Martedì prossimo gli israeliani si recheranno alle urne per la quinta volta dall’aprile 2019, nel tentativo di dare al paese un governo duraturo dopo anni di instabilità politica.
Dopo che la scorsa settimana la Thomson Reuters Foundation ha preso l’iniziativa di revocare alla giornalista Shatha Hammad il premio Kurt Schork per il giornalismo internazionale, la stampa palestinese ha immediatamente preso le difese della collega senza dare alcun peso ai suoi post anti-ebraici e filo-hitleriani che hanno causato la decisione della Fondazione.
Si può tranquillamente presumere che il terrorista palestinese che sabato ha gravemente ferito un ebreo a colpi di coltello a Gerusalemme non avesse letto il rapporto della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Israele, Cisgiordania e Gaza che sarà presentato giovedì all'Assemblea Generale.
Da più di 50 anni i censori di Israele sostengono che se solo gli israeliani accettassero la nascita di uno stato palestinese, i palestinesi vivrebbero in pace al loro fianco.
Meno di 48 ore dopo che sono stati rivelati post violenti e antisemiti scritti dalla giornalista di spicco palestinese Shatha Hammad, la Thomson Reuters Foundation le ha tolto il prestigioso premio giornalistico che le aveva appena assegnato.
Se il primo kibbutz in assoluto, Degania, venne fondato a nel 1909 sulle sponde meridionali del Kinneret (o Lago di Tiberiade), il primo kibbutz fondato dall’Hashomer Hatzair, il movimento giovanile sionista laburista, celebra fra pochi giorni il 100esimo anniversario della sua fondazione.
Un editoriale del New York Times spiega che è importante prestare attenzione all’aumento dell'antisemitismo perché "può essere considerato come il canarino in miniera per una serie di gruppi minoritari" come neri, latini e gay.
La scena si svolge nel salottino ospiti di una trasmissione televisiva. Siamo quattro in attesa della registrazione del programma a cui siamo stati invitati, ma l'impressione è quella di essere in attesa di entrare dal dentista. Non conoscendoci ci presentiamo con sintesi educate e ci lasciamo andare a chiacchiere leggere e neutre.
Quando si tratta di grandi conflitti internazionali, nel corso della storia la dirigenza palestinese ha scelto spesso, se non sempre, di sostenere "la parte sbagliata"