Se vuoi la pace, prepara la guerra e intraprendi la pace

A quarant'anni dalla guerra del Kippur è tempo di superare il trauma e intraprendere la pace, pur restando sempre pronti a difendersi in guerra

Di Glen Segell

Glen Segell, autore di questo articolo, è ricercatore presso The Institute for National Security Studies di Tel Aviv, docente alla Bar-Ilan University e Senior Researcher per l’Ariel Research Center for Defence and Communication

Glen Segell, autore di questo articolo

A quarant’anni dall’inizio della guerra dello Yom Kippur (6 ottobre-24 ottobre 1973), il trauma persiste in tutti i Paesi coinvolti. Sono trascorsi quarant’anni dall’ultima guerra fra Stati sovrani che Israele si è trovato a combattere, ma Israele continua a tenersi pronto per la prossima guerra fra Stati. I suoi preparativi e quindi la sua capacità difensiva e la sua forza deterrente hanno avuto successo nello scoraggiare qualsiasi potenziale Stato nemico. Tuttavia il trauma delle guerre tra Stati che hanno ripetutamente messo a repentaglio l’esistenza del Paese ha relegato in secondo piano la preparazione per altri tipi di guerre, oltre allo sforzo di risolvere le cause del conflitto anziché dedicarsi solamente ai preparativi per affrontare i sintomi di ogni minaccia contro Israele. Ci vollero quarant’anni, fra l’esodo dall’Egitto e l’acquisizione della Terra di Israele, per cancellare il ricordo della schiavitù e infondere una nuova nazionalità. A quarant’anni dalla guerra dello Yom Kippur è tempo di superare il trauma e di intraprendere la pace, pur restando sempre pronti a difendersi in guerra.

Israele sta acquisendo le più sofisticate armi convenzionali conosciute nel XXI secolo. L’aviazione israeliana si sta procurando jet F-35 di quinta generazione, la marina ha firmato per un sesto sottomarino della classe Dolphin, l’esercito si sta dotando del migliore carro armato, il Merkava IV. Dai sistemi di difesa missilistica ai fucili d’assalto, le Forze di Difesa israeliane sono all’avanguardia in fatto di innovazione, ammodernamento dell’equipaggiamento e preparazione. Non c’è Stato che abbia alcuna chance di minacciare seriamente Israele in campo aperto. Il trauma della guerra dello Yom Kippur ha fortemente influenzato tale livello di equipaggiamento, eppure il tallone d’Achille in quel tragico Yom Kippur non fu l’equipaggiamento dell’epoca, ma gli errori nella valutazione di intelligence che lasciarono Israele con la guardia bassa. In effetti, anzi, il successo alla fine della guerra dello Yom Kippur si deve proprio all’equipaggiamento, alla preparazione e al valore dei soldati che sventarono il tentativo di annientare Israele.

A quarant’anni dall’inizio della guerra dello Yom Kippur il trauma persiste in tutti i Paesi coinvolti

A quarant’anni dall’inizio della guerra dello Yom Kippur il trauma persiste in tutti i Paesi coinvolti. Due dei quattro Stati che confinano con Israele, Egitto e Giordania, hanno stipulato trattati di pace. Per l’Egitto fu una diretta conseguenza della guerra del Kippur. La Siria costruì il suo arsenale chimico negli anni ’80, quando Israele interveniva contro i terroristi in Libano, perché temeva – sbagliando – che Israele avesse mire sulla Siria. Comunque, la Siria è in preda alla guerra civile e il Libano rimane frammentato. Sicché dal 1973 in poi i nemici di Israele non sono stati gli Stati sovrani, quanto piuttosto entità non statuali, come le organizzazioni terroristiche e il nazionalismo palestinese. Stati sovrani come l’Iran hanno sponsorizzato queste minacce. Israele, come altri Paesi, ha dovuto accorgersi che l’uso di strumenti militari non è il mezzo più efficace contro entità non statuali come le organizzazioni terroristiche, i loro sponsor statali e il nazionalismo intransigente. La storia dimostra che il nazionalismo alla fine raggiunge il suo obiettivo. La storia dimostra che aerei, carri armati e sottomarini non possono combattere il terrorismo né risolvere i conflitti coi movimenti nazionalisti, anche se rimangono essenziali come deterrente e per difendersi.

Il Memoriale delle vittime del terrorismo (Gerusalemme)

Il Memoriale delle vittime del terrorismo (Gerusalemme)

Israele deve prendere le distanze dal trauma delle guerre fra Stati e considerare non solo i mezzi necessari per dissuadere e difendersi in caso di guerra, che restano indispensabili, ma anche i mezzi necessari per intraprendere la pace. Analoga agli errori d’analisi della vigilia della guerra del Kippur, fu l’incapacità di prevedere e prepararsi adeguatamente alla prima e  seconda intifada. Entrambe furono traumatiche quanto la guerra dello Yom Kippur. Gli attentati protratti per anni sugli autobus e nei luoghi pubblici urbani, caratteristici della seconda Intifada, hanno rappresentato le più traumatiche aggressioni non statuali contro la popolazione israeliana. Sono di più i cittadini israeliani che hanno subito un trauma o hanno avuto famigliari e amici uccisi nelle due intifade che non nelle guerre tra Stati. Alla fine l’intifada è stata contenuta con tattiche “da ghetto”, non andando a risolvere le cause quanto piuttosto contenendone temporaneamente gli esecutori. E venerdì scorso i servizi di sicurezza hanno detto ai mass-media che a settembre si sono avute 133 aggressioni terroristiche: in netto aumento rispetto alle 99 del mese di agosto.

A quarant’anni dalla guerra dello Yom Kippur, Israele deve mantenere al massimo livello la sua preparazione in fatto di deterrenza e difesa contro Stati nemici, ma deve anche adottare misure consistenti in direzione della pace. Il nazionalismo palestinese e il terrorismo non statuale sponsorizzato da Stati sovrani non si risolveranno né svaniranno per conto loro. Il nazionalismo intransigente palestinese e le attività violente non statuali costituiscono le principali minacce all’esistenza di Israele. Oggi come alla vigilia della guerra del Kippur, i leader israeliani non devono compiacersi pensando che Israele è sicuro e protetto. I leader odierni d’Israele non devono mancare di analizzare i segni che sono sotto gli occhi di tutti. Il nazionalismo palestinese potrebbe ricorrere alla violenza estremista per conseguire uno Stato come l’Egitto fece ricorso alla guerra nel 1973 per conseguire obiettivi politici e non militari. Israele non deve farsi prendere alla sprovvista da una terza intifada più violenta delle precedenti. I leader d’Israele devono utilizzare i negoziati oggi in corso per conseguire gli obiettivi del Paese, cercando anche la riconciliazione con le bellicose intenzioni nemiche. Israele deve intraprendere la pace pur continuando a prepararsi per la guerra, onde non andare incontro a un altro trauma più sfibrante del precedente.

(Da: Times of Israel, 6.10.13)