Sentiamo spesso affermazioni storiche come queste circa i palestinesi:
Mahmoud Al-Habbash, ministro dell’Autorità Palestinese per gli affari religiosi: “I palestinesi sono in questa terra da cinquemila anni”.
I giorni tra Natale e Capodanno sono un momento di riflessione, e siccome in quei giorni migliaia di cristiani si recano in Terra Santa sarebbe doveroso che essi fossero pienamente consapevoli della nostra vera situazione.
Non si nasconde la soddisfazione, a Gerusalemme, per la decisione presa a fine novembre dalla Corte Penale Internazionale di non perseguire Israele per il raid del 2010 su una nave della flottiglia filo-Hamas che sosteneva di portare aiuti umanitari alla striscia di Gaza.
Negli ultimi cinque anni Israele si è trovato sulla prima linea nella guerra civile siriana, mentre vicino al Golan si verificavano scontri armati tra gruppi ribelli e forze del regime di Bashar Assad.
Perché mai un arabo musulmano dovrebbe arruolarsi volontario nelle Forze di Difesa israeliane?
Semplicemente perché, come molti arabi israeliani, difende il paese che gli garantisce libertà e opportunità.
Giordania, Egitto e Arabia Saudita sono contrariati dal modo in cui l'Autorità Palestinese ha reagito al riconoscimento del presidente Usa Donald Trump che la capitale d’Israele è a Gerusalemme e alla sua decisione di trasferirvi l'ambasciata statunitense.
Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha dimostrato di non essere interessato a trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese.
Alcuni sostengono che Gerusalemme è una città occupata. Ammettono che una volta era la capitale del popolo ebraico, ma sostengono che perse quel titolo circa duemila anni fa
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