Sezione: News

Il Parlamento europeo ha approvato giovedì scorso a grande maggioranza (412 voti favorevoli, 172 contrari, 22 astensioni) una risoluzione sull’assistenza finanziaria all’istruzione nei territori palestinesi che include misure di riforma volte a impedire che l’istruzione palestinese promuova la violenza o utilizzi immagini violente. Il voto intende assicurarsi che non vengano stanziati fondi UE per l’uso di materiale violento o antisemita nell’insegnamento a giovani palestinesi. Diversi eurodeputati hanno denunciato il contenuto dei libri di testo usati nelle scuole palestinesi, sottolineando che insegnano che gli ebrei sono “bugiardi e corrotti” e incoraggiano la violenza contro di loro. Il parlamento controlla l’uso dei fondi da parte delle istituzioni UE, per cui ha titolo per mettere in discussione il contenuto dei programmi scolastici palestinesi e dei libri di testo sviluppati dall’Autorità Palestinese con finanziamenti UE. Ha affermato l’eurodeputata francese del gruppo Renew Europe, Ilana Cicurel: “Il 7 ottobre ci ha ricordato fino a che punto il contenuto di questi libri di testo abbia avuto un ruolo nell’indottrinamento dei giovani e nella loro partecipazione agli attacchi terroristici di Hamas. Ciò dimostra che nessuna politica verso una soluzione a due stati può essere credibile e praticabile finché l’istruzione nei territori palestinesi continua a propagare l’odio verso Israele e gli ebrei, glorificando il terrorismo ed esortando i giovani palestinesi a morire da martiri”.

Hamas è l’ostacolo al cessate il fuoco a Gaza. Lo ha affermato lunedì sera il portavoce del Dipartimento di stato americano, Matthew Miller. Israele si è mosso in “modo significativo” per presentare una proposta ragionevole nei colloqui in corso sugli ostaggi, ha detto Miller durante un briefing. “C’è un accordo sul tavolo che consentirebbe di ottenere molto di ciò che Hamas sostiene di voler ottenere, e non l’hanno accettato – ha detto Miller – La conclusione è che l’hanno respinto mentre, se lo accettassero, consentirebbe un cessate il fuoco immediato a Gaza di almeno sei settimane, a beneficio del popolo palestinese che affermano di rappresentare. Ci consentirebbe inoltre di continuare a migliorare la fornitura di assistenza umanitaria. La conclusione è che Hamas dovrebbe accettare quell’accordo o deve spiegare al mondo e al popolo palestinese perché non lo accetta, perché è Hamas in questo momento a costituire la barriera e l’ostacolo al cessate il fuoco a Gaza”.

Un anno fa oggi scoppiava la guerra interna in Sudan tra l’esercito governativo e le “Forze di Supporto Rapido”. Dei 50 milioni di abitanti del paese arabo-africano, otto milioni sono sfollati dalle loro abitazioni, due milioni sono profughi oltre i confini. Il paese è al collasso, l’agricoltura è ferma, la malnutrizione dilaga, 19 milioni di studenti non vanno a scuola. Solo il 25% delle strutture sanitarie è funzionante. Mancano medicine, cibo, aiuti di ogni genere. L’Onu aveva fatto appello ai paesi donatori per 3 miliardi di dollari, è arrivato soltanto il 6% della cifra. Nel Darfur i massacri hanno connotazioni etniche, con le popolazioni nere di nuovo prese di mira come nei massacri di vent’anni fa. Entrambe le parti sono responsabili di crimini di guerra. Non esiste un bilancio esatto delle vittime, in gran parte civili, che comunque si contano a decine di migliaia. Almeno il 37% della popolazione non ha abbastanza da mangiare. Secondo Medici Senza Frontiere, ogni due ore un bambino muore per denutrizione.

L’Arabia Saudita ha praticamente riconosciuto d’aver aiutato la neo-coalizione militare regionale (Israele, Stati Uniti, Giordania, Regno Unito, Francia) che sabato notte ha sventato l’attacco missilistico iraniano contro lo stato ebraico. Lo ha fatto – riferisce lunedì il Jerusalem Post – con un post sul sito web della famiglia reale saudita che cita un articolo dell’israeliana KAN News sul coinvolgimento saudita che a sua volta cita “una fonte della famiglia reale saudita”, la quale sottolinea che l’Arabia Saudita intercetta automaticamente “qualsiasi entità sospetta” nel suo spazio aereo (molti droni e missili iraniani hanno dovuto attraversare lo spazio aereo giordano e saudita per raggiungere Israele). Nel reportage di Kan citato fra virgolette dal sito della famiglia reale saudita, la stessa fonte saudita accusa l’Iran d’aver istigato un conflitto a Gaza nel deliberato tentativo di disfare i progressi compiuti verso la normalizzazione delle relazioni con Israele. “Secondo le parole del funzionario [saudita] riferite da KAN – cita il sito della famiglia reale – l’Iran è una nazione che sostiene il terrorismo e il mondo avrebbe dovuto ridimensionarlo molto prima”.

L’attacco iraniano sopra le moschee sul Monte del Tempio a Gerusalemme (clicca per ingrandire)

L’attacco iraniano su Tel Aviv (clicca per ingrandire)

L’attacco iraniano sopra la Knesset, il parlamento d’Israele a Gerusalemme (clicca per ingrandire)

La stragrande maggioranza degli oltre 100 missili balistici che l’Iran ha lanciato contro Israele durante l’attacco di sabato notte sono stati abbattuti da Israele, mentre gli Stati Uniti hanno abbattuto fra 4 e 6 missili balistici dalle portaerei che avevano spostato nel Mediterraneo orientale. Gli aerei statunitensi hanno inoltre abbattuto più di 70 droni. Lo ha detto domenica sera un funzionario militare americano, spiegando che la maggior parte delle intercettazioni dei missili balistici sono state effettuate dai sistemi israeliani Arrow Due e Arrow Tre. Un alto funzionario dell’amministrazione, presente al briefing, ha descritto “momenti di tensione” quando gli Stati Uniti hanno appreso che l’Iran aveva lanciato contemporaneamente contro Israele oltre 100 missili balistici che sarebbero dovuti arrivare in pochi minuti. “Si trattava del livello massimo tra quelli che avevamo prospettato”, ha detto il funzionario, e c’era un certo grado di incertezza sul fatto che le difese aeree regionali potessero contrastare la minaccia. “C’è stato sollievo” nella situation room, dove il presidente Joe Biden con i suoi collaboratori seguiva gli sviluppi in tempo reale, quando è stato confermato che le difese avevano avuto successo. “È stata una dimostrazione estremamente fenomenale della capacità difensiva di Israele” ha detto l’alto funzionario americano, aggiungendo che l’Iran voleva colpire duramente Israele, ma ha fallito. “Ora possono voler dire che non è ciò che intendevano fare – ha spiegato – ma se lanci 100 missili balistici mirati su determinate posizioni, quello è chiaramente il tuo intento. Semplicemente non ci sono riusciti”.

La tv di stato iraniana ha trasmesso ripetutamente il video di un incendio in Cile sostenendo che si trattava dei missili che colpivano con successo obiettivi in Israele. Lo ha comunicato la Bbc secondo la quale la clip, trasmessa più volte durante la diretta della rappresaglia iraniana, mostra un’autostrada con un grande incendio e si può sentire una donna parlare in spagnolo. Il video, spiega la Bbc, non è né recente né correlato all’attacco dell’Iran contro Israele. La Bbc ha trovato la versione originale, pubblicata su TikTok a febbraio, e riguarda un incendio a Vina del Mar, in Cile. Diversi altri organi di stampa iraniani hanno pubblicato la clip con la falsa indicazione, così come altre immagini falsamente collegate con i bombardamenti su Israele.

A sinistra: la tv di stato iraniana sostiene che si tratta dell’immagine di un missile che colpisce Israele; a destra, l’immagine originale scattata in Cile a febbraio (clicca per ingrandire)

Il deputato di New York del partito Democratico Ritchie Torres (in visita nei giorni scorsi in Israele) ha commentato sui social le immagini dei missili iraniani intercettati sopra le moschee di Gerusalemme: “Gli odiatori anti-israeliani condanneranno l’Iran per aver messo in pericolo uno dei luoghi più sacri dell’Islam? – ha scritto – No. Israele ha protetto la moschea di Al-Aqsa dalla distruzione per mano dell’Iran. Gli odiatori anti-israeliani ringrazieranno Israele per aver protetto uno dei luoghi più sacri dell’Islam? No. L’indignazione selettiva è il loro modus operandi”. In un altro post, Ritchie Torres ha scritto: “Anche se l’Iran ha lanciato letteralmente centinaia di ordigni – droni, missili da crociera e missili balistici – contro aree civili in Israele cercando di fare una strage, molti media hanno liquidato l’attacco senza precedenti dell’Iran contro Israele come ‘limitato’. Questi critici non possono fare a meno di minimizzare i reali torti subiti da Israele e ingigantire i falsi torti attribuiti a Israele”.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato, domenica mattina, che Hamas ha respinto anche l’ultima proposta di cessate il fuoco mediata dagli Stati Uniti. “Siamo a più di una settimana dall’incontro del Cairo e Hamas ha respinto lo schema presentato dai mediatori – ha dichiarato l’ufficio di Netanyahu – Il rifiuto della proposta dei tre mediatori [Stati Uniti, Egitto e Qatar], che prevedeva la massima flessibilità da parte di Israele, dimostra che [il capo di Hamas a Gaza] Yahya Sinwar non vuole un accordo umanitario e il ritorno degli ostaggi, continua a sfruttare la tensione con l’Iran e conta su un’escalation generale nella regione”. Durante tutto il processo, Hamas non si è schiodata dalle sue condizioni, definite assurde da Gerusalemme: cessate il fuoco permanente, ritiro globale e completo delle forze israeliane, ritorno di tutti gli sfollati alle loro case senza restrizioni né controlli, ingresso di tutti gli aiuti con abolizione del “blocco” sulla striscia, cioè senza controlli anti-terrorismo ai valichi di frontiera, ricostruzione, scarcerazione di centinaia di terroristi palestinesi detenuti in Israele (compresi terroristi arrestati il 7 ottobre).

Dal prossimo ottobre l’Università di Haifa sarà guidata dalla professoressa Mona Maroun, ricercatrice di fama mondiale nel campo delle neuroscienze e del post-trauma. Maroun, cristiana maronita, diventerà così la prima donna araba d’Israele ad assumere l’incarico di rettrice. “L’Università di Haifa per me è casa – ha detto Maroun – Mi ha accolto tra le sue fila oltre 30 anni fa come studente, poi come membro della facoltà del dipartimento di neurobiologia e ora con la carica di rettore”. Per Gur Elroy, attuale rettore dell’Università di Haifa che da ottobre ne diventerà il presidente, la nomina di Maroun rappresenta “la scelta giusta per il nostro ateneo”. Non è una questione di uomo o donna, di ebreo o arabo, ma di merito, ha spiegato Elroy. Oltre alla sua attività accademica, Maroun è impegnata a promuovere l’istruzione superiore nella società araba. In particolare si adopera per incoraggiare le giovani donne arabe a seguire percorsi di studi scientifici. “La mia famiglia non era per nulla benestante – ha spiegato – Fin da piccola che avrei dovuto studiare molto duramente. Sono araba, cristiana, maronita e donna: non so cosa si provi a far parte di una maggioranza. Ma ero determinata a fare la differenza, così come altri membri della mia famiglia della mia generazione. Nella mia famiglia ora ci sono tre professori, una ventina di avvocati e cinque medici”.

Mona Maroun, israeliana araba cristiana, nominata nuova rettrice dell’Università di Haifa (clicca per ingrandire)