L'ascesa al trono britannico del principe Carlo, ora re Carlo III, potrebbe essere un problema per i sostenitori della causa araba palestinese. In effetti, il forte legame del nuovo re con un importante luogo sacro ebraico a Gerusalemme est potrebbe focalizzare l'attenzione su un tema che gli arabi preferiscono di gran lunga evitare.
Per l’Autorità Palestinese e i suoi organi d’informazione la verità non ha molta importanza. Ciò che conta è inculcare nei palestinesi in modo martellante il messaggio che israeliani ed ebrei sono la radice di tutti i mali. Un esempio che ricorre ogni anno è l'incendio doloso nella moschea di al-Aqsa nel 1969.
A fine agosto i palestinesi hanno annunciato che intendono chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il pieno riconoscimento dello stato palestinese. L'amministrazione Biden ha prontamente chiesto al presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen di abbandonare l'idea, minacciando di porre il veto
"Mi dica qualcosa che non so sull'Iran". La domanda mi ha molto colpito visto che arrivava da Yair Lapid, il primo ministro ad interim d’Israele, mentre ci trovavamo nella piccola sala conferenze accanto al suo ufficio a Gerusalemme.
Malik* è nato in Libano. Anche i genitori di Malik sono nati in Libano. Ma Malik, i suoi genitori e tanti altri che vivono in Libano da generazioni non sono cittadini libanesi.
Ci sono voluti quasi quattro mesi, ma lunedì le Forze di Difesa israeliane hanno diffuso le conclusioni della loro indagine sull'uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh: conclusioni – scrive Amos Harel su Ha'aretz – che appaiono come la cosa più ragionevole che si potesse pensare sin dal primo giorno dopo la tragedia.
L'Autorità Palestinese è nota per la sua celebrazione del terrorismo: intitola piazze e scuole nel nome di assassini, versa vitalizi ai terroristi e alle loro famiglie premiandoli per le loro imprese di sanguinosa violenza, distribuisce dolci per le strade per festeggiare stragi e attentati.
Lo chiamano il sopravvissuto estremo: Shaul Ladany è sopravvissuto a un campo di concentramento nazista ed è scampato al massacro di 11 suoi compagni atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972.
Nel trambusto generato dalle sue recenti dichiarazioni sui "50 Olocausti" che Israele avrebbe compiuto contro i palestinesi, il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen ha trovato sostegno praticamente universale da parte delle istituzioni palestinesi e del palestinese “della strada".
Alcuni giorni fa il governo canadese ha tagliato i fondi a un cosiddetto gruppo antirazzismo dopo che è stato rivelato che un membro del gruppo aveva pubblicato materiale antisemita sui social network. Il membro in questione, il "consulente senior" Laith Marouf, aveva twittato: "Conoscete tutti quei sacchi di feci umane starnazzanti, vale a dire i suprematisti bianchi ebrei.