Sharansky: Coloro che sostengono Israele ma odiano gli ebrei non possono essere nostri amici

“Tra interessi e valori dobbiamo optare per i valori, perché i nostri veri interessi stanno dove stanno i nostri valori"

Natan Sharansky

Così come coloro che affermano di amare gli ebrei, ma odiano Israele, non possono essere considerati amici del popolo ebraico, allo stesso modo coloro che dicono di amare Israele ma sono ostili alla comunità ebraica dei loro paesi non sono veri amici, ma nemici. Lo ha detto il presidente dell’Agenzia Ebraica Natan Sharansky, noto in tutto il mondo per la battaglia da dissidente sionista che combatté nei gulag sovietici negli anni ’70 e ’80, intervenendo martedì scorso ad una commissione del sesto Forum Globale per la lotta all’antisemitismo, promosso dal Ministero degli esteri israeliano, focalizzata sulla crescita dei partiti e movimenti di estrema destra in Europa, e dei dilemmi che questo fenomeno pone al governo israeliano. Attualmente, ad esempio, il governo israeliano sta dibattendo se modificare la sua politica e iniziare a dialogare con il Partito della Libertà di estrema destra del vice cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache.

“Quando si tratta di scegliere tra interessi della realpolitik e valori – ha detto Sharansky – dobbiamo scegliere i valori: i nostri veri interessi stanno dove stanno i nostri valori”. Sharansky ha ricordato che praticamente ogni giorno, nei campus universitari degli Stati Uniti, ci si deve scontrare con coloro che ostentano amore per i diritti umani e i valori liberali, ma odiano Israele in modo viscerale. Alla stessa stregua, ha detto Sharansky, Israele deve combattere quei nazionalisti in Europa che superano ogni limite nella loro opposizione a valori e diritti umani, eppure affermano di sostenere Israele.

Vignetta pubblicata su Facebook nel 2012 dal politico austriaco di estrema destra Heinz-Christian Strache, del Partito della Libertà. Vi si vede un banchiere, rappresentato con i tratti tipici dello stereotipo antisemita (e Stella di David sui bottoni della giacca), che affama il popolo con la servizievole complicità del governo (clicca per ingrandire)

“Sembra semplice, ma quando si tratta di realpolitik tutto diventa molto più complicato”, ha aggiunto Sharansky. E ha ulteriormente spiegato: così come vi sono ebrei di sinistra che si sentono nel giusto a operare con persone e organizzazioni inquinate dall’antisemitismo, ad esempio Black Lives Matter e l’attivista statunitense Linda Sarsour, allo stesso modo vi sono quelli che vorrebbero fare causa comune in Europa con l’estrema destra e partiti razzisti perché in quest’epoca professano sostegno a Israele. Ma entrambe queste tendenze devono essere respinte. “Ci sono forze che al momento sembrano molto importanti per noi israeliani, ma sono ostili alle rispettive comunità ebraiche locali e dunque non possono essere nostri amici” ha specificato Sharansky, sottolineando quanto sia importante che il governo israeliano operi di concerto con le comunità ebraiche della diaspora su come rapportarsi con queste formazioni. “E’ importante che Israele e le comunità ebraiche locali parlino in modo concorde – ha detto – Questo è il nostro dovere come stato ebraico”.

Shlomo Avineri, professore emerito di scienze politiche dell’Università di Gerusalemme, sottolinea che il sostegno a Israele professato da molti di questi partiti di estrema destra non è dovuto ad un’autentica simpatia per la causa di Israele, quanto piuttosto alla convinzione che Israele possa tornare loro utile nella lotta contro l’islam, che attualmente considerano il loro nemico principale (senza capire che Israele non è mai stato un paese anti-islam, pur essendo tenacemente impegnato contro islamismo e jihadismo). Citando l’importante sostegno politico che Israele ricevette dall’Unione Sovietica di Stalin nel 1947 e nel 1948, Avineri concede che “bisogna prendere il sostegno dove lo si può trovare”. Ma, aggiunge, “nessuno ha mai detto che Stalin fosse un grande amico del popolo ebraico, perché sapevamo che non era così. Bisogna essere ben consapevoli di queste distinzioni”.

(Da: Jerusalem Post, 20.3.18)