Sempre più vicine le due rive del Giordano

Uno dei più importanti statisti giordani sta lavorando a un progetto di confederazione giordano-palestinese.

Da un articolo di Danny Rubinstein

image_963Sedici delle persone uccise negli attentati terroristici agli alberghi di Amman la scorsa settimana erano straniere. Le altre erano per lo più cittadini giordani, dei quali più della metà di origine palestinese. Cinque delle vittime erano alti esponenti dell’amministrazione e dell’economia palestinese che si trovavano in visita ad Amman. Diciotto membri di una sola famiglia originaria della città di Silat al-Dahr, nella Cisgiordania settentrionale, sono rimasti uccisi mentre partecipavano a una festa di matrimonio.
Nella striscia di Gaza e in Cisgiordania non si sono viste manifestazioni di rabbia contro i responsabili degli attentati simili a quelle registrate in Giordania, ma il clima di lutto era del tutto evidente. I cortei funebri di quattro vittime hanno preso le mosse dal cortile della Muqata, a Ramallah. Le pagine dei quotidiani di Gaza e Cisgiordania erano piene di necrologi. Nei territori le case delle famiglie in lutto erano invase da visitatori. Il vignettista del quotidiano Al-Quds ha disegnato le bandiere palestinese e giordana a mezz’asta: bandiere praticamente identiche, se non fosse per la stella rossa che compare su quella giordana. E il vignettista di Al-Ayyam ha disegnato la Palestina e la Giordania come due sorelle gemelle abbracciate in lacrime. Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha iniziato il suo discorso per l’anniversario della morte di Yasser Arafat ricordando le vittime degli attentati ad Amman e chiamandole “i caduti della nostra nazione palestinese e giordana”, come se parlasse di una sola nazione.
Non occorre aggiungere molto sul fatto che a est del Giordano vive una popolazione che è, per la maggior parte, di origine palestinese, e sul fatto che i legami famigliari e sociali fra le due sponde del fiume sono molto forti. Ciò che divide le due sponde sono i regimi politici, che a volte hanno interessi in contrasto fra loro. Fu così, ad esempio, a metà degli anni ’50 quando una amareggiata popolazione palestinese si sollevò contro il regime Hashemita, oppure dopo la guerra dei sei giorni del 1967 quando le organizzazioni armate palestinesi fomentarono la guerra civile all’interno della Giordania (il “settembre nero” del 1970). A parte brevi periodi, i rapporti tra re Hussein di Giordania e il leader del movimento nazionale palestinese Arafat sono sempre stati caratterizzati da tensione e ostilità. Almeno due volte, nel 1970 e nel 1974, vennero scoperti piani per uccidere re Hussein ispirati da Arafat. Anche quando i due si riconciliavano, non c’era mai fiducia fra di loro.
Ora le cose sembrano differenti. Hussein – che faceva fatica ad accettare la perdita di Gerusalemme e della sponda occidentale del suo regno – non è più tra noi. E c’è un nuovo presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), al posto di Arafat. Le relazioni tra le due sponde sembrano destinate a cambiare. Uno dei segnali in questo senso è la notizia della scorsa settimana di un nuovo progetto approntato da Abdul Salam al-Majali, uno dei più importanti statisti giordani, già primo ministro, per creare una confederazione giordano-palestinese con istituzioni governative distinte ma collegate tra le due sponde del fiume.
Secondo il professor Asher Susser, dell’Università di Tel Aviv, Autorità Palestinese e governo giordano sanno bene che nella regione sono in corso importanti cambiamenti, soprattutto nei rapporti fra israeliani e palestinesi, che costringeranno entrambe le parti a riconsiderare le rispettive politiche. Quasi sicuramente vi sarà un seguito all’iniziata di disimpegno del primo ministro israeliano Ariel Sharon, ed è chiaro che la barriera di separazione fra Israele e Cisgiordania verrà completata. Si tratta di una nuova situazione, che in parte suona famigliare. Ad esempio, da alcuni anni ormai è impossibile per gli abitanti della Cisgiordania andare all’estero attraverso l’aeroporto israeliano Ben-Gurion. Possono farlo solo passando attraverso la Giordania. E vi sono altri esempi dello stesso concetto. La Cisgiordania è stretta fra Israele e Giordania: se il confine con Israele è bloccato, i palestinesi devono passare per la Giordania. Una cosa analoga accade nella striscia di Gaza, il cui confine con Israele è bloccato e la sola alternativa è l’apertura verso l’Egitto.
Gli attentati terroristici in Giordania hanno dunque offerto una prova ulteriore degli stretti legami che intercorrono fra le due sponde del Giordano, le quali in futuro potrebbero avere un regime congiunto. Cosa che, naturalmente, comporterebbe importanti conseguenze anche per lo stato di Israele.

(Ha’aretz, 14.11.05)

Nella foto in alto: re Abdullah di Giordania riceve il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) nel palazzo reale di Amman il 14 novembre scorso.