I paesi del “Forum del Negev” – Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco, Egitto e Stati Uniti – hanno tenuto lunedì ad Abu Dhabi una serie di riunioni di gruppo di lavoro per portare avanti progetti regionali. Il Direttore generale del Ministero degli esteri, Alon Ushpiz, ha guidato la delegazione israeliana che comprendeva rappresentanti dei Ministeri dell’agricoltura, della salute, della difesa, dell’intelligence, del turismo, dell’energia, dell’istruzione e dell’economia, nonché dell’Authority per l’acqua e del Consiglio di Sicurezza Nazionale. “I gruppi di lavoro appronteranno un elenco di progetti nei settori della salute, della sicurezza regionale, dell’istruzione e tolleranza, della sicurezza idrica e alimentare, del turismo e dell’energia”, spiega in una nota il Ministero degli esteri israeliano. L’incontro negli Emirati serve anche a gettare le basi per un vertice dei ministri degli esteri del “Forum del Negev” in Marocco, forse già a marzo. Il primo vertice ministeriale si è tenuto appunto nel Negev israeliano lo scorso marzo, con tre dei quattro paesi che hanno normalizzato i rapporti con Israele con gli Accordi di Abramo (Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco), più l’Egitto che ha un accordo di pace con Israele dal 1979. La Giordania, che è in pace con Israele dal 1994, è stata invitata ad aderire al “Forum del Negev”, ma non l’ha ancora fatto.
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In media, l’84% degli arabi si oppone al riconoscimento diplomatico di Israele da parte dei loro rispettivi paesi, secondo i risultati dell’Arab Opinion Index 2022, una serie annuale di sondaggi d’opinione condotti dall’Arab Center for Research and Policy Studies. Il Centro ha intervistato arabi in Algeria, Mauritania, Territori palestinesi, Giordania, Libia, Iraq, Tunisia, Qatar, Kuwait, Libano, Egitto, Sudan, Marocco, Libia e Arabia Saudita. Alla domanda: “Sosterresti o ti opporresti al riconoscimento diplomatico di Israele da parte del tuo paese?”, l’84% ha risposto che si opporrebbe contro l’8% che lo sosterrebbe. Il paese più amichevole (o meno ostile) nel sondaggio risulta il Marocco, con il 67% di contrari, il 20% di favorevoli e il 13% che non dà risposta. Il paese più ostile risulta l’Algeria con il 99% di contrari al riconoscimento diplomatico di Israele e zero favorevoli, un dato persino più estremo di quello dei Territori palestinesi dove il 3% degli intervistati si è detto favorevole. L’Arab Opinion Index pone le stesse domande dal 2011. I risultati oscillano solo leggermente di anno in anno, tra un minino del 6% e un massimo del 9% di favorevoli. Diverso l’andamento di alcuni casi specifici. Ad esempio in Marocco i favorevoli, solo 4% due anni fa, quest’anno sono saliti al 20%. In Sudan i favorevoli sono passati dal 13% di due anni fa al 18% di quest’anno. In questi due anni entrambi i paesi hanno sottoscritto gli Accordi di Abramo. Da notare che gli altri due paesi firmatari degli Accordi di Abramo, Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti, non sono compresi nel sondaggio. Agli intervistati è stato anche chiesto se la causa palestinese riguardi tutti gli arabi o sia una questione esclusivamente palestinese. La grande maggioranza (76%) ha risposto che la causa palestinese riguarda tutti gli arabi. È anche degno di nota il fatto che, secondo il sondaggio, i sauditi e i palestinesi (sia sotto Hamas che sotto Autorità Palestinese) qualificano se stessi come i meno liberi di criticare i propri governi.
Con un’aspettativa di vita di 83,49 anni (81,98 anni per gli uomini e 84,91 anni per le donne) Israele risulta il decimo paese al mondo per aspettativa di vita media dopo Hong Kong, Giappone, Svizzera, Singapore, Italia, Spagna, Australia, Islanda e Corea del Sud, secondo una ricerca condotta dal network sanitario americano NiceRx.
Gli Emirati Arabi Uniti inizieranno a insegnare la Shoà nelle lezioni di storia delle scuole primarie e secondarie di tutto il paese, secondo quanto annunciato lunedì dall’ambasciata del paese negli Stati Uniti.
L’Onu sta dando “legittimità” alle “menzogne” palestinesi sul Monte del Tempio di Gerusalemme. Lo ha affermato l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, in vista di una sessione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza riguardante la visita al luogo sacro del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. “Non c’è assolutamente nessun motivo per tenere questa sessione d’emergenza. Nessuno – ha detto Erdan – Tenere una sessione del Consiglio di Sicurezza su un non-evento è assurdo. La visita del ministro israeliano al Monte del Tempio è durata 13 minuti in modo pacifico e ordinato, senza causare alcun danno. Non è stata un’incursione nella moschea Al Aqsa o nessuna delle altre invenzioni che i palestinesi hanno attribuito alla visita. La visita del ministro Ben Gvir è stata in linea con lo status quo e chi sostiene il contrario non fa che infiammare la situazione. Gli ebrei sono autorizzati a visitare il Monte del Tempio. Ormai da anni i palestinesi orchestrano una campagna velenosa volta a cancellare ogni traccia o connessione tra il popolo ebraico e il Monte del Tempio” ha aggiunto l’ambasciatore, ricordando la risoluzione dell’Assemblea Generale della scorsa settimana che fa riferimento al luogo sacro con il solo nome arabo-islamico. E ha concluso: “Il Consiglio di Sicurezza sta promuovendo questa stessa narrativa di menzogne dandole legittimità”.
Sono più di 2,67 milioni i turisti arrivati in Israele nel 2022, una vistosa ripresa dopo il duro colpo subito dall’industria turistica del paese nel periodo della pandemia di coronavirus: nel 2020 erano arrivati solo 831.000 turisti e nel 2021 meno della metà: 397.000. Il dato del 2022 è comunque ancora lontano dai 4,55 milioni di turisti giunti nel 2019, che per ora rimane l’anno record in tutta la storia del turismo Israele.
Secondo un sondaggio dell’Israel Democracy Institute, la maggior parte degli israeliani pensa che nelle trattative per formare il nuovo governo il primo ministro Benjamin Netanyahu abbia ceduto troppo: solo il 32% degli intervistati ritiene che Netanyahu abbia gestito con successo le trattative: un’opinione condivisa quasi solo da elettori dei partiti di governo. Solamente poco più della metà degli elettori dello stesso Likud (59%) e del partito Sionista Religioso (57%) pensano che Netanyahu abbia ottenuto buoni risultati nelle trattative. In generale, la maggior parte dell’elettorato israeliano (62%) ritiene che il Likud abbia fatto troppe concessioni ai partner della coalizione in termini di programmi e incarichi. Come prevedibile, questa opinione è particolarmente presente nei partiti ora all’opposizione come laburisti e Meretz (85%), Yesh Atid e Yisrael Beytenu (88%) e Unità Nazionale (95%). In particolare, una netta maggioranza degli intervistati israeliani (75%) ritiene sovradimensionata l’influenza nel nuovo governo degli ultra-ortodossi e sottodimensionata quella di donne e arabi rispetto alla rispettiva presenza nella società.
“Israele rispetta il principio della libertà religiosa. Israele rispetta altresì il mantenimento dello status quo sul Monte del Tempio (di Gerusalemme ndr). Per queste ragioni, la visita del ministro Ben Gvir non ha rappresentano né un precedente né una violazione dello status quo”. Lo afferma l’Ambasciata d’Israele in Italia in una nota chiara e netta, trascurata da tutti i principali mass-media italiani tranne La Stampa.
“L’affermazione che vi sia un cambiamento nello status quo (sul Monte del Tempio di Gerusalemme) è priva di fondamento”. Lo ha dichiarato martedì l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo che la breve visita sulla spianata del ministro Itamar Ben Gvir è stata condannata come una “aggressione” e una “violazione dello status quo” da una serie di paesi tra cui Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Turchia. Anche un portavoce della Casa Bianca ha affermato che “gli Stati Uniti sono fermamente a favore della conservazione dello status quo nei luoghi santi di Gerusalemme”, definendo “inaccettabile” ogni azione che lo metta a repentaglio. Dichiarazioni analoghe da Francia e Regno Unito. Nella sua nota, l’ufficio di Netanyahu ribadisce che il governo è impegnato a “tutelare rigorosamente lo status quo sul Monte del Tempio senza alcun cambiamento” e senza “arrendersi ai diktat di Hamas”, sottolineando che già in passato, nel quadro dello status quo, dei ministri hanno visitato il Monte del Tempio, compreso l’ex ministro della pubblica sicurezza Gilad Erdan.
Dal canto suo, il rabbino capo sefardita d’Israele Yitzhak Yosef ha criticato il ministro Ben Gvir per la visita sul sito dove sorgeva il Tempio Ebraico. A dispetto di quanto afferma certa propaganda, la posizione ufficiale del Rabbinato Capo è che il sito è troppo sacro perché gli ebrei osservanti possano mettervi piede senza rischiare di commettere un sacrilegio.
Il ministro israeliano per la sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir si è recato a sorpresa martedì mattina alla spianta sul Monte del Tempio di Gerusalemme, un giorno dopo aver annunciato d’aver deciso di rinviare di settimane la prevista visita. Il nuovo governo israeliano “non cederà alle minacce di Hamas” ha spiegato Itamar Ben-Gvir al suo arrivo nel luogo santo per ebraismo e islam. “Il Monte del Tempio è il luogo più importante per il popolo ebraico – ha aggiunto Ben-Gvir – e noi manteniamo la libertà di accesso per musulmani e cristiani, ma anche gli ebrei devono poter salire sul Monte”. Domenica, Ben-Gvir aveva espresso l’intenzione di effettuare le visita quanto prima, ma dopo un colloquio lunedì con il primo ministro Benjamin Netanyahu (che non si è opposto in linea di principio al pellegrimnaggio), aveva annunciato il rinvio dell’iniziativa. Ma lunedì Hamas ha minacciato un’esplosione di violenze se Ben-Gvir avesse osato mettere piede sulla spianata del Monte del Tempio, cosa che ha spinto il ministro a cambiare programma. Ben-Gvir è già stato altre volte nel luogo santo, ma questa è la prima volta che vi si reca dopo le elezioni del primo novembre e la sua nomina a ministro. La visita è stata tenuta segreta fino all’ultimo, in coordinamento con polizia e servizi di sicurezza. Al termine della visita di 15 minuti, Ben-Gvir ha dichiarato che “il Monte del Tempio è aperto a tutti”. Dal canto suo, il Ministero degli esteri dell’Autorità Palestinese ha condannato “l’assalto [sic] alla moschea di Al-Aqsa da parte del ministro estremista Ben-Gvir” dicendo di consideralo “una provocazione senza precedenti e una pericolosa escalation del conflitto”. Il portavoce presidenziale dell’Autorità Palestinese Nabil Abu Rudaineh ha denunciato “le minacce israeliane di cambiare lo status quo storico” dicendo che farlo equivale a “una dichiarazione di guerra” e ribadendo l’opposizione dei palestinesi a consentire agli ebrei di pregare nel sito. In realtà, lo status quo cui fa riferimento l’Autorità Palestinese non impedisce le visite di non-musulmani alla spianata del Monte del Tempio. In fine mattinata, il primo ministro dell’Autorità Palestinese Mohammad Shtayyeh ha denunciato la visita di Ben-Gvir come un tentativo di “trasformare la moschea di Al Aqsa in un tempio ebraico” e ha spronato i palestinesi a “combattere i raid nella moschea di Al Aqsa”. Secondo la Reuters, durante la visita Ben-Gvir non si è nemmeno avvicinato alla moschea.