici rilevanti, e non semplicemente le affermazioni di una parte, avrebbero la serena consapevolezza di adempiere il loro compito di giornalisti accurati e imparziali. E credibili.

(Da: Times of Israel, 24.1.17)