Questo marzo segna un anno dall'inizio dell'attuale ondata di violenze e terrorismo anti-israeliani che ha causato la morte di 45 cittadini, israeliani o residenti nello stato ebraico, e il ferimento di decine di altri.
I ricercatori di HonestReporting sono rimasti letteralmente a bocca aperta quando hanno ascoltato la scioccante dichiarazione in cui Mohammed El-Kurd, l'attivista palestinese più amato dai mass-media, ammetteva di sapere che Israele non è uno stato di apartheid.
A una decina di giorni dalla fine della sessione invernale della Knesset, il 2 aprile, e l’inizio della pausa dei lavori per la Pasqua ebraica, ecco sei possibili scenari su come potrebbe evolvere la controversa vicenda della riforma giudiziaria.
L'organizzazione non profit israeliana Palestine Media Watch ha riscontrato un'inquietante correlazione tra gli aiuti americani all'Autorità Palestinese e la quantità di attentati terroristici contro israeliani.
Il presidente d’Israele Isaac Herzog ha presentato mercoledì sera una proposta di compromesso che nelle sue intenzioni dovrebbe prendere il posto dei progetti avanzati dal governo per una riforma radicale del sistema giudiziario.
Lo scorso 30 gennaio, rappresentanti dell'Unione Europea e di diversi altri paesi tra cui Belgio, Brasile, Danimarca, Irlanda, Spagna e Svezia, hanno visitato la comunità palestinese di Khan al-Ahmar in Cisgiordania "per esprimere la loro preoccupazione per la minaccia di demolizione del villaggio".
Riflettendo sulla frattura nella società israeliana causata dalle riforme giudiziarie avanzate dal governo, mi domando se in un certo senso non siamo tornati sull’ottovolante dei primi anni '90, quando la controversia sugli Accordi di Oslo spaccò in due il paese.
Desidero condividere la storia di una straordinaria operazione umanitaria completata dallo stato d’Israele cinque anni fa, e di cui non molti hanno sentito parlare